Dire “ti boccio” è reato, anche se la classe si comporta male. A dirlo una sentenza della Cassazione: “abuso dei mezzi di correzione”

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Parliamo della sentenza della CdC sez. V Penale numero 47543 del dicembre 2015, che ha condannato una docente per delitti di abuso di mezzi di correzione aggravato e continuato.

Parliamo della sentenza della CdC sez. V Penale numero 47543 del dicembre 2015, che ha condannato una docente per delitti di abuso di mezzi di correzione aggravato e continuato.

L'accusa iniziale per la docente era di maltrattamenti, quindi derubricato secondo le accuse sopra riortate, e prendeva le mosse da atteggiamenti offensivi e minatori nei confronti degli allievi. Accuse, poi, aggravatesi con la "violenza privata" per aver costretto tre allieve a ritrattare le lamentele nei confronti del dirigente scolastico sulla sua condotta.

La Corte ha ritenuto di dover considerare reato la minaccia di bocciatura reiterata, poiché rientra nel reato "di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina", qualsiasi comportamento che "umilii, svaluti, denigri o violenti psicologicamente un alunno causandogli pericoli per la salute, atteso che, in ambito scolastico, il potere educativo o disciplinare deve sempre essere esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento deviante del minore, senza superare i limiti previsti dall'ordinamento o consistere in trattamenti afflittivi dell'altrui personalità."

Il comportamento poco corretto da parte degli allievi non ha rappresentato, per i giudici, una giustificazione.

La docente è stata condannata al pagamento di una somma pari a mille euro.

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