USB. Solo nella scuola si vince un concorso e si resta precari

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USB – Nell’audizione presso la VII Commissione cultura della Camera, l’USB P.I. – SCUOLA ha espresso con chiarezza il proprio rifiuto delle deleghe alla legge 107 ed invitato il governo a ritirarle immediatamente.

La relazione del Prof. Del Prete, dell’Esecutivo Nazionale USB P.I. Scuola, si è concentrata, per questioni di tempo, sulla formazione iniziale e il nuovo concorso, le problematiche relative al sostegno e all’inclusione, la riforma dei professionali e il nuovo esame di Stato.

In relazione alla delega sulla formazione iniziale e il nuovo concorso abbiamo fatto rilevare come ci sia un capovolgimento del rapporto tra assunzione e formazione: in quale altro comparto della Pubblica Amministrazione dopo un concorso si resta precari e si subiscono tre anni di formazione completamente precarizzata e sottopagata? La durata del percorso, di 8 anni complessivi tra laurea magistrale e specializzazione, diventa una vera e propria attraversata nel deserto e l’utilizzo dei tirocinanti per le supplenze vanifica le aspettative di lavoro dei supplenti inseriti nella seconda e terza fascia d’istituto. Inaccettabile, inoltre,la soluzione di una quota percentuale di posti garantita ai docenti abilitati e a chi ha più di 36 mesi nel prossimo concorso. Attraverso la massiccia trasformazione dell’organico di fatto in diritto (150.000 supplenze ancora quest’anno), si potrebbe garantire il ritorno di tutti i colleghi di ruolo mandati in esilio nel Nord Italia con la legge 107, esaurire le GaE e l’ultimo concorso a cattedre, nonché garantire l’immissione in ruolo di tutti gli abilitati e i lavoratori con 36 mesi di servizio.

La legge delega sul sostegno riteniamo gravissima la previsione di separare la quantificazione delle ore di sostegno didattico e dell’ulteriore fabbisogno assistenziale dall’accertamento della condizione di disabilità ai sensi della legge 104, una misura che intende solo annullare il rapporto 1 a 1 tra docente di sostegno e discente e, di conseguenza, impedire alle famiglie di ricorrere in caso di mancato rispetto delle ore assegnate. Non è accettabile che la proposta di quantificazione delle ore di sostegno da assegnare ad ogni singola scuola sia formulata dal Gruppo per l’inclusione territoriale (GIT) di ogni Ambito. Tale organo, i cui membri sono nominati solo dall’amministrazione, non può conoscere in modo approfondito le specificità di ogni singolo studente con disabilità e del relativo contesto educativo. Pertanto appare chiaro che la divisione delle ore di sostegno assegnate non alle singole classi e al singolo studente, ma alle scuole in generale, sarà solo un ulteriore passaggio burocratico finalizzato alla riduzione delle ore di sostegno e al taglio della spesa.

La legge delega sugli Istituti Professionali l’accorpamento al biennio delle discipline negli assi culturali rischia di far perdere ore delle discipline generali e determinare esuberi , a causa soprattutto alla riduzione di un anno del percorso di studi in virtù della possibilità dello studente di passare al quarto anno dei percorsi di istruzione e formazione professionale. Lo schema di decreto prevede un intervento fortemente professionalizzante che incanala l’alunno a partire dal primo anno, senza alcuna possibilità di integrarsi non solo con il sistema d’istruzione nella sua globalità, ma mirando anche a distinguere nettamente l’istruzione Tecnica, l’istruzione Professionale e l’Istruzione e Formazione Professionale attraverso una percorrenza di un biennio + un triennio con uscite diversificate (attestato di qualifica regionale alla fine di un terzo anno “parallelo”, diplomi professionali regionali quadriennali, maturità professionale statale quinquennale). Si ritorna alle scuole di avviamento al lavoro, con una forte connotazione di classe, differenziando tra stili di apprendimento pratico ed astratto, non tenendo conto dello sviluppo evolutivo del discente.

La legge delega sugli esami di stato conclusivi della scuola secondaria di secondo grado porta a compimento alcuni dei principali pilastri ideologici della legge 107. Le prove INVALSI e l’alternanza scuola-lavoro diventano condizioni necessarie all’ammissione all’esame conclusivo; pertanto, il governo rafforza e legittima ancora di più due tra gli elementi più controversi e contestati degli ultimi anni della storia della scuola italiana, considerandoli centrali nel percorso educativo degli studenti e delle studentesse. La standardizzazione del sapere, mercificato nella vuota e ideologica didattica per competenze, veicolata attraverso le prove INVALSI, viene imposta così dall’alto, minacciando la libertà dei docenti, che saranno costretti a uniformare il proprio lavoro alle linee-guida dettate dall’INVALSI, e degli stessi alunni piegati alle conoscenze routinarie e standardizzate finalizzate solo alla performance e non al processo di apprendimento. Non meno inquietante appare la centralità che il governo attribuisce all’alternanza scuola-lavoro. In questi primi due anni di realizzazione del progetto, esso ha mostrato la sua vera natura: educare studenti e studentesse al lavoro dipendente, dequalificato e precario. Rimanendo sul terreno perentorio e inconfutabile dei fatti, da docenti abbiamo assistito e continuiamo ad assistere ad alunni e alunne spediti in aziende in qualità di forza-lavoro non retribuita, con l’unico risultato di aver solo perso in questi anni scolastici il preziosissimo tempo-scuola. Gli unici soggetti che all’interno di questo scenario possono dirsi gratificati sono le aziende stesse che, senza investire nulla, vedono incrementare la propria produttività attraverso quello che a tutti gli effetti possiamo definire “sfruttamento del lavoro minorile”!

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