“Una vera educazione richiede classi di 13-15 alunni per una relazione profonda tra docenti e ragazzi”, l’affondo di Galimberti: “Senza si creano individui ignoranti e stolti”

Prosegue in tutta Italia il tour di Umberto Galimberti con il suo spettacolo “Quando la vita era regolata dal cuore”. Un viaggio che tocca le emozioni e il loro ruolo nella società contemporanea, sempre più tecnologica e digitale, ma anche sempre più lontana dalla consapevolezza emotiva.
Per Galimberti, l’educazione non può limitarsi alla trasmissione di conoscenze, ma deve accompagnare i giovani nel loro sviluppo psicologico ed emotivo. “Educare significa seguire il ragazzo nei suoi processi di cambiamento, aiutandolo a comprendere le proprie emozioni e a navigare la complessità della vita”, ha affermato il filosofo.
Classi pollaio, studenti ignoranti e stolti: la scuola secondo Galimberti
Secondo Galimberti, una vera educazione richiede classi più piccole, composte da 13-15 alunni al massimo, per favorire una relazione più profonda tra docente e studenti. Le classi sovraffollate, concentrate solo sull’istruzione e non sulla crescita emotiva, generano una mancanza di risonanza emotiva che, a sua volta, diventa causa di diseducazione. In questo contesto, la scuola, anziché formare individui consapevoli, “sforna ignoranti e stolti, preferendo la quantità alla qualità dell’educazione”, ha dichiarato senza mezzi termini il filosofo.
La cultura come strumento di controllo sociale: l’allarme di Galimberti
Le nuove generazioni, private degli strumenti necessari per affrontare le sfide della vita, rischiano di essere manipolate. La cultura, invece di essere un’opportunità di crescita, diventa uno strumento di controllo sociale. “Se l’educazione non forma la consapevolezza emotiva e critica, la società perderà la capacità di ragionare autonomamente e di opporsi ai condizionamenti esterni”, conclude Galimberti.