Il ministro Giannini ha reso più difficile e costoso ai docenti difendere la propria salute

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Correva l’anno 2014 e il ministro Giannini guidava il dicastero del MIUR già da alcuni mesi.

Fino a quel momento ciascun insegnante poteva sottoporsi, o essere mandato d’ufficio, ad accertamento medico in Collegio Medico di Verifica (CMV) presso il capoluogo di regione. Fare ricorso avverso il giudizio adottato dalla suddetta CMV era possibile solo appellandosi alla Commissione Militare Ospedaliera (CMO) di II istanza, ma di queste ve ne erano solo quattro per tutta Italia (Milano, Roma, Napoli, Taranto) ed era già piuttosto disagevole raggiungere quelle poche sedi dalla propria residenza. Il ministro Giannini deve aver tuttavia pensato che quattro CMO erano davvero troppe per i docenti che godevano di una salute di ferro, pertanto era d’uopo ridurle a una soltanto, accentrando tutti i ricorsi alla sola CMO di Roma. Neanche a farlo apposta, il provvedimento fu adottato il 1° di Aprile: un crudele “pesce” per tutti gli insegnanti che non potevano certo definirsi “sani come pesci”. In altre parole, chi oggi dovesse appellarsi alla “sentenza” della CMV del proprio capoluogo di regione (talvolta – come detto – anch’esso difficile da raggiungere), deve prepararsi a una lunga trasferta romana. Non solo lunga, ma anche costosa perché comprensiva delle spese di viaggio e pernottamento esterno per l’interessato, un accompagnatore e il medico di parte. A rendere ulteriormente penosa la trasferta è poi la precaria condizione di salute del soggetto.

A questo punto, prima di toccare con mano gli effetti pratici dell’innovazione apportata dalla Giannini (sia chiaro al successore che innestare subito la retromarcia sarebbe più che opportuno) dovremmo porci un paio di domande:

  1. Il compito del ministro consiste nel rendere più agevole o più difficile la tutela della salute del docente?
  2. Perché nessun sindacato è intervenuto per contrastare il provvedimento di accentramento dei ricorsi alla sola CMO di Roma a fronte della evidente penalizzazione dei lavoratori?

Il ricorso a ostacoli alla CMO di Roma da parte di un lavoratore ammalato

Simona (nome di fantasia) è un’insegnante di 46 anni ed è affetta da una malattia neurologica degenerativa esordita 17 anni prima. E’ costretta sulla seggiola a rotelle e non riesce a deambulare, ma le funzioni cognitive sono conservate e integre. Insegna alle elementari e ama il suo lavoro al punto che i genitori dei suoi alunni scrivono una lettera di ringraziamento al preside per aver assegnato ai loro figli una maestra così in gamba. Simona supera brillantemente un primo accertamento medico nel 2010, essendo ritenuta dalla CMV idonea all’insegnamento. Col tempo fruisce della L. 104 e, negli ultimi tre anni resta a casa in malattia per 12/14 giorni all’anno. Il dirigente scolastico decide di richiedere una nuova visita in CMV scrivendo nel suo rapporto che la maestra “continua ad assentarsi dal lavoro perché affetta da malattia degenerativa”. Inutile dire che, nella circostanza, il capo d’istituto commette due errori: nella relazione formula una diagnosi e poi non quantifica il numero di assenze per malattia (che sono peraltro inferiori ai 14 giorni/anno stando al rendiconto triennale trasmesso per legge). La CMV prende atto che non vi sono grossi cambiamenti rispetto al precedente accertamento del 2010, ma ritiene opportuno formulare il giudizio di “inidoneità temporanea all’insegnamento con idoneità ad altre mansioni”, pur essendo sempre conservate e integre le funzioni cognitive della donna. Simona non prende bene il giudizio e si deprime perché non potrà più insegnare ai suoi alunni, inoltre dovrà timbrare le 36 ore di cartellino, non potendo più fruire dell’orario elastico come quando insegnava. La gestione della malattia diviene a tutti gli effetti ancora più difficile. Cosa fare? Come comportarsi? Simona si decide a chiamarmi per un consulto.

Su consiglio del sottoscritto, che ben conosce la patologia della maestra, Simona farà ricorso alla CMO di II istanza a Roma nonostante abiti in un paese del profondo Sud. Purtroppo il tutto costerà molti soldi e tanta fatica perché oggi, più di ieri, risulta difficile tutelare la salute dei docenti. Di ciò dobbiamo dire grazie al ministro Giannini e al connivente silenzio delle Parti Sociali.

Ci aggiorniamo dopo la nostra marcia su Roma.

PS

Vale la pena ricordare che anche per i governi precedenti l’istituto dell’accertamento medico in CMV si era prestato per attuare oscene nefandezze. Basti ricordare:

  • L’integrazione della CMV con un rappresentante del MIUR scelto in seno all’USR (art. 15 comma 5 della Legge 128/2013) come se fosse possibile, o avesse un senso, integrare un collegio medico con chi medico non è. Come se, inoltre, il datore di lavoro (MIUR) avesse libero accesso ai dati (ipersensibili) sulla salute del lavoratore.
  • La possibilità di sottoporre ad accertamento medico (DPR 171/11) solo i docenti che hanno superato il periodo di prova e non coloro che sono precari (supplenze) o appunto in prova. Una disposizione discriminatoria e deprecabile che, oltre ai docenti, penalizza anche i dirigenti scolastici impossibilitati a richiedere l’accertamento medico d’ufficio quando il problema è tipicamente sanitario.

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