Insegnanti precari e malattia: quando il cancro bussa a scuola. La storia commovente della prof che ha sconfitto il male ed è passata di ruolo

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Un brutto giorno arriva il cancro e sei pure precario. Insegni da anni con un contratto di lavoro che inizia il 1 settembre e che ti scarica in estate. Ma ora devi da fare i conti con la malattia: “la” malattia. Il brutto male, quello che fino a ieri t’illudevi non potesse mai entrare nella tua vita, proprio perché brutto.

Un brutto giorno arriva il cancro e sei pure precario. Insegni da anni con un contratto di lavoro che inizia il 1 settembre e che ti scarica in estate. Ma ora devi da fare i conti con la malattia: “la” malattia. Il brutto male, quello che fino a ieri t’illudevi non potesse mai entrare nella tua vita, proprio perché brutto.

Pochi mesi di vita, così dicono spesso i medici. Ti guardi allo specchio, piangi, urli. Pensi ai bambini, a tuo marito. A tua moglie. Pensi ai compiti che devi correggere. Sì, anche a quelli. E pure ai ragazzi che devi portare agli esami. Disperazione. Rabbia. Sale operatorie, medicine, assenze da scuola. Già, ma per quanto potrai assentarti? E sarai pagato? Pagato per intero, se sei di ruolo. Pagato solo un po’, cioè per poche settimane, se sei precario, e neanche per intero, salvi i benefici per chi ha una malattia considerata invalidante. Odiose discriminazioni.

E’ il contratto collettivo, bellezza, lo scopri solo ora? Ma non hai più la forza di recriminare, non è il momento. Ci sono i compiti da finire, i figli da accudire, il marito, la moglie. I giudici di Lussemburgo non sanno ancora niente del diritto del lavoro scolastico italiano, qualcuno un giorno li deluciderà. Ma ora c’è da fare i conti con il cancro.

Secondo i dati dell’Associazione italiana registri tumori, censiti per il 2013, si stima che nel nostro Paese vi siano nel corso dell'anno 366.000 nuove diagnosi di tumore, esclusi i tumori della pelle, per i quali è prevista una classificazione a parte a causa della difficoltà di distinguere appieno le forme più o meno aggressive, circa 200.000 fra gli uomini e circa 166.000 fra le donne.

Negli ultimi anni sarebbero complessivamente migliorate le percentuali di guarigione: il 63 per cento delle donne e il 55 per cento degli uomini guarisce, che significa vivo a cinque anni dalla diagnosi, sempre stando ai dati ufficiali. Dati buoni ma non certo eclatanti se si pensa ai proclami degli ultimi decenni (dal National Cancer Act firmato dal presidente americano Richard Nixon il 23 dicembre 1971, alle previsioni ottimistiche dell’oncologia italiana) secondo cui il cancro sarebbe stato debellato entro la fine del secolo… scorso.

Mille nuovi casi al giorno, dunque. E allora non sembri strano se in una popolazione di un milione di docenti di cui 840.000 di ruolo, il cancro arrivi con un’incidenza molto alta. Ma cosa succede quando la serenità di un docente o di una docente viene investita e sconvolta dalla notizia di una grave malattia: un ictus, un infarto, un tumore?

E quando questo succede durante il precariato, quando la stabilità sarebbe dovuta da anni se non da decenni, e invece è tradita anno dopo anno, come si vive l’evento dal punto di vista psicologico oltre che da quello economico? Viene qui in mente a chi scrive il caro professor Luigi Albanese, insegnante di Economia aziendale nelle scuole modenesi, assalito dal cancro a 50 anni, marito di una collega precaria e padre di due bambini, deceduto poche settimane prima dell’agognato e mancato ruolo, dopo 25 anni di precariato annuale.

Non sono domande facili, né è facile affrontare un tema tanto delicato con le persone coinvolte. Per questo ringraziamo la professoressa Myriam Infede, professoressa quarantenne di Lettere presso l’Istituto comprensivo “Zannotti” di San Severo, in provincia di Foggia. Ammalatasi di cancro alla mammella nel 2009, ha appreso proprio tre giorni orsono di essere libera da malattia dopo una recidiva che le aveva procurato ben 16 metastasi nonostante le cure fatte in precedenza. E poiché spesso le disgrazie non capitano mai da sole, anche la sua mamma è stata colpita dalla stessa malattia, ritornata dopo anni proprio nello stesso periodo.

Ma partiamo dalla fine e soprattutto dalla parte più bella della storia. Perché la professoressa Myriam Infede oggi è felice. Doppiamente felice, anzi di più. Ha appena letto le risultanze dell’ultima Pet eseguita all’ospedale “Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo. Le metastasi sono sparite. Tutte. Erano sedici e non ci sono più. Dopo sette anni dall’esordio della malattia, la professoressa sorride fino alla commozione.

