Sei favorevole al giudizio? Sei un buonista. Il voto numerico è più severo. Da che parte stai?
Ormai da mesi si è acuita la diatriba tra i sostenitori delle due fazioni, tra chi afferma che la valutazione numerica sia più comprensibile e chi sostiene, invece, che la valutazione descrittiva supporti meglio il processo di apprendimento.
Partiamo cercando di comprendere meglio cosa si intende per valutazione e quali siano le azioni da mettere in atto. Fermo restando che “Agli insegnanti competono la responsabilità della valutazione e la cura della documentazione, nonché la scelta dei relativi strumenti, nel quadro dei criteri deliberati dagli organi collegiali” (indicazioni Nazionali 2012), la valutazione è un aspetto che deve essere considerato all’interno della progettazione quale strumento di accompagnamento e finale di tutto il processo di insegnamento/apprendimento, sulla base dei comportamenti manifesti osservabili. In pratica valutare significa decidere quale sia il percorso da seguire per raggiungere l’obiettivo prefissato. Bisogna, quindi, partire dalla progettazione degli obiettivi di apprendimento, proseguire con l’identificazione delle attività da svolgere e infine strutturare il sistema di valutazione ritenuto più idoneo.
Valutazione formativa o sommativa?
Prima di approfondire gli aspetti legati ad una valutazione numerica o descrittiva, parlando di valutazione dobbiamo essere consapevoli che esistono diverse modalità, in particolare nella valutazione scolastica possiamo scegliere di adottare una valutazione formativa oppure una valutazione sommativa.
Quando parliamo di valutazione formativa, stiamo parlando di una valutazione qualitativa che accompagna, sostiene e migliora il percorso di apprendimento. Con questo tipo di valutazione l’insegnante monitora costantemente l’andamento degli apprendimenti dei propri allievi, identificando le eventuali azioni correttive da mettere in atto. In pratica la valutazione formativa monitora le competenze in possesso del singolo allievo durante le fasi di passaggio da un apprendimento all’altro.
Quando invece parliamo di valutazione sommativa, stiamo parlando di una valutazione quantitativa utilizzata per certificare una specifica prova. È uno strumento tradizionale che l’insegnante utilizza per misurare le prestazioni dello studente adoperando un benchmark standardizzato. Per fare ciò è necessario individuare gli errori e le mancanze di ogni allievo rispetto alla prova assegnata. Il voto cristallizza la prova, nel senso che valuta la singola prestazione, e nel tempo può restituire riscontri discordanti, oggi sei positivo e domani sei negativo a seconda del risultato ottenuto nella singola performance.
Perdere di vista l’obiettivo, ripartire dalla relazione nella valutazione.
Il fine della valutazione non è il voto, ma quello di riscontrare le competenze acquisite, sia nel caso della valutazione formativa che sommativa. Se perdiamo di vista questo obiettivo rischiamo di far passare il messaggio negli alunni che l’importanza sia l’acquisizione del voto, magari il più alto possibile. Questo comporta che l’alunno cercherà di adottare qualsiasi stratagemma utile per raggiungere l’obiettivo di un buon voto. Ciò comporta che la restituzione che avremo sarà una rappresentazione non veritiera delle competenze acquisite. Il docente non avrà un quadro reale della situazione della classe e di ogni singolo allievo, ma una situazione alterata dai sotterfugi adottati dagli allievi per raggiungere il voto più alto possibile, insomma, chi non ha mai provato a copiare durante un compito in classe o captare i suggerimenti dei compagni durante un’interrogazione? Inoltre il voto come obiettivo innesca la competizione all’interno della classe, che di per sé non è un male se finalizzato all’acquisizione di maggiori competenze, è un male se l’obiettivo è solo quello di prevalere sui compagni di classe e affermare la propria superiorità, insomma si crea una vera e propria dipendenza nei confronti del voto. La valutazione, invece, va costruita tenendo conto che è un atto relazionale che il docente costruisce con gli allievi e con cui comunica l’andamento del percorso per procedere, successivamente, ai correttivi necessari in modo efficace verso l’obiettivo. È un continuo scambio di informazioni che costruiscono un dialogo all’interno della valutazione che permette la costruzione di un modello di insegnamento/apprendimento dinamico e in continua evoluzione.
È bene tenere presente che l’apprendimento non è un processo lineare, è un processo complesso che richiede di monitorare quello che sta succedendo costantemente ed è proprio il monitoraggio l’azione che deve svolgere la valutazione.
Tutte queste valutazioni incidono fortemente sulla scelta da adottare tra valutazione numerica o descrittiva.
