Abuso contratti a termine Corte Costituzionale rinvia decisione, come devono comportarsi i precari. Intervista all’Avv. De Michele

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Abuso di contratti a termine. Dopo il rinvio seguito all’attesa udienza del 17 maggio scorso della Corte Costituzionale, molti si chiedono ora quali possano essere gli effetti della decisione di prendere tempo. Quali gli sviluppi? A quando la prossima udienza? E la decisione finale?

Abuso di contratti a termine. Dopo il rinvio seguito all’attesa udienza del 17 maggio scorso della Corte Costituzionale, molti si chiedono ora quali possano essere gli effetti della decisione di prendere tempo. Quali gli sviluppi? A quando la prossima udienza? E la decisione finale?

Come possono regolarsi intanto i legali che seguono i ricorrenti nei vari processi in corso presso i Tribunali di tutta Italia. Abbiamo voluto sentire di novo l’avvocato Vincenzo De Michele, del Foro di Foggia, intervenuto in udienza in rappresentanza di alcuni ricorrenti.

Gli abbiamo chiesto, anche, un chiarimento in ordine alle polemiche seguite alla decisione della Corte di non accettare la costituzione in giudizio dei legali di alcuni sindacati.

Avvocato Vincenzo De Michele, si aspettava che la Corte Costituzionale avrebbe deciso di prendere tempo?

“Dal punto di vista processuale, non vi è stato alcun rinvio. Il 17 maggio abbiamo discusso in udienza pubblica, dopo aver concordato e coordinato gli interventi in precedenza, con i colleghi Vittorio Angiolini per la Cgil e Tommaso de Grandis per la Gilda-Unams, l’avvocato Sergio Galleano ed io che assistevamo docenti precarie della Provincia di Trento – normalmente assistiamo l’Anief davanti alle magistrature superiori – in sostituzione del professor Carlo Cester e dell’avvocato Bruno Cossu. Erano previsti anche interventi nel merito anche di altri colleghi, Amos Andreoni e Isetta Barsanti Mauceri, per la Flc Cgil, sostanzialmente nella stessa composizione del collegio difensivo dei lavoratori all’udienza del 27 marzo 2014 a Lussemburgo davanti alla Terza Sezione della Corte di giustizia”.

Come mai la Consulta ha dichiarato inammissibili gli interventi di suoi colleghi in rappresentanza di alcuni sindacati?

“Purtroppo, la Corte costituzionale ha ritenuto preliminarmente inammissibili gli interventi dei sindacati che erano costituiti in Corte di giustizia e, in continuità, avrebbero dovuto partecipare anche al giudizio di rinvio davanti al Giudice delle leggi, per cui le questioni di merito per i lavoratori le abbiamo trattate soltanto l’avvocato Galleano ed io, ovviamente utilizzando il lavoro comune che avevamo concordato con gli altri difensori dei lavoratori esclusi dalla discussione, con cui ci eravamo preparati anche per il piano B nell’ipotesi di esclusione dei sindacati. La posizione della Corte costituzionale di inammissibilità degli interventi è apparsa troppo formale e troppo legata al dato procedurale interno, visto che i sindacati avevano potuto partecipare attivamente al giudizio in Corte di giustizia, da cui le attuali cause in Consulta provenivano”. Sono escluse conseguenze per i ricorrenti? “La posizione della Corte costituzionale di inammissibilità degli interventi non comporta alcun pregiudizio per i ricorrenti, perché le argomentazioni difensive sono state fatte nell’interesse di tutti e quindi ce ne siamo avvalsi in sede di discussione”.

Qual è la motivazione della sospensione del giudizio?

“Dopo la trattazione orale della causa, la Corte si è riservata di decidere. Può farlo nella camera di consiglio dopo l’udienza, il giorno stesso, oppure il giorno dopo nella camera di consiglio del 18 maggio, in cui hanno preso in decisione altra controversia analoga sui docenti precari dei Conservatori di musica, su ordinanza di rinvio del Tribunale di Trento. Ma può farlo anche in altra data, non essendo legata a particolari vincoli procedurali. Allo stato sembrerebbe, almeno da quanto riportato su Orizzonte scuola nella nota editoriale del 18 maggio, che la Consulta abbia rinviato la decisione in quanto ‘si tratta di decidere se le modalità messe in atto dal Governo (riforma la Buona Scuola con piano straordinario di assunzioni 2015/16 e concorso a cattedra 2016) siano sufficienti per arginare il fenomeno delle supplenze reiterate che, qualora superassero i 36 mesi, condurrebbero i docenti precari a richiedere la stabilizzazione. Fermo restando che sono già migliaia i ricorsi pendenti che potrebbero risolversi a favore di cospicui risarcimenti, anche per chi è già stato assunto a tempo indeterminato’. Agli avvocati delle parti costituite fino al deposito della sentenza, che in genere viene effettuato pochi giorni dopo la decisione, 15-30 giorni, non viene comunicato nulla”.

