Umberto Galimberti: “I giovani vivono per registrare, non per sperimentare. I media non raccontano più la realtà, ma la costruiscono. Cosa resta dell’esperienza autentica nel mondo dei social?”

Durante la trasmissione “La Torre di Babele” su La7, il filosofo Umberto Galimberti ha offerto una riflessione critica sul rapporto tra giovani, realtà e comunicazione nell’epoca dei media digitali.
Secondo Galimberti, i media e i social non forniscono un’esperienza diretta del mondo, ma solo la sua rappresentazione, una versione filtrata e spesso distante dalla realtà. “I media non ci danno l’esperienza del mondo, ma la sua rappresentazione, che lascia fuori la realtà”, ha affermato, sottolineando come la narrazione online sia spesso modellata su desideri, emozioni e pulsioni personali, piuttosto che su un resoconto oggettivo dei fatti.
La costruzione dei fatti e il ruolo dei social
Galimberti ha evidenziato come la comunicazione contemporanea sia dominata dalla costruzione dei fatti più che dal loro semplice resoconto. “Non abbiamo più media che fanno il resoconto dei fatti, ma media che fanno la costruzione dei fatti”, ha spiegato, precisando che non si tratta di inventare, ma di attribuire rilevanza solo a ciò che viene trasmesso. In questo contesto, la realtà rischia di essere oscurata dalla sua rappresentazione, mentre i social network amplificano il fenomeno: “Nei social ciascuno racconta il mondo come gli piacerebbe che fosse, spesso senza riflettere, ma esprimendo emozioni e pulsioni che generano messaggi da cui sarebbe meglio difendersi”.
Giovani e comunicazione: l’azione per la registrazione
Il filosofo ha infine posto l’accento su una trasformazione profonda nel comportamento dei giovani, sempre più orientati a compiere azioni per poterle registrare e condividere. “Siamo arrivati al punto che i giovani compiono dei fatti solo per poterli trasmettere, per poterli registrare”, ha osservato Galimberti, sottolineando come la visualizzazione e la condivisione abbiano assunto un valore superiore rispetto all’esperienza reale. Diventa sempre più difficile distinguere la realtà dalla sua rappresentazione, con il rischio di perdere il contatto con il mondo autentico e con le possibilità di futuro e speranza.
Effetti psicologici dei social media sui giovani
L’impatto psicologico dei social media sui giovani rappresenta oggi uno dei temi più dibattuti in ambito educativo e sociale. Le piattaforme digitali, nate come strumenti di connessione e condivisione, sono diventate veri e propri ambienti di costruzione dell’identità, soprattutto per gli adolescenti. L’esposizione costante a immagini, video e storie di coetanei o influencer può generare un confronto continuo e spesso impari, alimentando insicurezze e ansie legate all’aspetto fisico, al successo personale o alla popolarità.
La ricerca di approvazione attraverso like, commenti e visualizzazioni rischia di trasformarsi in una dipendenza emotiva, con effetti negativi sull’autostima e sulla percezione di sé. Inoltre, la pressione a mostrarsi sempre felici, realizzati e “vincenti” può portare a una rappresentazione distorta della realtà, in cui le fragilità e le difficoltà vengono nascoste o minimizzate. Il rischio di isolamento sociale, cyberbullismo e disagio psicologico cresce, rendendo necessario un accompagnamento educativo che aiuti i giovani a distinguere tra ciò che appare online e ciò che si vive realmente.
La differenza tra informazione, narrazione e costruzione della realtà
La differenza tra informazione, narrazione e costruzione della realtà è un altro nodo cruciale nell’analisi del rapporto tra media e società. Tradizionalmente, il compito del giornalismo era quello di offrire un resoconto fedele e oggettivo dei fatti, permettendo ai cittadini di formarsi un’opinione informata.
Oggi, però, la linea di confine tra cronaca e narrazione si è fatta sempre più sottile: i media, per attirare l’attenzione e coinvolgere il pubblico, tendono a privilegiare lo storytelling, ovvero la costruzione di storie che emozionano e coinvolgono, ma che spesso selezionano e interpretano i fatti secondo logiche di audience e visibilità.
In questo scenario, la realtà rischia di essere filtrata, semplificata o addirittura distorta, con il pericolo che la rappresentazione mediatica prenda il sopravvento sull’esperienza diretta. La costruzione della realtà attraverso i media non significa necessariamente inventare, ma scegliere cosa mostrare, come raccontarlo e quali aspetti enfatizzare, influenzando così la percezione collettiva degli eventi.
Per tale motivo, diventa fondamentale sviluppare nei giovani – e non solo – una consapevolezza critica che permetta di riconoscere le differenze tra informazione, narrazione e costruzione, e di orientarsi in modo autonomo nel complesso panorama mediatico contemporaneo.