Nel frattempo è passata di ruolo e grazie alla conquistata serenità sul lavoro ha potuto affrontare meglio le cure e le spese necessarie per salvare la propria vita. Assistita dal marito avvocato, Gianluca Ottaviano, del Foro di Foggia, la donna, madre di tre bambini, alla fine di dicembre 2014 ha pure ottenuto dal Tribunale una sentenza che ha condannato l’Asl a erogare gratis a lei e alla sua mamma, anche lei beneficata dalla nuova cura, i farmaci della Mdb, la Multiterapia Di Bella, che lo Stato si ostina a non voler più prendere in considerazione dopo averla bocciata nel 1998 a seguito di una sperimentazione peraltro contestata.

Una cura che, stando anche a quanto si legge nella consulenza tecnica giurata del medico legale, allegata alla sentenza, le ha ridato la vita e che pure fa risparmiare molto all’erario visto che costerebbe molto di meno rispetto alla chemioterapia che la donna ha condotto per quattro mesi, tra tante sofferenze ma inutilmente, essendosi ripresentate le metastasi. Lei e la sua mamma rientrano evidentemente nell’altra metà dei malati che secondo le statistiche citate sopra non riesce purtroppo a sconfiggere il cancro con le armi convenzionali. Il marito ha pure promosso per lei un ricorso perché le sia riconosciuta integralmente la carriera preruolo. Dovrebbe essere tutto più facile dopo le recenti sentenze di Lussemburgo e di Napoli. Ma è dell’altra sentenza che Myriam va felice. La sua sentenza di vita.

E’ così, professoressa?

“E’ così. Il Tribunale di Foggia ha ordinato all’Asl di erogare gratuitamente i farmaci della cura che stiamo praticando e che ha salvato la vita a me e a mia mamma”

Non si tratta di una cura convenzionale e tocca pagarla

“Si tratta della Cura Di Bella. Le cure tradizionali non sono servite né a me né a mia madre, eravano andate entrambe in recidiva. Oggi sono al settimo cielo dopo la lettura dell’esito dell’ultimo controllo e non potrei essere più felice dopo la sentenza del Tribunale”.

Lei era felice anche prima della malattia. Due figli di sei e dieci anni, una bella famiglia, la sua mamma apparentemente guarita dal cancro al seno, un terzo figlio in arrivo…

“Era il 2009 ed ero precaria da sei anni. Stavo insegnando alla scuola media Zannotti di San Severo. Avevo appena scoperto di essere in dolce attesa e ad aprile, per alcune minacce di aborto, sono stata messa in astensione dal servizio per gravidanza a rischio. Purtroppo a novembre, durante la gravidanza, ho scoperto di avere un tumore alla mammella. Per questo sono stata costretta ad anticipare il parto e a soli dieci giorni di distanza sono stata operata allo Ieo, l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, diretto dal professor Umberto Veronesi. Sono stata poi sottoposta a cicli di chemioterapia”.

Per poter praticare la chemio si è dovuta assentare molto dal lavoro?

“Durante questo periodo mi sono assentata molto da scuola perché non stavo bene affatto. La chemio mi aveva stremata per il vomito, per la nausea, per la caduta dei capelli. Mi sono assentata per tutto l’anno scolastico 2009-2010”.

Anche da precaria, però, l’astensione per la nascita del bambino l’ha aiutata dal punto di vista della copertura stipendiale.

“Con la nascita del bambino ho potuto godere dei primi mesi di astensione obbligatoria, poi di quella facoltativa, retribuita per intero solo per un mese, poi sono stata in malattia ma solo due mesi per la chemio. Quell’anno avevo l’incarico al 31 agosto. Sono tornata al lavoro dopo la pausa estiva con un altro incarico annuale presso il corso serale dell’Itc di San Severo dove sono stata due anni”.

Sembrava guarita.

“Già. Dopo la chemioterapia, durante l’anno scolastico 2011-2012, precisamente ad aprile, ho avuto purtroppo una recidiva. A quel punto non ho più voluto tornare alla terapia tradizionale e mi sono affidata al metodo anticancro ideato dal defunto professor Luigi Di Bella (Mdb), grazie al quale oggi sono viva e guarita. Aggiungo che a differenza di quanto era accaduto con la chemio, da quando ho iniziato la cura Di Bella a giugno 2012 ho continuato sempre ad andare a scuola senza mai più assentarmi se non per gli esami di controllo. Dunque c’è stato pure un risparmio per lo Stato, sancito anche nella sentenza nella quale il giudice ha rilevato come i farmaci del Mdb costano anche meno della chemio. Ma non è solo questo, naturalmente, penso alla miglior qualità della vita: quando facevo la chemio non potevo andare a scuola, al mare, ora invece quando vado al mare prendo il sole, faccio il bagno e tutte le cose normali che fa una persona normale”.

C’è anche l’amarezza dell’ultima ora, ma la lasciamo alla fine. Torniamo alla scuola.