Il significato di un numero
Una valutazione numerica a primo acchito sembra più comprensibile, in particolare per famiglie e studenti, ma si tratta solo di un’illusione. Avere una scala di riferimento in decimi permette di collocare rapidamente il voto e dargli un significato positivo o negativo. Tutti sappiamo che un voto compreso tra 6 e 10 è un voto positivo, mentre il voto compreso tra 5 e 0 è un voto negativo, non c’è dubbio, ce lo dice anche il registro elettronico assegnando un colore specifico al voto, rosso per quelli negativi e verde per quelli positivi. Ma quello che non sappiamo è cosa ci indica quel voto, ovvero qual è il livello delle competenze acquisito. Facciamo un esempio, se durante una verifica mi viene assegnato un 7 ho ben chiaro che la verifica è andata abbastanza bene, tuttavia la prova non è stata svolta senza imperfezioni. Quello che quel 7 non mi dice è dove devo avviare un’azione di correzione per migliorare il mio percorso da discente, o meglio ciò può avvenire solo dopo che il docente abbia fatto seguire un approfondimento descrittivo al voto assegnato indicando i punti di forza e di debolezza riscontrati nella prova svolta. Inoltre, se adottiamo una valutazione formativa è importante esprimere una descrizione analitica, inserita all’interno di un giudizio sul livello di padronanza delle competenze che l’alunno ha raggiunto, e obiettivamente fare tutto ciò con il voto numerico è più complicato.
Il falso mito del buonismo
La valutazione formativa, che adotta principalmente il voto descrittivo, è accompagnata dal falso mito del buonismo. Per i difensori del voto numerico il semplice fatto di non poter assegnare un voto, soprattutto se negativo, è visto come un eccesso di tutela nei confronti del discente. Niente di più sbagliato, perché nella valutazione descrittiva vengono evidenziati oggettivamente le carenze dell’allievo rispetto agli obiettivi prefissati. Cambia, invece, la visione che sia l’allievo che il docente hanno della valutazione, non più vista come “sentenza”, come giudizio che mortifica, ma vista in maniera positiva, come strumento che evidenzia i correttivi da adottare per migliorare le proprie competenze e raggiungere obiettivi il più possibile vicini a quelli programmati. Abbiamo più volte detto che quella formativa è una valutazione che accompagna l’alunno, è proprio descrivendo in maniera precisa le mancanze che posso capire dove sta l’errore e aiutare l’alunno a correggerlo, senza per questo dover mortificare o umiliare l’allievo.
L’importanza di una valutazione descrittiva ben formulata
Utilizzare una valutazione descrittiva non vuol dire effettuare una valutazione formativa, per fare sì che una descrizione porti effettivamente alla costruzione di una valutazione formativa bisogna tener conto di adottare il linguaggio idoneo ad essere compreso dall’alunno, e perché no anche dalla famiglia, bisogna fornire gli elementi utili che portino alla comprensione del percorso di apprendimento e all’adozione dei correttivi utili per avvicinarsi agli obiettivi prefissati, indicando il percorso da affrontare. Insomma nella valutazione descrittiva oltre a dire all’alunno se la verifica è andata bene o male, devo dirgli cosa è riuscito a fare, dove prestare attenzione per migliorarsi e quali padronanze ha acquisito.
L’importanza dell’autovalutazione
Più che continuare a dibattere sull’efficacia del voto descrittivo rispetto al voto numerico, o viceversa a seconda dei punti di vista, sarebbe il caso di avviare una riflessione su un impiego più frequente dell’autovalutazione. L’autovalutazione è un aspetto importante del processo generale della valutazione, promuove una conoscenza più profonda di sé stessi e permette di capire quali siano i propri limiti e i propri punti di forza. Permette inoltre di adottare, fin da subito, i correttivi necessari al raggiungimento degli obiettivi formativi, senza la necessità di un intervento esterno. L’autovalutazione è un processo che precede l’azione del docente coinvolgendo maggiormente gli alunni nei processi di valutazione e rendendoli soggetti attivi nella valutazione e più consapevoli dei giudizi espressi dall’insegnante. Inoltre permette all’alunno di riflettere sulle attività messe in atto, sui propri sforzi, valutando la qualità delle proprie azioni. L’autovalutazione è un processo che va acquisito gradatamente, difficilmente si è in grado di valutarsi senza aver prima acquisito la consapevolezza in sé stessi.
Ovviamente l’analisi fatta fin qui non può essere considerata come esaustiva di un dibattito complesso e che va affrontato seriamente e senza arroccamenti nei propri pregiudizi. Vuole essere un contributo al dibattito offrendo degli spunti di discussione che parta da alcune evidenze che possono essere di aiuto nell’adozione di una valutazione descrittiva o numerica in maniera più consapevole, conoscendo i pro e i contro di ognuna di esse.