Concorso a cattedra, Bagni (CIDI): “bocciati” terranno in piedi sistema, Ministero non ha organizzato selezione seria e credibile

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Nei giorni scorsi Giuseppe Bagni, presidente nazionale del Centro Democratico degli Insegnanti, ha licenziato una nota molto dura sul concorso 2016, per le modalità con cui è stato svolto e la percentuale imbarazzante di bocciati. Bocciati che continueranno a insegnare per tenere in piedi il sistema nazionale di istruzione.

Presidente, toni così veementi non sono frequenti nel tuo fraseggio.

“Ho voluto dare una voce alla pressione ricevuta in questi mesi da parte dei colleghi. Al di là delle considerazioni specifiche sul concorso, il dato di fatto reale è che si stanno ricreando le condizioni per una rinascita del precariato nella scuola, proprio nel momento in cui la situazione era ottimale per farlo sparire. Risulta del tutto evidente che la compagine burocratica e ministeriale che si occupa di istruzione e formazione non è stata in grado di organizzare una selezione seria e credibile. Ad oggi si parla di 21mila cattedre che rimarranno scoperte ed è folle pensare che i 21mila docenti chiamati a ricoprirle saranno gli stessi che sono stati giudicati non all’altezza di un posto di ruolo. Lo stato, dunque, si serve del contributo di professionisti che hanno i titoli, che a norma di legge possono entrare in aula, spiegare, interrogare, esaminare, eppure al momento di riconoscere il loro diritto alla stabilità questa relazione si spezza”.

Una qualche selezione andava fatta, non essendoci posti per tutti.

“La selezione mi sta benissimo, ma prima si sarebbe dovuto discutere in maniera molto approfondita sugli strumenti, sui modi, sui tempi, mentre l’intento perseguito è stato quello di fare una selezione al negativo che ha penalizzato tutti, docenti, studenti e famiglie”.

Il Ministro Giannini ha parlato di una percentuale di bocciati fisiologica, come succede in tutti i concorsi pubblici; in più la stampa generalista non è stata tenera, ironizzando sulla presunta ignoranza dei docenti.

“Forse il Ministro dimentica che questo non era un concorso per neolaureati in procinto di iscriversi alla specializzazione, ma rivolto a personale già selezionato ed esperito sul campo, che tra l’altro anche la Corte di Giustizia europea ha riconosciuto nel pieno diritto a un posto. Fa molta rabbia mandare in pasto all’opinione pubblica un concorso che boccia al 50 per cento, alimentando l’idea che chi finora ha retto il sistema di istruzione in realtà sia un incapace, una persona che non merita la stabilizzazione. In questo modo si scredita e si offende l’intero nostro sistema di istruzione, dalla scuola all’università. Se a tutto questo sommiamo poi anche la chiamata diretta, viene fuori un quadro catastrofico: in diverse scuole i dirigenti stanno rimandando a casa gli alunni perché mancano gli insegnanti”.

Eppure questo governo ha puntato sulla scuola e ha investito risorse dopo tanti anni di tagli, anche il potenziamento degli organici rientra in questa narrazione…

“Eravamo tutti ottimisti, ma oltre alla volontà di investire in cultura, bisogna avere l’umiltà di capire che certi processi devono essere lenti, devono trovare il sostegno e l’attuazione da parte di chi la scuola la vive giorno per giorno. L’insegnante è un professionista riflessivo e sa che la scuola non può progettare in base ai docenti che ha ricevuto nell’organico potenziato, mentre deve avvenire l’esatto contrario, la scuola progetta e fa richiesta delle risorse adeguate al suo fabbisogno. Come Cidi non abbiamo mai preso posizioni dure, ci piace lavorare in positivo, ma non possiamo ignorare l’umiliazione e lo sconforto che hanno caratterizzato gli ultimi mesi di migliaia di colleghi. Una bocciatura così massiccia non trova logica”.

Tuttavia a bocciare non è stato il Ministro, ma gli insegnanti che formavano le commissioni. Non credi che avrebbero potuto e dovuto comportarsi in modo diverso, aggiustare un po’ il tiro, come in effetti in qualche regione è stato fatto?

“È vero, purtroppo la categoria dei docenti è tutt’altro che coesa, ma frammentata e divisa, e le scuole non sono generalmente luoghi di condivisione dei valori. I colleghi delle commissioni probabilmente non hanno riflettuto sul fatto che le selezioni odierne non sono come quelle di trent’anni fa, quando la penuria di insegnanti e la grande richiesta rendevano necessaria una scrematura accurata, poiché si presentavano ai concorsi persone totalmente a digiuno di scuola”.

Sul versante del reclutamento le cose non sono andate bene; che cosa pensi, invece, della bozza per la riforma dell’esame di stato conclusivo del primo ciclo? Sei d’accordo con il ruolo certificativo dell’Invalsi?

“So che la delega è in dirittura d’arrivo e noi del Cidi abbiamo espresso un parere, in sintonia con altre associazione, nettamente positivo sull’abbandono del decimale, mentre contestiamo radicalmente il nuovo ruolo che l’Invalsi intende arrogarsi. Le scuole saranno di nuovo sulle barricate: è paradossale che un istituto nato per fare misurazioni degli apprendimenti possa incidere così pesantemente sulla biografia formativa di una persona. Negli altri stati europei i sistemi nazionali di valutazione restituiscono i risultati in forma anonima alle scuole, non sotto forma di dati sensibili”.

La presidente Ajello sostiene fortemente questa nuova funzione.

“La sua posizione in passato era nettamente diversa. Il mio parere è che l’esito Invalsi e l’esito scolastico non possano convivere, l’uno falsifica e indebolisce l’altro. Le prove Invalsi devono rimanere, come lo sono state finora, un momento importante della valutazione”.

Come ti spieghi questo netto cambio di prospettiva?

“Credo che sia prevalso l’intento di non togliere visibilità all’istituto, che in questo modo però vede eccessivamente maggiorata la sua funzione – ricordo non c’è una legge che sancisca il ruolo certificativo dell’Invalsi. Proprio ora che le scuole iniziavano a riflettere in maniera costruttiva sui risultati delle prove standardizzate grazie al Rav…”.

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