“La scuola è stata la mia ancora di salvezza. Lo fu soprattutto in occasione della recidiva, dopo la chemio, e i medici mi dissero che mi rimaneva poco da vivere. Mi dissero proprio questo. In quel momento per me lavorare fu importantissimo perché amo il mio lavoro e amo stare con alunni e colleghi. Grazie a tutto questo riuscii non pensare alla malattia. Il contatto e l’affetto dei miei studenti fu davvero importante”.

Nel frattempo è passata di ruolo. La stabilità, conquistata in un momento tanto difficile e aggravato dall’improvviso ritorno della malattia di sua mamma, ha migliorato un po’ le cose?

“Certo. La chemio era gratis, ma le medicine della cura Di Bella mi costavano 1900 euro al mese, lo stipendio non bastava più. Avendo tre figli e un mutuo da pagare, non sarei mai riuscita a garantire il diritto alla vita a me stessa se non ci fosse stato il ruolo. E’ una cura che dovrò fare a vita. Sarà a scalare ma la dovrò fare per tutta la vita. Senza il ruolo avrei dovuto sottopormi di nuovo alla chemio e ben sapendo che i medici non mi davano speranze. E per fortuna il Tribunale di Foggia, su ricorso depositato da mio marito che è avvocato, ha condannato l’Asl a erogarmi gratuitamente i farmaci, come previsto dalla legge. L’Asl compra le medicine, peraltro a metà prezzo e poi me le consegna”.

Dov’è andata a insegnare una volta immessa in ruolo?

“Ho svolto l’anno di prova a Torremaggiore. Ho frequentato assiduamente senza mai assentarmi, pur facendo questa cura che mi ha fatto stare sempre meglio, Non ho più avuto neppure un raffreddore. Subito dopo l’esame dell’anno di prova, durante i festeggiamenti, ho raccontato la mia vicenda ai colleghi e il dirigente mi ha confessato di non essersi mai accorto che fossi malata”.

La sua malattia le ha consentito almeno di scegliere la sede preferita?

“Certo. Ho potuto usufruire della Legge 104. L’art 21 mi consente di avere innanzitutto la precedenza nella scelta del posto. Inoltre, all’interno della scuola, la posizione alta in graduatoria mi dà la possibililtà di non essere soprannumeraria in caso di contrazione di organico e di non rischiare di avere sedi disagiate”.

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Da quello che racconta emerge come lei abbia avuto tutti i sostegni previsti dallo Stato a favore dei docenti che si ammalano, non fosse per il periodo precario. Ma quello che con una mano lo Stato dà, spesso se lo prende con l’altra. Che cos’è successo nelle ultime ore?

“E’ successo che l’Asl di Foggia ha fatto appello contro la sentenza del Tribunale. E in più ha chiesto che l’erogazione gratuita dei farmaci a me e a mia madre venga sospesa immediatamente”.

L’ha presa male.

“L’ho presa malissimo. Non appena mio marito me lo ha comunicato ho pianto tantissimo. Abbiamo rinunciato, noi e i nostri figli, alle vacanze estive e a tante altre cose, e non credo sia una cosa giusta”.

Ci sono esigenze di risparmio pubblico.

“Mio marito nel suo ricorso aveva sottolineato che con il Mdb c’è addirittura un contenimento della spesa pubblica, ciò che è stato confermato dal giudice e dal consulente tecnico d’ufficio, un medico legale. Ripeto, la chemio, che non mi ha guarita, costa alla collettività molto di più della cura Di Bella. Peraltro io non mi sono mai assentata da scuola da quando faccio la nuova cura mentre a causa delle assenze dovute alla chemioterapia lo Stato ha speso tanto per le supplenze”.

E invece?

“Invece hanno fatto ricorso in appello e non sappiamo come si concluderà la vicenda. Mi fanno la guerra per farmi fare una cura più costosa, e dimostratasi inutile almeno nel mio caso e nel caso di mia mamma, per farmi stare assente da scuola un’altra volta, mentre da quando faccio la cura Di Bella non ho più avuto l’influenza. Mi sembra assurdo”.

Sua mamma quando si ammalò?

“Nel 2006. Poi, dopo la mia recidiva, ebbe anche lei la recidiva. Sconforto nello sconforto. Ma oggi stiamo tutte e due bene e il mio pensiero corre verso il defunto professor Di Bella e le sue intuizioni geniali. Ho il libro con la sua biografia sempre sul comodino”.

Ha avuto modo, in questi ultimi tempi, di documentarsi sulla Buona scuola?

“Sinceramente mi sono allontanata. Prima ero sempre sui siti scolastici ma poi mi sono allontanata perché sono presa da altre cose e dunque non so molto di quello che sta succedendo. Mio marito ha fatto causa per me e per altre due colleghe per un risarcimento da abuso di precariato e dopo le sentenze di Lussemburgo e di Napoli tutto dovrebbe essere più facile. Ho l’udienza a breve”.

Non si può mai stare sereni

“La serenità si è rotta quando è arrivata la malattia. La paura non mi abbandona purtroppo. Fare i controlli mi crea sempre allarme. Ma mi creda: conoscere risultati così positivi ed eclatanti mi infonde tanta serenità”.

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