Ma quali potrebbero essere, nei fatti, i motivi del rinvio della decisione contestuale all’udienza pubblica, rinvio che appare certo seppure non formalizzato dalla Corte?

Il giudizio della Corte costituzionale appariva condizionato da tre fatti sopravvenuti: innanzitutto dalla sentenza Mascolo della Corte di giustizia, che rispondeva proprio a domande pregiudiziali sollevate dal Giudice delle leggi con l’ordinanza n. 207/2013, scritta dall’attuale Presidente della Repubblica. In secondo luogo, dalla legge n. 107/2015, che l’Avvocatura dello Stato nella sua memoria conclusiva ha tentato egregiamente di accreditare come la panacea di tutti i mali, per aver consentito la soluzione definitiva del problema del precariato scolastico con l’immissione in ruolo straordinaria di tutti quelli che avevano più di trentasei mesi di servizio. Infine, dalle sei sentenze del 14 e 15 maggio 2016 della Corte di Cassazione a Sezioni unite, che avevano riconosciuto a tutti i precari pubblici in caso di abusivo utilizzo dei contratti a tempo determinato, anche nel caso di superamento dei 36 mesi di servizio, soltanto l’ossicino per cani di un risarcimento dei danni da 2,5 a 12 mensilità dell’ultima retribuzione, applicando una norma abrogata e che peraltro prevedeva, nei confronti dei lavoratori privati, anche la sanzione della stabilità lavorativa. Tecnicamente, vi erano tutte le condizioni giuridiche e processuali perché la Corte costituzionale, come già avvenuto in passato quando erano sopravvenute al processo incidentale nuove norme o sentenze della Corte di giustizia che potevano incidere sulla soluzione delle controversie principali, rimandasse gli atti ai giudici di merito che avevano proposto le questioni di costituzionalità – Tribunali di Roma, di Lamezia Terme e di Trento – perché verificassero se continuavano ad esserci le stesse condizioni giuridiche e normative che li avevano indotti a rimettere originariamente gli atti alla Consulta. Una soluzione del genere era scontata e non avrebbe sorpreso nessuno, rientrando pienamente nel riparto di competenze tra il Giudice delle leggi e il Giudice del merito della causa, che è l’unico che la può risolvere applicando la legge. Che però non c’è, o meglio c’era ma non è più applicabile”.

Spieghi meglio questo punto

“E’ il punto problematico di questa complessa situazione istituzionale delle cause sul precariato scolastico in Corte costituzionale, e che ne costituisce l’originalità e la novità, invero straordinarie. Infatti, con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia la Corte costituzionale si è riconosciuta anche formalmente giurisdizione, cioè si è sostituita alla Cassazione che con la sentenza n. 10127/2012 aveva erroneamente negato ogni tutela ai docenti precari scolastici, affermando che la normativa sul reclutamento scolastico era compatibile con l’ordinamento comunitario. Il Governo Letta con il D. L. n.104/2013 per la scuola e i Conservatori di musica (e con il D. L. n. 101/2013 per il pubblico impiego non scolastico) aveva immediatamente tracciato un percorso pluriennale di stabilizzazione di tutti i precari pubblici che avessero maturato i 36 mesi di servizio, grazie al ripristino del meccanismo del doppio canale per gli esiti del concorsone del 2012. Da questo piano sono scaturite le immissioni in ruolo dei docenti e del personale ata per l’anno scolastico 2013/2014, dei soli docenti per gli anni scolastici 2014/2015 e 2015/2016, compresi i contingenti della c.d. “Buona scuola” con le fasi 0, A e B, salvo per la fase B l’insano divertimento informatico segreto di sopprimere le cattedre effettivamente disponibili per costringere alla mobilità territoriale decine di migliaia di docenti, per poi “salvarli” quasi tutti – tranne la ricorrente dell’ordinanza n. 249/2012 del Tribunale di Lamezia Terme, costretta a trasferirsi dalla Calabria a Varese per avere una stabilità lavorativa che già la sentenza Mascolo avrebbe dovuto garantirle nell’originaria sede di residenza – facendo ricomparire le cattedre sotto forma di supplenze su organico di fatto, dopo aver negato il diritto”.

