Vigilanza: quando il bambino passa dal docente al collaboratore scolastico e il rischio dell’abbandono di minore

Il caso in commento riguarda una sentenza impugnata di una Corte di appello che confermava anche agli effetti civili, la condanna di in ordine al reato di cui all’art. 591 c.p., ( abbandono di minori) ascritto ad una collaboratrice scolastica in servizio presso una scuola di infanzia per avere omesso di controllare un bambino che il giorno usciva dall’edificio scolastico e faceva ritorno nella propria abitazione, non molto distante dalla scuola.
Il ricorso come prodotto dai propri difensori veniva ritenuto fondato dalla Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-06-2021) 19-07-2021, n. 27926 annullando la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Una sentenza articolata da cui estrapoliamo alcuni punti che riteniamo interessanti.
In ambito scolastico il dovere di vigilanza si fonda sull’affidamento del minore al singolo docente o collaboratore scolastico
“In ambito scolastico, fondamento del dovere di vigilanza sul minore è la circostanza che costui sia stato affidato, in concreto, all’insegnante o a un collaboratore scolastico. Nel caso di specie è pacifico che il piccolo era in classe e che le due insegnanti presenti in classe, alle quali il bambino era affidato, lo hanno autorizzato ad andare in bagno da solo, mentre non è dato comprendere con quali modalità e in quale momento sia avvenuto il trasferimento dell’affidamento del minore dalle insegnanti alla collaboratrice scolastica e quando questa abbia assunto di fatto la relativa posizione di garanzia. Il punto è decisivo poiché non si discute della responsabilità civile, ma della responsabilità penale per il delitto, a matrice esclusivamente dolosa, di abbandono di minore”.
La responsabilità contrattuale della scuola in materia di vigilanza
In ambito civile, ricordano i giudici, viene in rilievo una responsabilità contrattuale ascrivibile all’istituto scolastico ed al singolo insegnante, derivante, rispettivamente, dall’iscrizione scolastica e dal contatto sociale qualificato, implicanti l’assunzione dei cd. doveri di protezione, enucleati dagli artt. 1175 e 1375 c.c., che impongono il controllo e la vigilanza del minore sin dal suo ingresso nella scuola e per tutto il tempo in cui lo stesso si trova legittimamente all’interno dei locali scolastici (Sez. 3 civ., n. 10516 del 28/04/2017, Rv. 644014; Sez. 3 civ., n. 23202 del 13/11/2015, Rv. 637752). Le Sezioni Unite civili hanno avuto modo di precisare che “l’accoglimento della domanda di iscrizione e la conseguente ammissione dell’allievo determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, in virtù del quale, nell’ambito delle obbligazioni assunte dall’istituto, deve ritenersi sicuramente inclusa quella di vigilare anche sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso” e, quanto al precettore dipendente dall’istituto scolastico, che tra questi e l’allievo “si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell’ambito del quale il precettore assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e di vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona” (Sez. U civ., n. 9346 del 27/06/2002, in motivazione).
Si deve indagare sulle condizioni di affidamento del minore da parte del docente al collaboratore scolastico
E tale responsabilità opera anche nel caso di affidamento dell’allievo a personale non docente addetto al controllo degli studenti (Sez. 3 civ., n. 14701 del 19/07/2016, Rv. 641446) pur essendo necessario indagare sulle “condizioni dell’affidamento dei discenti alla sorveglianza dell’ausiliario, a partire dalla eventuale adibizione di questi anche ad altre incombenze” (Sez. 3 civ., n. 23202 del 13/11/2015, in motivazione). In ambito penale, la fattispecie tipica disciplinata dall’art. 591 c.p., richiede, sotto il profilo materiale, che l’agente abbia in custodia o in cura il minore degli anni quattordici. La prima e fondamentale questione – che involge la configurabilità stessa del reato – afferisce alla sussistenza effettiva e concreta instaurazione di questo rapporto tra l’imputata e la persona offesa nel momento in cui la seconda è stata abbandonata a sè stessa.