Lotta al fumo nelle scuole. L’esperto non serve, meglio l’esempio tra pari e l’aumento del prezzo delle sigarette

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Aumentare il prezzo delle sigarette, non del centesimo richiesto dagli oncologi ma di diversi euro, per portarlo a livelli dei paesi europei che, non a caso, sono in fondo alla classifica dei fumatori adolescenti.

E’ questa l’indicazione di Roberta Pacifici, che dirige l’osservatorio Fumo, Alcol e Droghe dell’Istituto Superiore di Sanità, a commento dell’indagine europea dell’Espad.
“La politica più richiamata dall’Oms per contrastare la diffusione del tabagismo è stata ed è sempre l’aumento del prezzo delle sigarette – spiega l’esperta -. L’Organizzazione dice che è la prima azione per aiutare le persone a smettere e per disincentivare i giovani. A fronte di ciò ci stupiamo che l’Italia sia fanalino di coda? Il nostro è il paese che ha il valore percentuale di accise più basso, se la prima arma in
nostro possesso non la utilizziamo non ci possiamo meravigliare”.
In Norvegia, paese al penultimo posto nella classifica dei fumatori adolescenti secondo lo studio, un pacchetto di sigarette costa circa 13 euro, mentre in Islanda che è l’ultimo poco più di sette. “Servono incrementi che il consumatore deve sentire, una cosa che gli fa cambiare la priorità nell’acquisto dei prodotti – sottolinea Pacifici -. In un nostro studio
abbiamo chiesto ai giovani un elenco delle cose a cui avrebbero rinunciato con più difficoltà, la prima era la ricarica del cellulare ma la seconda era proprio il pacchetto di sigarette.
Se noi non facciamo pesare l’acquisto del prodotto non otterremo mai risultati. Inoltre bisogna agire per far rispettare i divieti di acquisto, che abbiamo giustamente portato a 18 anni, ma che sono inutili se poi non si chiede la carta d’identità”.
Da contrastare sono anche gli esempi sbagliati, da quelli in famiglia alla pubblicità nascosta. “Le indagini ci dicono pure che il 30% delle famiglie lascia fumare in casa – sottolinea Pacifici – se il genitore lascia fumare in casa è un messaggio di tollerabilità che dovrebbe essere abbattuto. Poi c’è il problema che uno dei canali di pubblicità più forti del prodotto e che ha maggiore peso sono i film e le serie tv, dove le scene di fumo abbondano, per non parlare di altri modelli negativi che spopolano, dai cantanti agli attori”.
Da evitare, sottolinea l’esperta, l’esperto nelle campagne. “L”esperto a scuola’ che spiega i danni del fumo non solo non serve, è controproducente – afferma -. Quello che gli studi dimostrano è che funziona la cosiddetta ‘educazione tra pari’, bisogna formare degli esperti tra i giovani che riescano a trasmettere il modello positivo.
Bisogna investire in comunicazione, ma supportata da evidenze scientifiche”

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