Un miliardo agli statali in attesa del rinnovo del contratto. Pacifico (Anief): “I conti non tornano, spiego i motivi” NUOVA BOZZA Legge di Bilancio

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C’è una novità nella Legge di Bilancio per il prossimo rinnovo del contratto (2022-2024). Lo si evince dall’ultima bozza della Manovra 2023 visionata da Orizzonte Scuola. Nell’ultima bozza compare anche un miliardo per il comparto pubblico da destinare, in attesa del rinnovo del contratto, ad una una tantum per i dipendenti statali nel 2023. L’indennità è pari all’1,5% dello stipendio per le 13 mensilità.

Come sottolinea Il Sole 24 Ore, la copertura integrale dei nuovi contratti costerebbe al complesso della Pubblica amministrazione circa 16 miliardi. Questi sarebbero divisi fra Stato ed enti stessi, che si pagherebbero gli aumenti in autonomia. Si tratta di cifre molto ampie, che lo Stato poteva gestire in due modi: rinviare la soluzione del problema oppure stanziare una cifra iniziale simbolica, che però non avrebbe incontrato il favore dei sindacati. Quindi si è pensato a questa terza opzione – l’emolumento accessorio – che arriverà nei cedolini dei dipendenti pubblici dal 2023.

Ci potrebbero essere inoltre differenze fra i vari gradi di enti pubblici. In quelli regionali e locali, ma anche all’interno della sanità e nelle università lo straordinario verrebbe pagato dai bilanci degli enti stessi. Si tratta, spiega Il Sole 24 Ore, di un’analogia con l’indennità di vacanza contrattuale, pari al 5 per mille dello stipendio tabellare.

Cosa è previsto nella Manovra

Nell’ultima versione della manovra, il testo parla di un “emolumento accessorio una tantum” per oltre 3 milioni di lavoratori dello Stato e degli enti territoriali. Il testo spiega che per l’anno 2023, gli oneri posti a carico del bilancio statale per la contrattazione collettiva nazionale, sono aumentati di 1 miliardo da destinare all’erogazione, nel solo anno 2023, di un emolumento accessorio una tantum, da corrispondere per tredici mensilità.

Si tratterebbe di una novità rispetto alle tornate contrattuali degli anni passati. In genere il governo, quando deve prepararsi al rinnovo del pubblico impiego, inizia con uno stanziamento di fondi (piuttosto basso) nella Legge di Bilancio, per poi aumentarla l’anno successivo e, infine, per l’ultimo anno del triennio, quello nel quale la contrattazione entra nel vivo, finanzia la maggior parte delle risorse. Una volta firmato il contratto, quasi sempre oltre il consentito, lo Stato provvede a pagare gli arretrati. In questo caso, secondo quanto si evince dalla Bozza di Legge di Bilancio, il primo stanziamento per il contratto verrebbe immediatamente pagato ai dipendenti pubblici. Il problema però, è che normalmente i primi finanziamenti sono molto bassi. L’ipotesi, stando all’ultima bozza, sarebbe la disponibilità di risorse da destinare agli statali per circa un miliardo. Una cifra che permetterebbe un aumento di circa lo 1,5% delle retribuzioni. Pochi euro in più al mese in busta paga per dipendenti pubblici.

Pacifico (Anief): “Clamoroso buco nell’ultima bozza”

Il presidente di Anief, Marcello Pacifico, su Facebook rende nota una particolare situazione: “Nella legge di bilancio 2022 (legge 234/21), quando a settembre nella NADEF era previsto un TIP del + 1,5%, si decise al comma 609 dell’art. 1, di finanziare l’IVC da aprile 2022 con un +0,3% e da luglio 2022 con un +0,5% dello stipendio tabellare. Ad aprile 2022, il TIP era stato aggiornato a +5,4% e a settembre 2022 sempre per l’anno 2022 a +7,1%, mentre per l’anno 2023 la NADEF lo stima a un +4,3%. Pertanto, ad oggi, mancano 6 miliardi al netto di 1 miliardo stanziato per aggiornare l’aumento dell’IVC come prevede la normativa vigente al 50% del TIP, soluzione foriera di contenzioso”.

E ancora: “Rispetto al tasso del +7,1% di inflazione programmata (aggiornato con la NADEF a settembre) per il 2022 e al +4,3% per il 2023, complessivamente a decorrere dal giugno scorso, per 3,5 milioni di dipendenti pubblici (tra cui 1,5 mln del comparto istruzione e ricerca), dovrebbero scattare adeguamenti automatici di stipendi per coprire la IVC in media del 3% per l’anno in corso e del 2% per l’anno successivo: costo 7 miliardi rispetto al miliardo stanziato nell’ultima bozza. La norma attuale, infatti, prevede l’erogazione della Indennità di vacanza contrattuale (IVC) al 50% del Tasso di inflazione programmata (TIP), sei mesi dopo la scadenza degli ultimi contratti validi per il triennio scorso 2019/2021 (nella scuola c’è ancora l’IPOTESI), per i quali a fronte di aumenti del 4,2%, i Governi Conte 1, Conte 2 e Draghi hanno stanziato 6 miliardi di euro. Se per il Sole24ore mancano 16 miliardi per il rinnovo dei Contratti per il triennio 2022/2024, dall’abolizione della scala mobile, e fermo restando il blocco dell’IVC per il periodo 2009/2015, si tratterebbe di fatto di un nuovo blocco surrettizio dell’indennità di vacanza contrattuale per i dipendenti pubblici, dai dubbi di forte costituzionalità. I conti non tornano per Anief e se confermati nel testo trasmesso al Parlamento certificherebbero un clamoroso buco di bilancio”.

Poi aggiunge: “Secondo la relazione tecnica, con i decreti-legge n. 73 del 2021 e nn. 36 e 115 del 2022, è stata già avviata la citata riforma volta a perseguire le seguenti finalità richieste dalla UE: la tempestiva nomina del personale docente per l’anno scolastico 2021/2022; la semplificazione delle procedure concorsuali; l’immissione in ruolo del medesimo personale; la formazione, l’abilitazione e l’accesso in ruolo dei docenti; la previsione, per gli insegnanti di ruolo, di forme di premialità e progressioni di carriera. Rispetto a quanto dichiarato, Anief precisa come gli obiettivi siano tanto lontani dall’esser raggiunti, anzi: il personale supplente è stato nominato ad autunno inoltrato con un balletto delle supplenze dovuto a un algoritmo impazzito; si è toccato il record di mancate immissioni in ruolo rispetto al numero autorizzato di precari; da due anni è bloccato il corso concorso abilitante cui avevano chiesto di partecipare migliaia di insegnanti pagando una tassa di iscrizione; le forme di premialità riguardano una minima quota di insegnanti con discutibili criteri che saranno in deroga individuati dal ministero e il middle management è in alto mare”.

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