Entro settembre arriveranno i 500 euro per i docenti di ruolo? Discriminati ata e precari

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Il comma 121 della Legge 13 luglio 2015 n° 107, nota come “buona scuola” per il Governo, cattiva scuola per la quasi totalità della comunità scolastica, introduce “al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado”.

Il comma 121 della Legge 13 luglio 2015 n° 107, nota come “buona scuola” per il Governo, cattiva scuola per la quasi totalità della comunità scolastica, introduce “al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado”.

Detta Carta, dell’importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta, si precisa nel testo della Legge, non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile. 

Entro metà settembre con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità di assegnazione e utilizzo della Carta nonchè l’importo da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili che ammontano ad euro 381,137 milioni annui a decorrere dall'anno 2015 ed interesseranno 762.274 insegnanti di ruolo ivi inclusi anche circa 12 mila docenti di religione. Ad inizio di ogni anno scolastico verrà assegnata la carta ai beneficiari ovvero verrà ricaricato l'importo previsto che avrà validità sino alla conclusione dello stesso anno scolastico. Il servizio verrà affidato in concessione ad un gestore mediante stipula di apposito contratto di sponsorizzazione gratuita a seguito di una procedura di gara.  Ora, come è evidente, i famigerati 500 euro, escludono i docenti precari e gli ATA. 

Per quanto concerne i docenti precari, penso soprattutto a quelli che svolgeranno supplenze su posti vacanti/ disponibili, tale discriminazione è a dir poco grave. In primo luogo perché il CCNL scuola prevede anche per questa tipologia di docenti il diritto alla formazione ed in secondo luogo perché vi sono principi di diritto che devono essere fatti valere. La Corte di Giustizia Europea diverse volte ha fatto notare che non vi può essere discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, e questo in base al principio fissato nell’ordinamento comunitario dall’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato del 18.03.1999 trasfuso nella Direttiva 1999/70/CE del 28.06.1999. Quali sono le ragioni oggettive che giustificano una simile disparità di trattamento? Certo, vi è stata giurisprudenza che ha affermato che “l’attribuzione ai soli dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato di una gratifica particolare e di un premio di produttività non viola l’art. 5, legge n. 230 del 1962, avendo finalità di fidelizzazione ed essendo perciò incompatibili con rapporti di lavoro a termine. (Cass. 3/3/2014 n. 4911)”.

Ma qui la situazione è diversa. Per esempio, il Tribunale di Ancona, con la sentenza n.r.g. 2490/20 del 16 ottobre 2013 ha affermato che “non può essere accettata alcuna interpretazione, ed anzi si dovrebbe ritenere abrogata ogni previgente norma che contempli differenze di trattamento economico tra personale stabile e precario, nella vigenza dell’art. 6 del Dlgs 368/2001, norma che nell’imporre un criterio di “non discriminazione” non pare tollerare la permanenza di eccezioni, stante anche la sua derivazione comunitaria (v. punto 1 della “clausola 4” dell’Accordo Quadro attuato con la Direttiva 70/1990 da ritenersi direttamente applicabile,) ed il suo contenuto di diretta espressione di principi costituzionali”.

Specificando che “in ogni caso, non può essere interpretato nel senso indicato dalla parte convenuta (così come si deve ritenere abrogata ogni previgente norma che contempli differenze di trattamento [economico] tra personale stabile e precario), nella vigenza dell'art.6 D.L.vo 368/01, norma (invocata dal ricorrente) che nell'imporre un criterio di "non discriminazione" non pare poter tollerare la permanenza di eccezioni, stante anche la sua esplicita derivazione comunitaria (v. punto 1 della "clausola 4" dell'Accordo Quadro attuato con la Direttiva 1999/70, da ritenersi direttamente applicabile ») ed il suoi contenuto di diretta espressione di principi costituzionali (art.3, 36 e 97 Costituzione).

L'interesse della Amministrazione alla formazione dei propri dipendenti (ratio della disciplina in esame, evidenziata da parte convenuta) non pare venir meno nei confronti del personale precario della scuola, il quale è destinatario di una una particolare disciplina (reclutamento per successivi incarichi, ed immissione a ruolo, in base a graduatorie permanenti: v. art.4 L.124/99, e art. 399 D. L.vo 297/94) che – per quanto di rilievo – lo equipara sostanzialmente al personale stabile, nel senso che nel caso di (plausibilmente sicura) necessità per gli anni successivi, la Scuola non potrà esimersi dall'offrire un posto al ricorrente (evidentemente ben posizionato in graduatoria), trovandosi così certamente arricchita dalla sua maggiore preparazione, così come da quella di un collega di ruolo (il quale a sua volta, per altro verso, potrebbe sempre dare le dimissioni: circostanza de resto in qualche modo prevista dal citato art.2, con disposizione adattabile anche al personale "precario" nel [solo] caso in cui, nel biennio, eventualmente rifiuti successivi incarichi); – si evidenzia che la accennata prospettiva, secondo cui il personale precario della Scuola deve essere considerato come tendenzialmente destinato ad entrare nei ruoli, trova riscontro nel pacifico riconoscimento al ricorrente del periodo di dottorato ai (soli) fini "giuridici", nel senso specificato nella comparsa di costituzione di parte convenuta; – si deve quindi senz'altro escludere che si riscontri alcuna "obiettiva incompatibilità" tra il diritto a conservare la retribuzione durante il dottorato e la durata (formalmente) temporanea del rapporto di impiego”. 

Ovviamente, visto come funziona il nostro sistema di tutele giuridiche, il citato articolo 6 è stato è stato abrogato D.LGS. 15 GIUGNO 2015, N. 81, ma il principio di diritto rimane invariato ed in via analogica, seppur trattasi di fattispecie diversa, estendibile al caso di cui ora trattasi. Per gli ATA, è una chiara scelta politica, ma anche gli ATA hanno diritto alla formazione e viste le novità tecnologiche, i nuovi programmi, i nuovi sistemi con i quali dovranno fare i conti, sarebbe stata una scelta giusta e legittima estendere e riconoscere anche a questa tipologia di personale, fondamentale per la scuola pubblica, i 500 euro od altra cifra reputata congrua per le finalità di cui alla Legge del 13 luglio 2015.
Sarà anche questa voce oggetto di contenzioso?
Probabile.

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