Una classe su quattro fa didattica a distanza o “mista”, lo dice il Ministero. Anief: va bene ridurre le restrizioni, ma senza più discriminare gli alunni

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Si conferma non marginale il numero di alunni collocati in didattica a distanza: lo dicono i dati pubblicati il 4 febbraio dal ministero dell’Istruzione che ha monitorato il 78% delle scuole italiane – 6.360 istituti su 8.157 – nella settimana dal 24 al 29 gennaio.

Dalle rilevazioni svolte risulta che oltre 50mila classi, pari al 17,2% risultano in quarantena; a queste vanno aggiunte altre 42.749 classi con uno o più alunni posti in didattica digitale integrata, quindi costretti a seguire le lezioni da casa. Significa che quasi 95mila classi su 375.663 complessive, una su quattro, è costretta a svolgere attività didattica a distanza o “mista”.

 

È un dato che fa riflettere – ha commentato a caldo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, durante una trasmissione in diretta su Orizzonte Scuola tv – perché conferma che l’alto tasso di vaccinazione nella secondaria non salva gli studenti dai contagi: per evitare la diffusione del Covid bisogna invece agire sull’aumento degli spazi nelle classi, sulla riduzione del numero di alunni per classe e con il distanziamento. Questo non vuol dire che non è importante la vaccinazione: in Inghilterra è stata tolta, ma si continua a vaccinare la popolazione. E gli inglesi hanno meno contagi rispetto al nostro Paese”.

 

È arrivato il momento – ha continuato Pacifico – di affrontare questo virus in modo diverso: cominciamo a ridurre le restrizioni, ma senza discriminare gli alunni. Un ragazzo su quattro rischia di essere penalizzato per legge di Stato, che ha deciso di imporre la didattica a distanza, mente i tre quarti dei compagni assistono alle lezioni in presenza. Noi lotteremo sempre contro le diversità di trattamento, anche del personale scolastico”, ha concluso il presidente Anief.

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