Una scuola per la vita: oltre il rigore, verso l’autenticità. Lettera
Inviato da Simone Billeci – Con l’inizio del nuovo anno scolastico alle porte, le parole di Paolo Crepet, nel suo ultimo libro “Mordere il cielo”, risuonano come una provocazione necessaria: “Abbiamo bisogno di una scuola esigente, ma anche di una scuola che assomigli alla migliore vita possibile, quella delle pozzanghere e del sole”.
La riflessione ci invita a ripensare profondamente l’istituzione scolastica, il suo ruolo e le sue modalità operative. È giunto il momento di riflettere su cosa significhi veramente educare, andando oltre i confini del rigore formale per abbracciare una visione più umana e completa della scuola.
La scuola esigente: autorevolezza senza repressione
Quando Crepet parla di una “scuola esigente”, non si riferisce solo a un sistema che richiede alte prestazioni scolastiche, ma piuttosto a una scuola che impone standard elevati di crescita personale e intellettuale. Questa scuola esigente non è interessata a soffocare gli studenti con un controllo opprimente, né a ridurli a semplici numeri in un sistema di valutazione anonimo. Al contrario, è una scuola che esige la presenza di insegnanti autorevoli, figure capaci di ispirare rispetto attraverso la competenza e l’empatia, non attraverso la paura.
Crepet si scaglia contro la tendenza contemporanea di monitorare e controllare ossessivamente l’operato degli studenti e degli insegnanti. “Scuola senza genitori e controlli elettronici”, dice, suggerendo una liberazione da quel sistema di sorveglianza che rischia di trasformare la scuola in una sorta di carcere educativo. L’idea è quella di recuperare la fiducia nelle relazioni umane all’interno dell’ambiente scolastico, dove la presenza fisica e il dialogo tra studenti e insegnanti costituiscono il fulcro dell’esperienza educativa.
Le pozzanghere e il sole: il valore della vita quotidiana
Parallelamente al rigore, Crepet ci invita a considerare la scuola come un luogo che deve assomigliare alla “migliore vita possibile”. Cosa significa questo, se non una scuola che sappia integrare gli aspetti più semplici e autentici della vita quotidiana nel processo educativo? Le “pozzanghere e il sole” evocano immagini di libertà, gioco e spontaneità, elementi che spesso mancano nel sistema educativo tradizionale, focalizzato quasi esclusivamente sull’efficienza e sul risultato.
Una scuola che rifletta la vita deve essere un ambiente dove gli studenti possano esplorare, sbagliare, e crescere non solo attraverso i libri, ma anche attraverso esperienze che rispecchiano la realtà fuori dalle aule. Questo significa dare spazio all’apprendimento esperienziale, incoraggiare la creatività e permettere agli studenti di scoprire il mondo con i propri tempi e modi. Significa anche abbandonare l’idea che l’educazione si esaurisca nei confini rigidi di un programma scolastico, e invece promuovere un approccio che valorizzi la curiosità naturale e l’abilità di adattarsi e imparare in contesti diversi.
Verso una nuova visione della scuola
Il messaggio di Crepet, quindi, ci spinge a riconsiderare la scuola non solo come un luogo di formazione intellettuale, ma anche come un ambiente che deve preparare i giovani alla vita, in tutte le sue sfaccettature. Un’educazione veramente esigente è quella che non si accontenta di formare bravi studenti, ma si preoccupa di coltivare persone complete, capaci di affrontare le sfide della vita con saggezza, creatività e resilienza.
Questo richiede una rivoluzione nel modo in cui concepiamo il ruolo degli insegnanti. Essi devono essere più che semplici trasmettitori di conoscenze: devono essere guide, mentori e modelli di comportamento. L’autorità che esercitano deve derivare non dall’imposizione, ma dalla capacità di ispirare e sostenere i propri studenti nel loro percorso di crescita.
Un appello alla trasformazione
Con l’inizio del nuovo anno scolastico, è cruciale che genitori, insegnanti e studenti si fermino a riflettere su quale tipo di scuola vogliono costruire. La visione di Paolo Crepet ci esorta a immaginare una scuola che esiga il massimo dai suoi studenti, non solo in termini di risultati scolastici, ma anche di maturità e capacità di vivere una vita piena e significativa.
Abbandoniamo l’idea di una scuola fatta di controlli ossessivi e rigidità, e apriamoci a un modello educativo che sappia integrare rigore e gioia, serietà e leggerezza. Solo così potremo davvero preparare i giovani non solo a essere competenti professionisti, ma anche esseri umani completi e felici, pronti a “mordere il cielo” e a vivere pienamente la propria esistenza, con la stessa curiosità e meraviglia di un bambino che salta nelle pozzanghere sotto il sole.