Vincitore di concorso, se non si prende subito servizio si perde il ruolo

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Nella sentenza in commento della Cassazione Civile sez. L Num. 6743/22 si affronta la questione in ordine alla legittimità del rifiuto dell’istanza di differimento dell’assunzione del servizio, al quale poi è seguita la decadenza dalla nomina.

La questione

Ai sensi dell’art. 436 del d.lgs. n. 297/1994 il vincolo contrattuale sorge con l’assunzione in servizio, che fa seguito all’accettazione della nomina e che può essere differita solo in presenza di un giustificato motivo, ossia di gravi e comprovate ragioni che impediscano in modo assoluto all’interessato di assumere l’impiego. Il rinvio della presa di servizio, pur volendo tener conto delle istruzioni ministeriali, non costituisce un diritto potestativo e, pertanto, il docente che contesti la legittimità del diniego non può «reclamare in sede giudiziale una pronuncia che tenga conto ora per allora dell’assunzione in servizio» e che impedisca il maturare della decadenza, potendo esperire solo un’azione risarcitoria in relazione ai pregiudizi derivati dall’illegittimo rigetto dell’istanza.

Il vincitore di concorso deve assumere servizio, pena la decadenza dalla nomina

L’avvenuta contrattualizzazione del rapporto di impiego non ha determinato il superamento delle formalità che precedono l’instaurazione del rapporto stesso, perché il d.lgs. n. 165/2001 richiama il d.P.R. n. 487/1994 che, all’art. 17, nel ricalcare la disciplina dettata dal d.P.R. n. 3/1957, artt. da 7 a 10, prevede che il vincitore del concorso debba essere invitato ad assumere servizio nella sede assegnata per iniziare il periodo di prova e decade dalla nomina qualora l’immissione non avvenga nel termine assegnato e non ricorra un giustificato motivo, idoneo a legittimare il differimento (recita il 4 0 comma dell’art. 17: Il vincitore, che non assuma servizio senza giustificato motivo entro il termine stabilito, decade dalla nomina. Qualora il vincitore assuma servizio, per giustificato motivo, con ritardo sul termine prefissatogli, gli effetti economici decorrono dal giorno di presa di servizio). Si tratta di regole fissate per assicurare trasparenza ed efficienza all’agire delle Pubbliche Amministrazioni in quanto il rispetto delle cadenze imposte, oltre a consentire al datore di lavoro pubblico di disporre delle risorse di personale necessarie per il suo funzionamento, garantisce la corretta gestione delle graduatorie, tutelando, sia pure di riflesso, anche gli interessi dei non vincitori che, in caso di mancata accettazione o di non tempestiva assunzione in servizio dei chiamati, potrebbero a questi ultimi subentrare per effetto dello scorrimento.

La norma sul differimento della presa di servizio

L’art. 436 del d.lgs. n. 297/1994, al pari delle analoghe disposizioni dettate dal d.P.R. n. 3/1957 e dal d.P.R. n. 487/1994, che la Corte ha in tal senso già interpretato (Cass. n. 4393/2020), rimette alla Pubblica Amministrazione il potere di valutare la sussistenza o meno del giustificato motivo e non riconosce, quindi, un diritto incondizionato al differimento della presa di servizio perché il termine è imposto a tutela di interessi pubblici, che possono divenire recessivi rispetto a quelli dell’assunto solo qualora quest’ultimo faccia valere ragioni gravi ed obiettive che impediscano la condotta doverosa. Si deve essere in presenza di un impedimento, seppure non assoluto, connotato da gravità, mentre non rileva il motivo personale che renda il differimento solo più conveniente, atteso che in tal caso nella necessaria comparazione fra l’interesse del singolo e quelli generali garantiti dall’imposizione del termine, il primo non può essere prevalente (in tal senso anche la giurisprudenza amministrativa – cfr. fra le tante C.d.S. n. 4513/2019 e C.d.S. n. 3870/2015). Le conclusioni alle quali la Corte territoriale è pervenuta, nel ritenere che il richiesto differimento di un anno non potesse essere giustificato dalla necessità di concedere il periodo di preavviso al datore di lavoro privato con il quale la docente intratteneva un rapporto a tempo indeterminato, sottendono un’interpretazione corretta della normativa che nella specie viene in rilievo.

