ITS e Lauree professionalizzanti: il MIUR rimette ordine

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Gli Its, corsi post diploma alternative all’università,continueranno ad erogare percorsi didattici biennali in stretto collegamento con territori e settori produttivi.

Sarà anche possibile per gli ITS allungarsi di un anno, e arrivare così a tre: ai due anni Its si aggiungerebbe un terzo anno all’università per continuare a diplomare tecnici superiori con competenze specifiche nel campo delle tecnologie applicate.

Affiancheranno inoltre le “lauree professionalizzanti” di stampo accademico: saranno corsi triennali, «a ordinamento di studi definito», e tarati, essenzialmente, a qualificare gli studenti e, in prospettiva, ad “abilitare” le professioni regolamentate a livello nazionale, «a partire da quelle ordinistiche», come geometri, periti agrari ed altri che potrebbero così elevare il proprio titolo di studi, come chiede da tempo l’Europa.

 

La cabina di regia istituita a febbraio ha elaborato una bozza di documento che disegna un modello italiano di formazione terziaria professionalizzante. Il provvedimento è ora sul tavolo della Fedeli, che dovrebbe esprimersi nei prossimi giorni, in modo da partire – almeno con le attività organizzative e di comunicazione – tra settembre/ottobre.

L’offerta formativa post diploma è in capo quasi esclusivamente all’università; il solo segmento terziario, non accademico, esistente è rappresentato dagli Its, decollati nel 2010, una realtà che funziona, hanno un tasso di occupabilità a 12 mesi che sfiora l’80% e una coerenza tra titolo e lavoro svolto del 90% – ma gli alunni frequentanti sono appena 9mila.

Gli ITS sono nati quando l’ex ministro Stefania Giannini aveva firmato un decreto che, dal 2017-2018, autorizzava gli atenei a sperimentare le lauree triennali professionalizzanti in aggiunta all’offerta degli Its. Alcune università iniziarono a contattare aziende inserite da tempo negli Its locali, creando tensioni e disorientamento tra famiglie e studenti. Il ministro Fedeli congelò per un anno il provvedimento Giannini, istituì una cabina di regia partecipata da tutti i soggetti coinvolti, in primis rettori (la Crui) e Its, per promuovere un sistema organico e ordinato di istruzione post diploma professionalizzante.

L’Italia è all’ultimo posto nei Paesi Ocse per giovani tra 25-34 anni in possesso di titolo terziario: siamo 25% – la media Ocse è del 42% – e lontanissimi dai primi della classe, la Corea del Sud con il 69%.
In Italia il tasso di passaggio dalle scuole superiori alla formazione terziaria è inferiore al 50%, in Francia, che ha un sistema educativo simile al nostro, l’iscrizione ai canali terziari è del 70%, e ogni anno circa 300mila ragazzi scelgono la formazione professionalizzante. L’Italia ha anche un elevato abbandono: tra gli studenti iscritti solo il 45% completa gli studi in corso o al più con un anno di ritardo.

La bozza di documento elaborata dal Miur prova a riordinare il sistema, per evitare concorrenza e doppioni: Its e lauree professionalizzanti dovranno infatti parlarsi e lavorare insieme per strutturare corsi impostati in una logica “duale” e in collaborazione con imprese e territori, in particolare l’università potrà costruire il suo percorso formativo definendo un ordinamento didattico cui corrispondono cattedre e relativi docenti; l’Its costruisce il proprio con le aziende e potrebbe ogni anno modificare il piano formativo in base ai bisogni emergenti. Anche il 2+1 dovrà essere co-progettato e strutturato “nell’ottica Its”. Ci sarà poi bisogno di un finanziamento aggiuntivo e dovranno restare lo sbocco esclusivo per “i tecnici specializzati” della manifattura. Le lauree professionalizzanti invece guarderanno principalmente ai percorsi ordinistici anche per il riconoscimento dell’abilitazione alla professione.

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