Vicepresidi, “lavoriamo anche in estate, senza di noi scuole non aprirebbero. Dateci esonero” [INTERVISTA]
“Quanti sono i collaboratori del preside che sono a scuola in estate? Glielo dico io: tutti!”. Vogliono uscire dall’ombra nella quale lavorano nelle nostre scuole e veder finalmente riconosciuto il proprio profilo.
Sono i collaboratori del dirigente scolastico, quelli che un tempo si chiamavano vicepresidi e che ora fanno parte dello staff di cui parla la legge 107. Sono i “primi collaboratori”, i responsabili di plesso, i vicari.
Chiamateli come volete, ma un dato è certo: se domani mattina si astenessero dal lavoro, difficilmente le scuole riuscirebbero ad aprire i battenti. Pensando al lavoro che svolgono, si si definiscono “invisibili”, nella piattaforma di rivendicazioni rivolte al governo e indirettamente ai sindacati. Che, dicono, “ci snobbano”.
Ma la loro attività è determinante per il funzionamento di ognuna delle decine di migliaia di plessi scolastici. Grande è il carico di responsabilità, numerose sono le ore impegnate in questo lavoro – anche molte centinaia – che molti svolgono per passione e senso di responsabilità, tantissimi sono i giorni di ferie estive che vedono sfumare e che non vedono neppure retribuiti. Ma ora si sentono forti di un buon numero di iscritti alla loro associazione, l’Ancodis.
L’Associazione nazionale collaboratori dei dirigenti scolastici nasce a Palermo nell’aprile del 2016 da un gruppo di collaboratori della città. “Abbiamo capito a un certo punto che dovevamo aggregarci per far sentire la nostra voce”, spiega oggi il presidente, Rosolino Cicero, professore di matematica e da 11 anni collaboratore del dirigente scolastico presso l’Istituto comprensivo “Giuliana Saladino” di Palermo, cinque plessi in un’area periferica della città, il quartiere San Giovanni Apostolo, “dove la scuola è l’unica presenza assieme alla parrocchia – precisa Cicero – dove si lavora con grande fatica ma con grande soddisfazione umana e professionale”.
Una scuola “dove molti docenti hanno deciso di restare per la passione nonostante le amarezze e le deprivazioni legate al tessuto sociale, ma è una grande scommessa per noi che restiamo qui a dare un futuro positivo e possibile ai nostri ragazzi”. Ancodis chiede al Miur e ai sindacati di prevedere – come avviene in molti paesi europei – la diversificazione dell’orario di lavoro in orario per la didattica ed orario per la collaborazione nel quale è formalmente riconosciuto lo svolgimento di tutte quelle attività necessarie ed indispensabili al funzionamento e che oggi sono contrattualmente sommerse. Occorre procedere – spiegano – ad una coraggiosa innovazione contrattuale che determini incentivi finalizzati a valorizzare le professionalità, ad incoraggiare i docenti ad assumere responsabilità e svolgere mansioni organizzative e gestionali delegate dal DS, ad accogliere favorevolmente proposte di azioni formative specifiche.
“Siamo stanchi – insistono – di questa iniqua condizione lavorativa e – convinti della dignità e professionalità del nostro lavoro – chiediamo attenzione ponendo fine ad una immeritata discriminazione che ne ferisce la professionalità ed umilia senso del dovere e spirito di servizio”.
Professor Rosolino Cicero, è così?
“I Collaboratori dei dirigenti sono professionisti di alto profilo per i quali non esiste alcun riconoscimento giuridico e la retribuzione per le attività aggiuntive non è affatto proporzionale al servizio espletato né in termini di qualità né di quantità del lavoro”.
Cosa chiede di preciso la vostra associazione?
