Zecchi: “Uso ossessivo delle immagini create dallo smartphone frantuma la percezione della nostra identità. Scuola e famiglia sono sempre più deboli”

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In un mondo dominato dall’immagine, la fotografia digitale si è affermata come strumento quotidiano di espressione e comunicazione. A La Stampa il filosofo Stefano Zecchi riflette sull’impatto di questo fenomeno nella società contemporanea.

Zecchi osserva che l’atto di condividere fotografie, come un selfie o una foto di un momento quotidiano, è un modo per “spezzare il cerchio della solitudine” e intensificare relazioni sociali. Il gesto di inviare un’immagine, apparentemente banale, può quindi essere visto come una forma di dialogo affettuoso.

Tuttavia, Zecchi evidenzia un paradosso: la fotografia digitale, pur essendo uno strumento di connessione, può generare isolamento. Il filosofo la paragona all’esibizionismo narcisistico comune nei talk show, dove le emozioni e i sentimenti vengono ostentati ma raramente espressi autenticamente. Questo fenomeno, secondo Zecchi, pone l’individuo al centro di un ‘talk show’ virtuale, distaccandolo dalla realtà.

Per quanto riguarda i giovani, Zecchi osserva che lo scambio costante di immagini crea un feedback continuo all’interno di un gruppo, ma questo non favorisce lo sviluppo di un pensiero critico o di un’identità solida. La dipendenza da conferme esterne, tramite la condivisione di immagini, può portare a una fragilità identitaria, soprattutto in un’epoca in cui le istituzioni tradizionali, come la scuola e la famiglia, stanno perdendo influenza.

Zecchi rileva che la fotografia istantanea stimola l’istinto consumista, trasformando l’individuo in un imprenditore di se stesso. Questo comportamento è evidente nel successo degli influencer, che sfruttano la fragilità umana per vendere immagini e stili di vita.

Infine, Zecchi mette in guardia contro l’illusione che ogni immagine rappresenti un momento essenziale della vita di una persona. Il filosofo sottolinea la perdita della capacità di narrare storie significative attraverso la fotografia, in un mondo ossessionato dal presente e incapace di valutare la storia e l’origine degli eventi.

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