Tre mesi di vacanze sono troppo lunghi? Pedagoghi e sociologi a confronto

I tre mesi di vacanza fra la fine di un anno scolastico e l’inizio di quello nuovo sono un periodo troppo lungo o giusto per staccare la spina?
Sul tema hanno dato una risposta differente una sociologa e un pedagogo, entrami di nota fama, esaminando la situazione da due punti di vista non paragonabili fra loro che però portano a una conclusione contrapposta.
L’aspetto sociologico
La sociologa, Chiara Saraceno, ha affrontato la situazione in una chiave di contesto sociale mutato rispetto al passato. Il cambiamento registrato nella vita familiare non si è registrato nell’organizzazione della durata dell’anno scolastico. Tutto è ancora impostato sull’idea ormai remota che “le mamme stanno a casa e le nonne sono sempre disponibili“.
Chiara Saraceno non entra nel merito dell’effetto sui bambini di fruire di vacanze così lunghe, nonostante questo le venga attribuito e nonostante si sia attirata per sua stessa ammissione “le ostilità degli insegnanti, che sono prevalentemente donne“. Secondo la sociologa, esperta di famiglia, non è in discussione il periodo di vacanza, ma come questo viene ripartito. Come spiega meglio, “Il punto non è fare meno vacanze ma organizzarle in maniera diversa: bisognerebbe farle più spezzettate, come succede in altri Paesi, evitando un’interruzione così lunga“.
L’aspetto pedagogico
Per il pedagogo Ernesto Sarracino, invece, bisogna guardare al benessere del bambino. Tre mesi di vacanza ci stanno tutti per far staccare la spina anche agli studenti giovani, i quali – proprio in virtù della loro età – una volta tornati in aula, sono in grado benissimo di riprendere il ritmo. Semmai si scaglia contro i genitori sempre pronti a caricare di aspettative i propri figli, chiedendo loro una ripresa immediata e positiva. In un’intervista a Setteserequi.it ha affermato “Oggi vedo genitori caricare i figli di ansie e stress e vivere la scuola con aspettative troppo alte. Dall’altro lato c’è una situazione scolastica che, non certo per colpa degli insegnanti, fatica a far vivere agli alunni il piacere di imparare“.
Secondo il pedagogo si potrebbe benissimo fare a meno anche dei compiti delle vacanze o dei compiti a casa, ma per raggiungere questo obiettivo la scuola dovrebbe funzionare meglio. Se la prende anche con il sistema della continua verifica a scapito dell’aspetto ludico. “Quando si consiglia un libro da leggere, lo si dovrebbe fare per avvicinare i bambini alla lettura, senza pretendere una restituzione scritta di ciò che hanno letto. Quando si carica l’apprendimento di imposizioni, non sempre si fa il bene dei più piccoli“. Afferma più esplicitamente il concetto nella frase successiva, in cui sostiene che alla scuola manca “L’idea del divertimento, l’idea che si impara se si ama ciò che si fa. Il punto è che senza una formazione e un sostegno in tal senso, per gli insegnanti è difficile portare avanti una scuola del genere“.
La sintesi
Un punto accomuna l’opinione dei due esperti: entrambi chiedono un cambiamento nel sistema scolastico che stravolgerebbe l’attuale struttura con tutto ciò che ne potrebbe conseguire in termini di risorse umane ed economiche.