“Siamo un’associazione che nasce per rivendicare un ruolo che noi abbiamo nella scuola italiana ma che nella sostanza non gode di nessun riconoscimento giuridico e economico. Noi abbiamo come obiettivo quello di diventare una figura che a tutti gli effetti, nei fatti, c’è, esiste: siamo docenti che insegnano e che svolgono attività di collaborazione ma che ai fini economici e della carriera non hanno alcun nessun riconoscimento. Rivendichiamo un riconoscimento anche sul piano della valutazione dei titoli nei concorsi. La circostanza che siamo collaboratori, magari da anni, vale zero, non ha alcun valore giuridico. Di più: in caso di mobilità la mia esperienza di vicepreside di 11 anni non varrebbe nulla nel caso decidessi di chiedere un trasferimento, il nuovo preside deve fidarsi sulla parola. Spesso lavoriamo su scuole dove i dirigenti hanno una o più reggenze in altri istituti e tutta l’organizzazione è sulle nostre spalle, quando il dirigente non c’è per questo motivo o per altre ragioni. Per non parlare dei responsabili di plesso, i fiduciari, che a tutti gli effetti gestiscono il servizio scolastico ventiquattro ore al giorno. Qualunque cosa succeda ci si riferisce a lui. Siamo in presenza di figure apicali, che esistono ma che lo Stato non vuole riconoscere a differenza di altri Paesi. Il docente ha delle deleghe che il dirigente assegna. Se manca un docente, e il dirigente non c’è, ad affidare la classe a un collega o a chiamare un supplente ci pensa il responsabile di plesso. Nel momento in cui manca il personale, dobbiamo garantire la sicurezza dei ragazzi, decidere come far lavorare la classe, trovare le soluzioni e questo è un carico di lavoro che spetta a me. L’organizzazione, i rapporti con il Dsga sono in capo a me, il dirigente ha altri incarichi, come l’attività negoziale e tanto altro. E’ possibile che tutto questo lo Stato non me lo debba riconoscere, neppure ai fini pensionistici, che non ci sia nessun beneficio? Pochi conoscono queste cose, si pensa che noi abbiamo uno status diverso”.
Com’è possibile conciliare questo impegno tanto gravoso come lo descrive con l’attività di insegnamento?
“Noi chiediamo l’esonero dall’insegnamento. Nella nostra piattaforma chiediamo l’esonero dall’insegnamento del primo collaboratore, perché per le esigenze di una scuola di oggi il collaboratore del dirigente non può fare anche l’insegnante poiché il lavoro a quel punto diventa immane e finisce che si svolgono male tutti e due. Quando io vengo chiamato per un’emergenza perdo tempo, per volontà non mia sottraggo tempo agli alunni. Certo, poi, siccome siamo professionisti, cerchiamo di recuperare e recuperiamo ugualmente il tempo con i nostri ragazzi”.
Per un esonero però servirebbe un supplente e il supplente costa…
“Il limite della nostra richiesta è che l’esonero è un costo, perché serve un supplente. Allora noi chiediamo che la cattedra venga assegnata al docente di potenziamento della stessa disciplina del vicario. Non è a costo zero ma non avrebbe i costi di una supplenza. Purtroppo succede che il docente di potenziamento non sempre è della stessa disciplina uguale a quella del vicario. Io insegno matematica, abbiamo chiesto un docente di matematica nel Ptof ma non ce lo hanno dato. E’ un sistema che va rivisto”.
Avete fatto pressioni verso i politici?
“Ho incontrato tutti i rappresentanti politici e tutti concordano. Le esigenze sono cambiate.
I politici si dicono favorevoli. In realtà dal punto di vista operativo non c’è stata mai una innovazione culturale. Se vogliamo continuare a parlare di scuola degli anni 90, allora va bene, continuiamo così, ma se pensiamo a una scuola del futuro la governance deve cambiare”.
La vostra richiesta di esonero dall’insegnamento non rischia di svilire la funzione docente?
“Si tratta di fare una scelta. Se uno decide di condividere con il dirigente la gestione della scuola deve essere messo in condizioni di svolgere al meglio il proprio ruolo”.
Veniamo ai soldi. Voi chiedete soldi in più, uno stipendio diverso?
“Guardi, le confesso che l’aspetto economico è davvero secondario. Il primo aspetto è di natura giuridica. Certo, se lavoro 36 ore non posso avere lo stesso stipendio di chi ne fa 18. Abbiamo fatto un questionario in tutta Italia per conoscere quante ore lavora il collaboratore e quale sia il compenso. Stiamo esaminando i risultati ma sta venendo fuori che il compenso medio si aggira sui 1300 euro. C’è una variazione tra qualche centinaio di euro e alcune migliaia di euro, e mediamente ci si attesta sui 1300 euro. Lordo stato, neppure netti.”.
Una media, dunque. Faccia il suo esempio, se vuole.
“Nel mio caso io ho preso circa 9 euro netti all’ora per circa 200 ore”.
Cioè 1800 euro in un anno.