Che cos’avete chiesto alla Consulta?

In sede di discussione l’avvocatura dei lavoratori, cioè tutti i difensori delle cause pregiudiziali definite dalla sentenza Mascolo, non solo chi ha avuto l’onore e l’onere di discutere il 17 maggio innanzi al Giudice delle leggi, ha sollecitato l’intervento risolutivo della Consulta, con la declaratoria di incostituzionalità delle tante norme che continuano ad impedire la tutela effettiva dei lavoratori precari in tutto il pubblico impiego, anche non scolastico, nella parte in cui non consentono l’applicazione della sanzione effettiva, riconosciuta al punto 55 della sentenza Mascolo e dalla sentenza n. 27363/2014 della Cassazione, della stabilità lavorativa al superamento dei 36 mesi di servizio anche non continuativi”.

Quali sono le norme che avete chiesto siano dichiarate incostituzionali dalla Consulta?

“L’art.36, commi 5, 5-ter e 5-quater, d.lgs. n.165/2001; l’art. 4, comma 14-bis, della legge n. 124/1999; l’art. 10, comma 4-bis, d.lgs. n. 368/2001; l’art.29, comma 3, d.lgs. n.81/2015. Abbiamo chiesto, dunque, alla Corte costituzionale di applicare integralmente i principi della Mascolo, come la Corte aveva già fatto con la sentenza Cartabia-Sciarra n. 260/2015 sui precari pubblici delle Fondazioni Enti lirici, in quel caso addirittura consentendo al Giudice del merito la conversione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro per il mero vizio genetico della mancanza di ragioni oggettive temporanee per ogni singolo contratto a tempo determinato”.

Ma sullo sfondo c’è la legge 107…

“Abbiamo sostenuto che la legge n. 107 non ha risolto nessuno dei problemi del precariato scolastico, anzi li ha aggravati creando situazioni di abnorme discriminazione, per aver immesso in ruolo con la fase C decine di migliaia docenti “casualmente” inseriti nelle graduatorie ad esaurimento senza neanche un giorno di servizio nella scuola pubblica, come nel caso di migliaia di insegnanti di discipline giuridiche ed economiche, improvvisamente liberati dalla schiavitù della libera professione per essere mandati al pascolo abusivo ma stabile di cattedre inesistenti di fatto ma esistenti per il potenziamento dell’inefficienza e della arroganza della macchina amministrativa, mentre decine di migliaia di supplenti – oltre 100.000 al 30 giugno 2016, secondo gli stessi dati ministeriali – , cioè insegnanti di sostegno, docenti ITP, abilitati Pas e Tfa, diplomati magistrali, iscritti nelle graduatorie di III fascia, ecc., come tutto il personale Ata, pur avendo maturato i 36 mesi, sono costretti ad insegnare in modo precario, assistendo allo spettacolo kafkiano di colleghi stabilizzati ma liberamente erranti alla ricerca di una supplenza per mancanza della cattedra sulla classe di concorso. Una follia. Al fallimento della riforma abbiamo aggiunto il fallimento della soluzione giurisprudenziale adottata dalle Sezioni unite della Cassazione, evidenziando che, se non interverrà la Corte costituzionale a riportare l’ordinamento interno a condizioni di tutela accettabile ed equivalente a quella dei precari nell’impiego privato, il contenzioso subirà un aumento esponenziale con decine di migliaia di cause in tutte le sedi giudiziarie, compresa la Corte europea dei diritti dell’uomo e nuovamente la Corte di giustizia, a causa della flagrante violazione delle regole del giusto processo e della normativa comunitaria da parte del Giudice di ultima istanza. Infine, abbiamo ricordato lo straordinario atto di stile e di dignità del Presidente della Repubblica che, con il decreto n. 29/C/2016 di cui ha dato informazione soltanto il giornale “Il fatto quotidiano”, ha recentemente disposto la stabilizzazione dei precari del Quirinale che hanno superato il 36 mesi di servizio, in applicazione della normativa interna” – immagino che si tratti dell’art.5, comma 4-bis, d.lgs. n. 368/2001, disapplicando le norme che ne impediscono l’applicazione) e dei principi europei (immagino si tratti del punto 55 della sentenza Mascolo –, nonostante l’Organo costituzionale non sia obbligato ad attuarli”.

