Anticipo pensione per le lavoratrici, potrebbe cambiare riconoscendo maternità e lavoro di cura

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Il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, responsabile del dipartimento previdenza, ha evidenziato come occorra “sostenere le misure previste da opzione donna e prevedere, anche attraverso la contribuzione figurativa, una riduzione del requisito pensionistico che riconosca la maternità ed il lavoro di cura in modo da consentire un pensionamento anticipato per tante donne lavoratrici”.

La Commissione Lavoro della Camera dei Deputati nella sua indagine conoscitiva ha messo in evidenza le problematiche relative alla pensione femminile, in particolare la maternità e la circostanza di essere spesso assorbite in lavori di cura familiare.
Si legge nel dossier approvato dalla Commissione Lavoro, che occorre valorizzare, andando oltre quanto già previsto dall’articolo 1, comma 40, della legge n. 335 del 1995, tutti gli istituti capaci di ridurre gli effetti negativi della maggiore discontinuità delle carriere lavorative femminili. Pertanto è opportuno incrementare i benefici (accrediti figurativi, aumenti dell’importo pensionistico, facoltà di riscatto) in relazione ad eventi come la nascita e la malattia dei figli, l’assistenza a disabili e ad anziani non autosufficienti) soprattutto occorre estenderli anche ai periodi al di fuori del rapporto di lavoro, come succede in altri Paesi.

il dossier ribadisce che dal 2018 si completerà l’ultimo tassello della Riforma del 2011 con l’equiparazione dell’età per la pensione di vecchiaia a quella prevista per gli uomini: anche le lavoratrici del settore privato (sia dipendenti che autonome) dovranno raggiungere i 66 anni e 7 mesi di età per accedere al trattamento di vecchiaia.

Il Governo intende intervenire dando piu’ flessibilità in uscita a tutti i lavoratori, uomini e donne, ma ciò significa assegni più leggeri in un periodo temporale che va dai 60 ai 70 anni.

Importante è anche modificare la legge Fornero per le donne nel sistema contributivo (cioè coloro che non posseggono contributi alla data del 31 dicembre 1995): la Riforma del 2011 richiede un importo minimo della pensione che non deve risultare inferiore a 1,5 volte il valore dell’assegno sociale (circa 670 euro al mese). Se questo valore non viene centrato, rischio a cui sono particolarmente esposte le lavoratrici a causa di carriere retributive spesso modeste, la pensione di vecchiaia slitterà di altri tre anni superando così ampiamente la soglia dei 70 anni. A questa penalità sono esposte le giovani donne che in futuro avranno una pensione completamente determinata con il sistema contributivo.

Occorrerà però trovare i fondi nel bilancio che, nonostante il Pil, si sentiranno anche nella manovra finanziaria. Anche la concorrenza dei giovani si farà sentire, nel senso che il governo sta pensando di concentrare gli interventi di spesa sulla decontribuzione per i neo assunti.

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