Voto minimo prova orale concorso docenti PNRR2: la delusione per il mancato accesso al passo finale. Lettera

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Inviata da Valerio Di Renzo – Ho da poco intrapreso la carriera di insegnante. In passato ho svolto altri lavori, arrivando piuttosto tardi a compiere questo mestiere (ho 48 anni), attingendo la passione per esso da mia moglie, che insegna Italiano e Storia nella scuola superiore di I grado da circa venti anni.

Come molti colleghi, anch’io ho affrontato, nel mese di febbraio, la prova “scritta” del concorso scuola PNRR2. Voi sapete meglio di me che, per poter accedere all’orale, bisogna aver raggiunto il punteggio minimo di 70/100, ma con il vincolo di un numero di candidati pari a tre volte la quantità dei posti messi a bando.
Ovviamente, immagino che in questi giorni siate stati sommersi da lettere di protesta di insegnanti che, pur avendo superata la prova, spesso con voti altissimi, si ritrovano a provare la delusione per il mancato accesso al passo finale. Ecco, io faccio parte di questa schiera.
Non vi scrivo per presunzione o per distinguermi da chi, come me, ha vissuto lo stesso dramma (perché è di ciò che si tratta); il mio, probabilmente, vuole essere semplicemente uno sfogo per denunciare una situazione alquanto grottesca, tipica, ahimè, del nostro meraviglioso Paese.
Nella precedente tornata concorsuale, il PNRR1, il regolamento dettato dal ministero ha dato la possibilità a tutti coloro che hanno raggiunto il voto minimo (70) di fare l’orale, con gravi conseguenze dovute a disagi organizzativi, datosi che vi hanno preso parte un numero elevato di docenti, circa 450.000, ossia quasi il doppio del PNRR2.
Con ciò si è creato, giuridicamente parlando, un precedente, che stona con il suddetto vincolo di accesso alla prova finale del PNRR2, poiché non è possibile cambiare le regole in corso d’opera, come fanno due bambini mentre giocano. È stata una vera e propria ingiustizia e presa in giro per i candidati, perché qui si ha che fare con la vita e il futuro delle persone, le quali hanno molte volte anche una famiglia da mantenere. Si tratta di quelle vite di noi comuni e poveri mortali, che assomigliano sempre più ad una cinica lotta per la sopravvivenza, dove i deboli sono destinati inesorabilmente a soccombere, secondo i principi di darwiniana memoria.
Per tornare al nostro discorso, in sintesi, i docenti che nel PNRR1 hanno ottenuto 70 vanno a fare l’ orale, i docenti come me (c.d.c. AM12), che nel PNRR2 hanno ottenuto molto di più, restano a casa perché non hanno raggiunto il punteggio minimo come previsto dal nuovo regolamento (il mio esempio per tutti: 88 contro 92 per la regione Abruzzo).
Ma tale ipocrisia e disparità di trattamento la si vive anche all’ interno dello stesso PNRR2, in quanto, a livello nazionale, in alcune classi di concorso, il voto minimo è stato 70, in altre addirittura 98! Ciò significa che chi ha preso 96, ovvero quasi la perfezione, è rimasto al palo, e chi forse ha tirato a indovinare può sostenere la prova finale.
Per non parlare, poi, delle domande formulate in modo errato che hanno causato un notevole ritardo, per poi sfociare nel triste e beffardo epilogo della prova suppletiva di qualche giorno fa, minando pesantemente la credibilità di un sistema ormai fallace e incapace di gestire quegli ambiti, per cui viene utilizzato in maniera errata e incompetente il denaro pubblico pagato dai contribuenti.
Come è possibile che in un paese democratico succeda questo? Con quale fiducia si può guardare al futuro e, soprattutto, verso l’ autorità che dovrebbe tutelare i suoi cittadini?
Negli ultimi tempi, dai nostri governanti e dai loro antagonisti politici, sento spesso nominare un lessema dal valore notevole, “merito” (vedi appunto Ministero dell’Istruzione e del Merito), ma se i presupposti sono questi, come si fa a fondare uno stato di diritto basato sul merito? A quale merito si riferiscono?
Aspetterò trepidante il giorno in cui qualcuno di loro mi spiegherà cosa si intende con questa virtuosa parola. Tutto ciò non vuole essere della semplice retorica, ma di fronte ad uno scempio come questo ci sarebbe solo da vergognarsi e, in quanto tale, mi vergogno di essere italiano.

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