BES, inclusione necessaria alla coesione sociale e all’espressione del potenziale di ciascuno. Lettera

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La problematica dei DSA e dei BES è di fondamentale importanza all’interno del contesto scolastico attuale.

La  legislazione scolastica degli ultimi dieci anni ha cercato di affrontare situazioni di disagio che sono sempre esistite, ma che oggi rivestono carattere di urgenza.

A monte delle perplessità sull’attuale modo di operare delle istituzioni scolastiche si pone una questione di fondo: se la scuola debba essere un luogo formativo aperto a tutti oppure un luogo di elezione per i migliori.

L’orientamento politico si è indirizzato verso la prima ipotesi e l’indicazione di orientarsi verso l’inclusione di tutti parte dall’alto e dalle azioni messe in atto dall’Unione Europea.

La scuola sta via via perdendo i meccanismi di selettività che hanno caratterizzato la sua storia passata, la questione che si pone ora è quella di convincere parte dell’opinione pubblica e della stessa classe insegnante che il passaggio verso una scuola di tutti e per tutti sia auspicabile e realizzabile.

Riguardo al primo punto: potremmo oggi immaginarci una scuola in cui vengano bocciati già alla primaria tutti quei bambini che hanno difficoltà a scuola di tipo logico, mnemonico e linguistico? Cioè potremmo ancora immaginarci una scuola che sanzioni e punisca tutte le possibili difficoltà scolastiche che può incontrare un bambino con la mancata promozione alla classe successiva? Perché è evidente che l’unico modo per portare avanti classi (di età omogenea) con livelli di prestazione compatibili al proprio interno, è sempre stato quello dell’esclusione del “diverso” dal gruppo dei pari.

L’opinione dei legislatori, ma credo anche della maggioranza della popolazione, oggi si situa entro l’orizzonte dell’inclusione.

C’è ora però da chiedersi cosa significhi includere.

L’inclusione comprende il concetto di uno “stare dentro” i luoghi della formazione, che non assume un connotato solo di tipo fisico. Si tratta di uno stare dentro e di un condividere con gli altri un percorso formativo in base al proprio potenziale e alle proprie possibilità.

Lo “stare dentro”, la condivisione, l’accettazione del diverso da noi, delle nostre difficoltà e delle nostre incomprensioni sono parte della formazione umana al vivere in una società sempre più mobile e in trasformazione esistenziale.

Non possiamo fissare delle barriere tra un noi e un loro, perché il confine tra noi e gli altri è labile, perché la perfezione non esiste e perché noi siamo l’altro e l’altro è noi.

Ed è giustizia sociale, una forma di giustizia “alta e nobile”, quella di dare una possibilità a tutti di esprimere il proprio essere nel migliore dei modi.

Le categorie con cui si fanno rientrare gli alunni nella sfera dei BES e dei DSA sono sicuramente determinate dal momento storico attuale e dalle ancora limitate conoscenze sul funzionamento umano.

Certo è che l’impegno da mettere in atto per includere tutti e per promuovere le migliori condizioni di apprendimento non è di poco conto.

Agli insegnanti viene richiesto di conformarsi ad alcuni parametri prestazionali e viene indicato il raggiungimento di svariati obiettivi formativi per gli studenti delle proprie classi.

Insegnare in classi molto eterogenee a livello socio-culturale e dove anche le modalità cognitive degli studenti sono ampiamente diversificate è quindi veramente difficile.

Da qui il rifiuto di alcuni insegnanti nei confronti dell’idea di inclusività e il desiderio di un ritorno a una scuola selettiva, che renderebbe nuovamente i luoghi della formazione più semplici da gestire.

Ma chiediamoci però che senso avrebbe escludere e continuare a sanzionare le situazioni di diversità? Ciò non creerebbe difficoltà ulteriori per l’intera società?

Che fine dovrebbero fare tutti quei giovani che per i più svariati motivi non riescono a stare al passo con le richieste formative scolastiche?

Di fatto, se desideriamo la coesione sociale e che ognuno possa esprimere il proprio potenziale nei migliori dei modi, dobbiamo supportare l’idea di una scuola inclusiva che non emargini nessuno.

Si tratta a questo punto di trovare, sperimentando nuove modalità didattiche, un nuovo modo di insegnare.

La classe insegnante non deve essere lasciata sola in questo nuovo contesto.

Michela Giangualano

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