“Ma secondo me ho lavorato almeno 1000 ore, non 200. E mentre gli altri docenti fanno attività aggiuntive riconosciute, noi non abbiamo nessun peso e nessuna misura. Si tratta di lavoro nero o grigio? Di certo non è bianco. A lei risulta chi sia colui che sta a scuola quando il preside va in ferie? Glielo dico io: sono io a scuola ad agosto. Io non riesco mai a fare le ferie, ne perdo di giorni di ferie. Quanti sono i primi collaboratori che sono a scuola in estate? Se lo chieda. Glielo dico io: tutti. Se chiede di sapere chi fa le proprie 36 giornate di ferie maturate troverà una risposta unanime: nessuno! E’ tutto tempo che sottraggo alle mie ferie. Faccio un’ipotesi: c’è una denuncia di qualcosa quando il dirigente in ferie o in estate un tubo si rompe e un plesso viene inondato. Chi ci pensa? Non certo il dirigente, se è nelle sue meritate ferie, ma noi collaboratori. Ora noi chiediamo che le ferie non godute nell’anno vadano fatte recuperare nell’anno successivo”.
Cosa prevedono le norme e i contratti?
“La legge 107, comma 83, parla di staff del dirigente il quale può individuare il 10 per cento di docenti come collaboratori. Il comma 5 art. 25 d lgs 165 del 2001 si dice che il dirigente può avvalersi dei collaboratori. Noi siamo indicati sulla base di questo articolo. Il contratto della scuola dice che tra questi collaboratori il dirigente può pagarne con il FIS al massimo due. Il vigente CCNL riconosce l’impegno aggiuntivo e straordinario di questi docenti specializzati con una inadeguata retribuzione a carico del FIS (art.88 comma 2 lettera f del CCNL 2006/2009) ma senza alcun effetto nella loro carriera. In ogni scuola ogni contrattazione decide quanto dare. Anche qui diciamo che non è possibile che in ogni scuola si decida senza un range di riferimento che il collaboratore prenda una certa cifra come compenso. Quanto dare ai collaboratori dipende dalla contrattazione e ciò comporta una vario riconoscimento variegato nelle singole scuole e tra le scuole del Nord e quelle del Sud”.
Professor Cicero, la domanda a questo punto se la staranno ponendo tutti quelli che sono giunti a questo punto dell’intervista: chi ve lo fa fare?
“Chi ce lo fa fare? Ce lo fa fare la passione per questo lavoro e il fatto che senza questo nostro lavoro le scuole chiuderebbero domattina. Ma questo non deve consentire di guardare a questa nostra attività come a un’attività di volontariato: si deve essere riconosciuti per quello che facciamo. Un conto è che sia volontariato un’altra è che sia il mio lavoro. Se ci fermassimo per una settimana le scuole per quella settimana si fermerebbero. E’ una ingiustizia”.
Ma voi siete formati per svolgere queste gravose attività?
“Noi ci formiamo con percorsi di autoformazione. Chiediamo dunque al Miur che istituisca delle piattaforme dedicate perché la formazione specifica per noi è importante”.
I sindacati cosa pensano delle vostre rivendicazioni?
“Li abbiamo sempre cercati, abbiamo chiesto attenzione. Loro guardano ai grandi numeri. Noi siamo 60.000. Vuole metterli al confronto con gli 800.000 insegnanti? Il numero è significativo, il ruolo è determinante, ma i sindacati non ci considerano. Neppure una parola c’è nemmeno nel documento dell’altra sera, diramato dopo l’incontro con il ministro che ha scongiurato lo sciopero. Proprio su quest’ultimo punto, i collaboratori dei dirigenti scolastici ed i responsabili di plesso iscritti ad Ancodis dichiarano la totale insoddisfazione per la permanente indifferenza registrata anche nel corso della proficua notte bianca: nei documenti ufficiali, infatti, non è stata data alcuna attenzione verso questa fondamentale e necessaria componente nella scuola italiana. E’ stata posta attenzione a tutte le figure operanti nel comparto scuola, tutte tranne quelle che, come le altre
ed a volte più delle altre, ne determinano il buon funzionamento organizzativo in contesti spesso fatiscenti o difficili: si pensi alle scuole in reggenza o di montagna o con molto plessi. Questa posizione meritocratica certamente condivisibile per quale motivo non si può estendere anche alle
altre figure determinanti e significative del comparto scuola? Perché un docente che assume oneri e responsabilità legate alla funzione di collaboratore del dirigente non deve avere la medesima prospettiva con l’istituzione del middle management scolastico quale terza area nel comparto scuola? Non possiamo più tacere il forte disagio per l’assenza della meritata attenzione al pari delle altre componenti. E se lo sciopero venisse confermato aderiremmo per rivendicare i punti della nostra piattaforma. Il tema è semplice: dobbiamo fare una innovazione culturale e contrattuale”.
Avete in mente specifiche forme di lotta?
“No, non siamo per fare lotte se non quella per essere presenti nel dibattito. Siamo professionisti, siamo legati al nostro senso di responsabilità”.