Quanto conta la scuola per l’Università e l’accesso al lavoro. Poletti ed Eduscopio

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"Meglio laurearsi prima con un voto inferiore invece che finire fuori corso giusto per avere un voto alto"

"Meglio laurearsi prima con un voto inferiore invece che finire fuori corso giusto per avere un voto alto"

La Fondazione Giovanni Agnelli dà almeno parzialmente ragione al Ministro del lavoro Giuliano Poletti. “Superare tanti esami ma con voti bassi – scrive la Fga, che ha appena sfornato un’interessante inchiesta sulle performances universitarie degli studenti italiani (Eduscopio 2015) – farà conseguire un titolo di scarso valore, perché molte cose che andavano imparate non sono state apprese adeguatamente.

Specularmente, prendere ottimi voti ma in tempi lunghissimi e ben superiori alla durata legale del corso di studi, spesso riflette un amore per il perfezionismo che non sempre si concilia con le esigenze di rapidità e concretezza della società contemporanea”.

Da parte sua il ministro del lavoro, parlando con gli studenti durante la convention veronese di Job&Orienta, aveva detto: “Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21”, meritandosi critiche e contestazione da parte di tanti che gli hanno pure ricordato che lui non è neppure laureato, come se per fare politica serva la laurea. Ma tant’è.

Lui ha poi rincarato la dose aggiungendo che i giovani italiani arrivano al mercato del lavoro in gravissimo ritardo: “Quasi tutti quelli che incontro mi dicono che si trovano a competere con ragazzi di altre nazioni che hanno sei anni meno di loro e fare la gara con chi ha sei anni di tempo in più diventa durissimo”.

Peraltro, una recente ricerca della Fondazione Agnelli (I nuovi laureati. La riforma del 3+2 alla prova del mercato del lavoro, Editori Laterza, Bari, 2012) ha rivelato che i datori di lavoro tengono in forte considerazione l’età di conseguimento della laurea e spesso preferiscono laureati molto giovani, sebbene non a pieni voti, a laureati con voti alti ma sulla soglia dei trent’anni”.

In ogni caso, nel bene o nel male, a finire sotto la lente d’ingrandimento i questi casi è sempre la scuola, specie la scuola secondaria di secondo grado, anticamera dell’Università, e l’orientamento.

Molto spesso, spiegano alla Fga, ci si rende conto del reale valore dell’istruzione ricevuta a scuola quando ci si trova davanti alla complessità di un esame universitario o di una mansione da svolgere sul lavoro.

“Non a caso – si spiega – tra le missioni fondamentali dell’istruzione secondaria vi è quella creare le condizioni per le quali gli studenti possano intraprendere con successo il passo successivo nelle loro traiettorie di vita”.

L’idea di fondo di questo progetto è proprio quella di valutare uno degli esiti successivi della formazione secondaria – i risultati universitari degli studenti – per trarne un’indicazione di qualità sull’offerta formativa delle scuole da cui essi provengono.

I risultati universitari – esami, voti, crediti – riflettono e danno informazioni anche sulla qualità delle basi formative, la bontà del metodo di studio e l’utilità dei suggerimenti orientativi acquisiti presso le scuole secondarie. In altre parole, i risultati universitari ci permettono di formulare un giudizio sulla qualità delle scuole secondarie superiori sulla base di informazioni che provengono da enti – gli atenei – che sono “terzi” rispetto alle scuole stesse, cioè imparziali, ma al tempo stesso molto interessati alla qualità delle competenze e delle conoscenze degli studenti.”

Con tutte le cautele del caso, Eduscopio vuole offrire informazioni e dati comparabili utili agli studenti che terminano le scuole medie e alle loro famiglie di modo che, una volta scelto l’indirizzo di scuola secondaria superiore, possano individuare quali istituti nella propria area di residenza soddisfino meglio le proprie aspettative di apprendimento.

Ma utili anche alle scuole stesse di modo che siano maggiormente responsabilizzate rispetto a una delle loro missioni formative – la preparazione e l’orientamento agli studi universitari – e possano finalmente conoscere gli esiti di questo lavoro: quali università e quali corsi di laurea scelgano i loro diplomati e quali risultati conseguano. Si tratta di informazioni che oggi spesso non riescono ad avere e che possono dare spunti per riflettere sulla bontà dei propri sistemi di orientamento in uscita”.

Le carriere universitarie degli studenti sono state ricostruite a partire dalle informazioni contenute nella banca dati dell’Anagrafe Nazionale degli Studenti universitari (Ans) del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che raccoglie i dati amministrativi ricevuti dalle segreterie di ateneo.

I dati riguardano tutti gli studenti iscritti in atenei italiani, pubblici e privati, ma non coprono per il momento altri enti di istruzione avanzata come l’Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica o gli Istituti Tecnici Superiori.

“Inoltre, non esistono banche dati integrate che tengano conto anche delle immatricolazioni in corsi di primo livello in atenei esteri che, in ogni caso, riguardano un numero molto limitato di diplomati. I dati utilizzati per l’analisi sono stati forniti secondo criteri di opacità, in osservanza delle norme sulla tutela della privacy. Dall’Ans, per ogni studente abbiamo attinto dati relativi a: caratteristiche demografiche – genere, luogo di residenza, origine italiana/straniera; studi scolastici compiuti – titolo di scuola media superiore conseguito, istituto che lo ha rilasciato, anno solare di conseguimento, votazione all’esame di Stato, età al diploma, bocciature, caratteristiche del corso di studi – ateneo, classe del corso, sede didattica, denominazione corso, eventuale presenza di numero chiuso o programmato; carriera universitaria – anno di immatricolazione, impegno a tempo pieno o parziale, crediti formativi acquisiti, crediti acquisiti per stage, crediti riconosciuti validi per il corso, esami, votazione”.

Le informazioni aggregate sui diplomati di ogni scuola (numero diplomati, voto medio, tassi di prosecuzione) sono state attinte dalla banca dati “La Scuola in Chiaro” del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca liberamente accessibile sul web.

Sono stati considerati sia gli immatricolati iscritti regolarmente, quelli cioè che hanno proseguito gli studi al livello universitario immediatamente dopo aver conseguito il diploma, sia i “ritardatari”, che in genere si iscrivono al massimo entro due anni dal conseguimento del diploma, per un totale di 716.447 studenti.

A causa del lento aggiornamento dell’Ans sono stati scelti i più recenti anni accademici per i quali l’informazione è completa e consolidata: 2010/11, 2011/2012 e 2012/2013.

Dunque, gli ultimi esami presi in analisi sono stati quelli sostenuti entro la primavera 2014 dagli immatricolati dell’ultimo dei tre anni accademici considerati.

Per comparare la capacità delle scuole di preparare per gli studi universitari si sono presi in considerazione due indicatori: la media dei voti conseguiti agli esami universitari, ponderata per i crediti formativi di ciascun esame per tenere conto dei diversi carichi di lavoro ad essi associati e i crediti formativi universitari ottenuti, in percentuale sul totale previsto. “

Se considerati congiuntamente – spiega la Fondazione Giovanni Agnelli – i due indicatori sono in grado di dirci non solo quanti esami hanno superato gli studenti di una scuola (velocità negli studi) ma anche come li hanno superati (profitto degli studi). “Sono entrambi aspetti cruciali del successo nei percorsi universitari”, spiegano alla Fga. “Superare tanti esami ma con voti bassi farà conseguire un titolo di scarso valore, perché molte cose che andavano imparate non sono state apprese adeguatamente”.

Come volevasi dimostrare.

 

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