Le FAQ del MIUR non sono fonte di diritto

Osserva la Cassazione che né il diritto soggettivo della ricorrente può essere fondato sulla FAQ 25 comparsa sul sito del Ministero e sugli atti adottati dagli Uffici Scolastici Regionali menzionati nel terzo motivo, dei quali, inammissibilmente, a parere della Cassazione, la docente denunciava l’omesso esame ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ.. Le risposte a domande frequenti (Frequently Asked Questions – FAQ) non costituiscono una fonte del diritto e non sono neppure assimilabili alle circolari, sia perché non sono dirette ad orientare l’azione degli organi e degli uffici dell’amministrazione, sia in quanto non sono pubblicate a conclusione di un procedimento e per lo più non consentono di individuare l’autore delle stesse né forniscono elementi utili sulle modalità della loro elaborazione. Va, poi, aggiunto che la Corte territoriale ha esaminato il contenuto della FAQ inerente al differimento della presa di servizio e, con accertamento di merito non sindacabile in questa sede, ha evidenziato che la stessa non conferiva al docente interessato un diritto potestativo al differimento né si esprimeva in termini di automaticità perché, al contrario, riservava all’autorità scolastica il potere di valutare se la richiesta potesse essere accolta. Ne ha tratto quale conseguenza che, a fronte del diniego opposto dal dirigente scolastico, la docente avrebbe dovuto comunque assumere servizio per scongiurare la pronuncia di decadenza e che l’eventuale illegittimità del rigetto dell’istanza avrebbe al più potuto legittimare un’azione risarcitoria.

Sui poteri decisionali del DS

L’art. 25 del d.lgs. n. 165/2001, comma 4, ed il d.P.R. n. 275/1999, art. 14, attribuiscono al dirigente scolastico la competenza ad adottare gli atti di gestione del personale che non siano riservati dalla legge al Ministero, il quale, sulla base dell’elencazione contenuta nell’art. 15 dello stesso d.P.R., esercita in materia di personale solo le funzioni « il cui esercizio è legato ad un ambito territoriale più ampio di quello di competenza della singola istituzione…» quali sono quelle inerenti alla formazione delle graduatorie, al reclutamento, alla mobilità esterna, alle autorizzazioni per utilizzazioni ed esoneri per le quali sia previsto un contingente nazionale, ai comandi ed ai collocamenti fuori ruolo, al riconoscimento di titoli di studio. Sui poteri dei dirigenti è, poi, intervenuta la legge n. 107/2015 che con l’art. 1, commi da 78 a 85, li ha ampliati, valorizzando il ruolo centrale del dirigente e prevedendo, a partire dall’anno scolastico 2016/2017, la cosiddetta chiamata diretta, ossia la proposta di incarico formulata dal dirigente ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento. Concludo in giudici sostenendo che basterà solo rimarcare che dal complesso delle fonti normative citate emerge l’attribuzione al dirigente scolastico della competenza ad adottare, a partire dalla conclusione del contratto, gli atti di gestione del singolo rapporto, ivi compresi quelli, non riferibili alla responsabilità disciplinare, che ne determinano la risoluzione, quali sono la dispensa o il mancato superamento del periodo di prova (cfr. Cass. n. 196/2019 e la giurisprudenza ivi richiamata). Ne discende che correttamente l’atto della cui legittimità qui si discute è stato adottato dal dirigente scolastico, la cui competenza non può essere messa in dubbio facendo leva sul contenuto delle FAQ, che, per quanto si è già detto nel punto che precede, non possono derogare alle disposizioni normative.

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