Precari e sentenza europea: assunzioni, risarcimenti, nuovo reclutamento

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Intervista doppia a Max Bruschi, ispettore Miur, e Walter Miceli, Avv. del Foro di Palermo. Il cuore della sentenza europea del 26 novembre 2014, ipotesi risarcitorie a parte, è nella fine della prassi dell'attribuzione dei contratti a tempo determinato in assenza di ragioni sostitutive, in palese violazione del quadro normativo europeo.

Intervista doppia a Max Bruschi, ispettore Miur, e Walter Miceli, Avv. del Foro di Palermo. Il cuore della sentenza europea del 26 novembre 2014, ipotesi risarcitorie a parte, è nella fine della prassi dell'attribuzione dei contratti a tempo determinato in assenza di ragioni sostitutive, in palese violazione del quadro normativo europeo.

Con l’aiuto dell’Avvocato Walter Miceli siamo entrati nel cuore della sentenza europea sui precari, illuminando punti delicati come la nullità dei contratti sotto la lente della Corte e la possibile incostituzionalità della legge che nel 2011 tentava di mettere una toppa ai ricorsi.

È, tuttavia, molto cauto l’avvocato nel concederci questa intervista: non è il momento di fare previsioni sugli effetti (a suo dire ineludibili e di portata storica) della sentenza arrivata nei giorni scorsi da Lussemburgo, visto che i tribunali italiani aspettano le indicazioni che potranno venire dal pronunciamento, ormai prossimo, della Corte Costituzionale.

Posta questa importante premessa, il legale non nasconde però la sua soddisfazione: “Viene finalmente messo in discussione alla radice il ricorso ai contratti a tempo determinato in assenza di ragioni obiettive chiare e trasparenti. Il legislatore, a questo punto, dovrà necessariamente intervenire sul quadro normativo modificando le procedure di attribuzione dei contratti a termine”.

Ma qual è l’abuso che ha indotto i giudici transnazionali a essere così perentori e severi con una consuetudine ormai inveterata?

“I giudici della Corte Europea – prosegue Miceli – hanno evidenziato i limiti della legislazione italiana nella prevenzione e nella sanzione dell’abuso dei contratti a termine per la copertura di posti vacanti e disponibili.  Non è, quindi, l’istituto della ‘supplenza’ in sé a essere sotto accusa (poiché è legittimo e necessario sostituire un lavoratore ammalato), ma il fatto di aver mascherato veri e propri posti di lavoro con sostituzioni temporanee. La prova di questa volontà fraudolenta si ha nella reiterazione: il requisito del superamento dei 36 mesi è un termine temporale sufficiente a dimostrare l’esistenza di esigenze permanenti e durevoli nelle scuole statali derivanti dalla mancanza strutturale di personale di ruolo."

Sotto accusa, quindi, i contratti a tempo determinato al 30 giugno o al 31 agosto (i due termini secondo l’avvocato sono equivalenti ai fini di un eventuale ricorso) che hanno sopperito a carenze nell’organico di diritto. Ma che risvolti ha, a questo punto, la distinzione tra organico di fatto e organico di diritto? “La distinzione tra i due organici è ormai superata, come hanno dimostrato le recenti assunzioni sul sostegno e come ha mostrato anche la Buona Scuola, in cui si parla di un unico organico funzionale. 

Infatti, non si può seriamente sostenere che la previsione astratta di un organico necessario “sulla carta” possa rappresentare una ragione trasparente per la stipula di un contratto a termine invece di un contratto a tempo indeterminato”.

Ma come si prova in sede giudiziaria il fatto che siano stati effettivamente commessi degli abusi? 

“Ciò che è veramente essenziale per far riconoscere l’abuso dai Tribunali – suggerisce Miceli – è la dimostrazione che i contratti non sono stati stipulati per sostituire personale temporaneamente assente. Per far ciò basterà allegare i contratti con termine al 30 giugno o al 31 agosto dove, in effetti, non viene indicata alcuna ragione sostitutiva per l’assunzione a tempo determinato”.

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L’altro capitolo importante che si aprirà è, sempre secondo Miceli, quello relativo ai risarcimenti per l’iniquo trattamento economico che ha discriminato i lavoratori a tempo determinato nelle ricostruzioni di carriera, nella continuità didattica. “Insomma, è una vera rivoluzione copernicana e sbaglia chi ne ridimensiona la portata”.

L'intervista a Max Bruschi

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