Una pizza nata per punizione. Il riscatto di Thomas De Silvestri: dal 6 in condotta al percorso universitario

WhatsApp
Telegram

Thomas De Silvestri ha cominciato a impastare pizze per una forma di richiamo educativo. A 14 anni, dopo risultati scolastici poco brillanti, è stato “mandato” dal padre a lavorare in pizzeria: un’esperienza imposta non come avvio professionale, ma come correttivo. In pochi anni, quel gesto ha trasformato un adolescente disinteressato in un pizzaiolo capace di conquistare un riconoscimento al campionato mondiale della pizza e in uno studente universitario.

L’apprendimento non convenzionale come via di riscatto

Il percorso di Thomas dimostra come l’educazione formale non rappresenti l’unica strada possibile per la realizzazione personale. Il contatto diretto con il lavoro, il coinvolgimento fisico ed emotivo in un’attività concreta, la responsabilità quotidiana: tutti elementi che costituiscono una forma di apprendimento alternativo, ma non sostitutivo, spesso più efficace di quello trasmesso tra i banchi di scuola. Per alcuni giovani, è il gesto, il fare, il confronto con la realtà a riattivare la motivazione e il senso del proprio valore. La praticità e la manualità fungono, quindi, da potenti catalizzatori d’interesse per i giovani e costituiscono validi strumenti da associare ad un’educazione di stampo più tradizionale, come dimostra la storia di Thomas.

La famiglia come agente educativo attivo

Ma ad emergere non è solo la natura non convenzionale dell’esperienza educativa di Thomas, bensì il ruolo centrale della famiglia. Il padre di Thomas non ha assecondato una condizione di disimpegno, ma ha scelto di porre il figlio di fronte alle proprie responsabilità per non aver affrontato con diligenza il percorso scolastico. È una scelta che si distanzia da un modello familiare oggi diffuso, in cui i genitori spesso proteggono i figli, anche nei casi in cui sarebbe opportuno porre limiti o stimolare il confronto con le conseguenze delle proprie azioni. In molte situazioni, si osserva una tendenza dei genitori a difendere i propri figli anche quando questi hanno commesso errori evidenti: un’attitudine, questa, che può ostacolare lo sviluppo dell’autonomia e del senso di responsabilità nei giovani.

“A 15-16 anni non andavo bene a scuola , così i miei genitori hanno pensato di farmi passare le vacanze d’estate lavorando in pizzeria”, racconta il ragazzo in un’intervista rilasciata alla testata L’Arena. La frase è semplice, ma riporta in primo piano il valore educativo di una decisione familiare coerente, capace di generare trasformazione, presa di coscienza e consapevolezza delle proprie azioni. Se a questo si associa l’ingresso precoce nel mondo del lavoro sperimentato dal ragazzo, si comprende quanto una pizza punitiva, chiamata “6 in condotta”, si sia trasformata in un’occasione di crescita impareggiabile.

WhatsApp
Telegram

Offerta Riservata TFA 2025: Abilitazione all’insegnamento da € 1.400 con Mnemosine