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La caccia alle “bufale” entra nelle scuole con i test Pisa

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A partire dal 2018 anche la digital competence, ovvero la capacità di muoversi all’interno del mondo virtuale sarà valutata dall’indagine Pisa (Programme for international student assessment), il test promosso dall’Ocse e somministrato ogni tre anni ai quindicenni di 72 Paesi nel mondo.

Dal prossimo anno saranno chiamati a confrontarsi, oltre che con la lettura e la matematica, anche con le fake news.

La proposta arriva dal direttore del dipartimento educazione dell’Ocse Andreas Schleicher.

I nuovi quesiti serviranno a valutare se i teenager siano in grado di distinguere una notizia vera da una falsa, vagliando con spirito critico ciò che propone la Rete. Compito della scuola sarà aiutare gli studenti a sviluppare questa capacità, fornendo loro gli strumenti per navigare tra le bufale e andare oltre i muri innalzati dai social media.

È l’effetto echo-chamber, come lo chiama Schleicher. I social funzionano come camere chiuse: gli utenti finiscono per accedere solo a notizie simili a quelle già lette con la conseguenza che ciascuno comunica con persone che hanno gli stessi interessi e le medesime preferenze: un’unica verità e un unico modo di vivere, lontano dalla condivisione di idee e dal confronto critico tra opinioni.

Per l’Ocse è importante valutare le capacità dei giovani di vedere il mondo da prospettive differenti, di apprezzare idee differenti, di essere aperti a culture differenti e di saper giudicare di chi è bene fidarsi.

Secondo uno studio americano, il 47% dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni che leggono articoli su Internet non ricorda quale sia la testata da cui ha tratto le notizie. È in corso un processo che gli esperti chiamano di de-brandizzazione dei media: le notizie circolano in misura sempre più ampia, continuano a essere lette, anche con attenzione, ma sono sempre meno riferibili alla loro fonte. I giovani faticano ad associare un articolo letto online a una testata, finendo per prendere per buono ogni sito, anche quelli che poi si rivelano semplici dispensatori di bufale.

I nuovi quesiti vogliono rappresentare anche uno stimolo per migliorare i programmi scolastici. Al momento l’Italia è al 34esimo posto per lettura e analisi del testo.

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