Un libretto-manifesto per il futuro della scuola: ecco i punti chiave di DemA
DemA Scuola – Come gruppo demA Scuola, lo avevo già anticipato ad alcuni, stiamo lavorando a un progetto editoriale collettivo che possa sfociare in un libretto-manifesto per il futuro della scuola a partire da quel che non va (o da quel che non è andato finora) e senza peli sulla lingua. Così, in una nota, Massimo Arcangeli, portavoce del gruppo demA Scuola.
Di seguito il progetto, che vi chiedo di diffondere, aperto alla collaborazione di chi abbia competenze per occuparsi dei temi indicati voce per voce. La lista degli argomenti è ovviamente provvisoria, e vi sarei grato se aveste suggerimenti per migliorarla (anche integrandola).
La sfida più delicata da raccogliere, per una scuola al passo coi tempi, è riuscire ad armonizzare le esigenze dei singoli col bene comune, mirando al raggiungimento di un sostanziale equilibrio tra la valorizzazione delle “differenze” e il riconoscimento dell’importanza di una risposta compatta alle aspettative di una società sempre più complessa e frammentata al suo interno. Una risposta che sia il frutto di una piena unità d’intenti tra i diversi soggetti coinvolti: gli insegnanti, i dirigenti scolastici, il personale ATA, gli studenti e le loro famiglie.
La lista delle parole, delle espressioni, delle frasi chiave per una riforma scolastica volta al conseguimento di questo e altri fondamentali obiettivi dovrebbe comprendere:
- la “dignità e il diritto al lavoro e allo studio”, la “trasparenza” (procedurale e amministrativa); le “risorse da destinare alla scuola pubblica”.
- la “sperimentazione didattica” (non estemporanea ma di lungo periodo) e l’aggiornamento permanente;
- la “sburocratizzazione” e la “stabilizzazione” (per un riassorbimento responsabile, attraverso gli strumenti più idonei, di un precariato cronico che ha raggiunto livelli non tollerabili, per giunta in aperto dispregio delle normative comunitarie in materia di diritto al lavoro);
- l’inclusione, la non discriminazione, l’educazione a una cittadinanza attiva e responsabile,
- il recupero di una cultura delle conoscenze, con la revisione, la reindirizzazione, l’integrazione dell’asettica misurazione di competenze “oggettive” tarate con sempre maggiore distacco dalla realtà nelle prove Invalsi;
- le “didattiche speciali” (per il raggiungimento degli obiettivi formativi e degli apprendimenti dei più fragili) e l’accessibilità (ai mezzi e ai saperi), purché non sia complice del semplicismo, dell’assenza di argomentazione e di ragionamento, della rinuncia alla storia e allo studio del passato;
- la “multimedialità” e il “nomadismo digitale” (da ripensare a fondo, dopo i ripetuti fallimenti della DAD nei modi in cui si è perlopiù realizzata in tempi di pandemia);
- la “transdisciplinarità” (per il superamento di ottiche interdisciplinari o multidisciplinari ormai datate) e le “intersezioni strutturali” fra le diverse discipline di studio;
- la “condivisione”, la “partecipazione” (da praticare nel mondo reale, prima ancora che sui social), la “maturazione di un’alfabetizzazione emotiva” sempre più centrale nella percezione e nella pratica sociale;
- l’interdipendenza e la “reticolarità” tra domini esperienziali, approcci culturali, ecc., per la solida costruzione di una mappa di saperi orizzontali in grado di reagire proficuamente con quelli verticali (storici).