“Tutti in presenza”, uno slogan che rischia di farci dimenticare i crolli

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“Tutti in presenza”, La Ministra e non solo lo ripetono ogni giorno. Si rischia di dimenticare che la presenza in sicurezza non è riferibile solo a quella sanitaria. Il rapporto Cittadinanza attiva arrivato alla diciottesima edizione  ce lo ricorda. I massmedia però ne hanno parlato poco.

“Tutti in presenza” lo slogan pigliatutto

“Tutti in presenza”, ormai il sistema scuola sembra avere un solo profilo, assimilato all’accesso formale al sistema scolastico in sicurezza sanitaria . Il riferimento costituzionale è l’art.34 “La scuola è aperta a tutti“. Il comma riassume perfettamente la concezione liberale sulla scuola che ha caratterizzato una buona parte della storia dell’istruzione. Il periodo di riferimento è la Legge Casati (1859) fino ad arrivare al termine degli anni ’60 (Contestazione ’68, D. Milani…). In sintesi l’impegno della scuola si limitava a costruire scuole, a fornire libri e altri sussidi ed oggi ad assicurare la sicurezza sanitaria per garantire la presenza dei ragazzi.  
La chiusura di tutte le scuole tra marzo e giugno, non poteva essere confermata dopo la pausa estiva. L’attuale stato di emergenza richiesto e ottenuto dal Presidente G. Conte, non è assimilabile alla situazione di qualche mese fa, quando il virus ci colse di sorpresa (aumento significativo ed esponenziale dei contagi, delle terapie intensive e dei morti).
Siamo entrati in una nuova fase (maggiore conoscenza del virus) dove dobbiamo cercare di convivere con Covid-19 in attesa del vaccino risolutore (sarà così?).
Quindi le scuole dovevano essere riaperte per diversi motivi: concludere l’uscita dalla fase d’emergenza, far riprendere ai ragazzi il percorso formatico e relazionale che solo la scuola in presenza può garantire.
Ora tutta quest’operazione sintetizzata in espressioni quali “la scuola riapre“, “i ragazzi devono essere tutti in presenza” sta polarizzando  l’attenzione del mondo politico, intelletuale ed economico, riducendo i problemi della scuola all’individuazione di soluzioni soprattutto di tipo sanitario  che garantiscano la presenza fisica dei ragazzi. Quindi grande enfasi  ai banchi monoposto, alle mascherine, ai distanziamenti e ai protocoli sanitari. In altri termini, si tende a replicare nella società postmoderna, iperconnessa e liquida lo schema che è importante far frequentare i ragazzi perchè la scuola è stata messa in sicurezza come un ospedale. Purtropppo, si sta replicando nella scuola la stessa disattenzione riscontrabile nel sistema sanitario: grande attenzione verso tutto quello che afferisce il Covid, meno ad altre patologie anche gravi che affliggono tante persone.

Il rapporto Cittadinanza Attiva, ricorda che la sicurezza non è solo sanitaria.

Anche quest’anno, ritenuto da molti horribilis, Cittadinanzattiva ha pubblicato il suo rapporto (20 novembre 2020). Il grande merito di questo report analitico è di ricordarci che la sicurezza non può ridursi a un fattore sanitario, ma riguarda anche quella fisica che può essere compromessa da crolli o cedimenti di parti dell’aula o della scuola. Tale diritto è ascrivibile all’art. 35 della Costituzione (l’attuale giusprudenza assimila lo studente al profilo di lavoratore) “la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni” e in più generale all’art. 32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo” . Per essere applicati entrambi impegnano la Repubblica a promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto (art. 4 Costituzione).

Il rapporto ha avuto scarso eco sulla stampa e nessun dibattito televisivo. A riprova del fatto che si considera marginale, secondario rispetto alla grande emergenza sanitaria. Molto esplicita la dichiarazione di Adriana Bizzarri (coordinatrice nazionale di Cittadinanza Attiva: “La crisi pandemica non può far passare in secondo piano i problemi annosi della scuola: edilizia, digitalizzazione, qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, dispersione, estensione dei servizi della fascia 0-6.  “Riguardo all’edilizia entro il prossimo biennio occorre intervenire a tappeto con le indagini diagnostiche di soffitti e solai e relativi interventi, stanziando 150 mln di euro all’anno per scongiurare tragedie e danni provocati dai troppi ed incontrollabili episodi di crollo; è necessario prorogare i poteri commissariali a Sindaci e Presidenti di Provincia perché accelerino gli interventi con i fondi a disposizione, visti i ritardi nel loro utilizzo; è indispensabile puntare su adeguamento sismico-efficientamento energetico degli edifici in zone sismiche a rischio elevato e, ove non sia possibile né conveniente, costruire nuovi edifici con criteri innovativi, come nelle zone colpite”.

Qualche giorno  Orizzontescuola.it ha pubblicato una breve sintesi di questo rapporto
50 fra episodi di crolli, distacchi di intonaco, caduta di finestre, muri di recinzione ed alberi in prossimità delle scuole… 17.343 scuole (il 43% dei 40.160 istituti scolastici italiani) sono situate in zone a rischio sismico elevato (zona 1 e 2), zone in cui vivono 4 milioni e 300mila bambini e ragazzi. Di queste scuole, 4.176 hanno inoltrato richieste di finanziamento al Ministero dell’Istruzione per effettuare verifiche di vulnerabilità sismica, ma le indagini finanziate sono 1.564 a fronte di 2.612 non finanziate (oltre il 60%) per mancanza di fondi”

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