Vaccino anti Covid, nel 2022 tutti gli italiani faranno la terza dose. La previsione di Ricciardi
“L’anno prossimo tutti gli italiani faranno la terza dose di vaccino, non solo le persone più fragili e i sanitari”. A prevederlo è Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza e ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica di Roma, in un’intervista a ‘Il Messaggero’.
“A nove-dieci mesi dalla vaccinazione, una persona sana e in età non avanzata è ancora protetta”, dice Ricciardi. “È plausibile però che nel 2022 tutti dovranno fare un richiamo del vaccino anticovid”, aggiunge.
Quando dovremo fare la terza dose del vaccino anticovid? “Si sta procedendo per evidenze scientifiche – risponde Ricciardi – Quello che è certo è che la terza dose abbiamo cominciato a farla ai soggetti vulnerabili, perché si è visto che hanno una difesa immunitaria più debole. Poi tuteliamo anche i soggetti fragili per età, a maggior ragione se si trovano nelle residenze assistenziali. Infine, va protetto il personale sanitario. Abbiamo infatti osservato che, soprattutto negli operatori di una certa età, la protezione del vaccino sta diminuendo. Per quanto riguarda invece la popolazione generale, bisogna ancora aspettare. È presumibile però che a partire dal prossimo anno una dose di richiamo debba essere fatta da tutti, con una certa periodicità”.
Perché la terza dose al personale sanitario, giovani inclusi, verrà data comunque, mentre invece per tutti gli altri occorrerà aspettare nuove evidenze scientifiche? “Gli operatori sanitari sono maggiormente esposti al rischio rispetto agli altri e poi sono in media piuttosto anziani rispetto ai colleghi europei, per cui proteggendoli otteniamo due risultati: li tuteliamo come professionisti e come persone”, osserva.
Allora si potrebbe fare lo stesso discorso per altre categorie professionali che hanno a che fare con il pubblico. “Certo – aggiunge Ricciardi – Però di fatto proteggere chi lavora negli ospedali è doppiamente prezioso, salviamo la loro salute ma anche quella dei pazienti. Non dimentichiamo che, nel momento in cui aumentano i contagi tra medici e infermieri, i reparti si ritrovano sguarniti, non si possono assistere le persone, non ci si può occupare delle patologie. Questa categoria di lavoratori ha una priorità assoluta sugli altri. E poi, anche il personale esposto intensamente al pubblico non è sottoposto di certo ad un rischio comparabile a quello di chi deve curare i pazienti”.