Che segnale è questo?

“Si tratta di un chiaro segnale per tutti nella direzione della stabilizzazione di tutti i rapporti precari nel pubblico impiego, rivolto anche alla Corte costituzionale. Insomma, all’udienza del 17 maggio si è trattato di un concerto con pianoforte e musica classica, ma anche con trombe e percussioni, un po’ pop con punte di jazz duro, che tra qualche giorno sarà visibile integralmente sul sito istituzionale della Corte costituzionale. La Corte, evidentemente, ha ritenuto che occorresse una maggiore riflessione per decidere la questione, anche perché l’Avvocatura dello Stato nulla ha replicato sul fallimento della riforma della legge 107 per quanto riguarda le stabilizzazioni di alcuni ricorrenti, come i due docenti ITP nell’ordinanza n. 143/2012 del Tribunale di Roma, il collaboratore scolastico nell’ordinanza n. 144/2012 del Tribunale di Roma, tutti i docenti dei Conservatori di musica con superamento di concorso pubblico (idoneità) e oltre trentasei mesi di servizio nell’ordinanza n. 33/2014 del Tribunale di Trento”. Siamo in presenza delle stesse motivazioni che hanno spinto la Consulta al precedente rinvio? “Per quanto riguarda la legge n.107/2015, che era in corso di approvazione al momento del rinvio dell’udienza del 23 giugno 2015, sì”.

Qual è la documentazione o gli atti relativi alla Buona Scuola che la Consulta intende visionare?

“Non lo so, si può solo immaginare, perché non vi è alcuna ordinanza istruttoria come quella che fu disposta nella causa del contenzioso Poste decisa dalla sentenza n. 419/2000. Si può ipotizzare che la Corte voglia verificare le informazioni da noi fornite sul fallimento della riforma della legge 107, anche alla luce del consistente contenzioso pendente davanti ai TAR e al Consiglio di Stato e relativo all’impugnativa dei bandi concorsuali del febbraio 2016”.

Lei la definisce fallimento, come molti docenti. Gli ideatori e anche altri docenti la considerano una buona legge. Ma quanto tempo passerà prima la Corte affronti di nuovo questo problema?

“Impossibile prevederlo. Quando la Corte riceverà le informazioni dal suo eccellente servizio di assistenti – per lo più docenti e magistrati –, in qualsiasi momento lo ritenga utile potrà riunirsi nuovamente e decidere la causa, sperando – e noi lo speriamo – che il Governo nel frattempo sani le pesanti discriminazioni che ha cagionato”.

Che cosa c’è da attendersi a questo punto?

“Che potrebbero esserci nuove rimessioni alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia che tengano conto anche del quadro normativo della legge n. 107/2015 e del d.lgs. n. 81/2015, oltre ai primi ricorsi alla Cedu contro le sentenze delle Sezioni unite”.

E’ successo altre volte che la Consulta prendesse tempo in una questione rinviando le udienze?

“Ripeto, qui non si tratta tecnicamente di un rinvio di udienza, perché non vi sarà una nuova udienza, a meno che non venga fuori l’ordinanza istruttoria come nel caso del precedente poi deciso dalla sentenza n. 419/2000”.

Quali sono le conseguenze sui processi in corso? Come si dovrebbero comportare i legali a questo punto?

“Consiglierei tutti i colleghi che si occupano di questo tipo di contenzioso di chiedere rinvio in attesa della decisione della Corte costituzionale, che comunque immagino verrà adottata entro l’anno. A meno che il rapporto di lavoro non sia stato già stabilizzato e si controverta ormai solo sui danni, in relazione ai quali anche la sentenza delle Sezioni unite potrebbe servire a chiudere il contenzioso”.

Per il resto, non resta che attendere…

L’attesa del giudizio della Consulta è rispettosa delle regole processuali e dell’autorevolezza del Giudice delle leggi, che con l’ordinanza n. 207/2013 ha già sanato quello strappo istituzionale con la Corte di giustizia e con i cittadini italiani in servizio precario presso la pubblica amministrazione scolastica, che prima la sentenza Canzio (attuale primo Presidente della Corte di Cassazione) della Sezione lavoro della Corte di appello di Milano del maggio 2012 e poi la sentenza n.10127/2012 del giugno 2012 della Cassazione avevano provocato”.

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