Trappola educativa: chi studia poco trova lavori peggiori e il divario Nord-Sud si allarga. I dati di Openpolis

L’istruzione rappresenta uno dei principali fattori di protezione contro la disoccupazione e la precarietà. I dati più recenti mostrano infatti che proseguire gli studi consente ai giovani di avere maggiori possibilità di inserimento nel mondo del lavoro.
Come riportato da Openpolis, tra i 18-24enni che abbandonano precocemente la scuola, il tasso di occupazione si attesta appena al 44,4%, contro il 60,5% di chi almeno ha conseguito il diploma.
Il livello di istruzione si conferma quindi una variabile strategica: al crescere del titolo di studio aumentano le chance di trovare un impiego stabile. Questo effetto è ancora più rilevante in un mercato del lavoro caratterizzato da cambiamenti tecnologici continui, dove le competenze richieste sono in rapida evoluzione. Non solo: la formazione scolastica consente di acquisire quelle capacità trasversali – pensiero critico, problem solving, competenze digitali – sempre più richieste in tutti i settori.
L’istruzione come strumento per contrastare la povertà educativa
Non tutti, però, partono dallo stesso punto di partenza. In Italia la probabilità di proseguire gli studi è fortemente condizionata dal contesto familiare. I figli di laureati hanno molte più possibilità di laurearsi a loro volta rispetto a chi proviene da famiglie con basso livello di istruzione.
Questa situazione crea una “trappola della povertà educativa”: chi nasce in un ambiente svantaggiato rischia di vedere limitate fin da piccolo le proprie opportunità formative, con ripercussioni dirette sulla sua futura condizione economica e sociale. Il rischio è che le disuguaglianze si trasmettano di generazione in generazione, alimentando un circolo vizioso che rende la mobilità sociale sempre più difficile.
Contrastare questo fenomeno richiede politiche mirate a garantire a tutti l’accesso a un’istruzione di qualità, indipendentemente dalle condizioni socioeconomiche di partenza.
L’impatto del livello di istruzione sulla qualità del lavoro
Non basta avere un lavoro: anche la qualità dell’occupazione è fortemente influenzata dal livello di istruzione. I dati mostrano che i giovani con titoli di studio più bassi (licenza media o diploma) sono più frequentemente impiegati con contratti di lavoro part-time involontario, ovvero lavorano meno ore di quelle che desidererebbero.
Con solo la licenza media, quasi 3 giovani su 4 tra coloro che lavorano part-time lo fanno perché costretti, e non per scelta personale.
Tra i diplomati la situazione migliora leggermente, mentre tra i laureati solo il 14,7% lavora part-time e, in questi casi, spesso si tratta di una scelta volontaria.
Questo fenomeno incide sulla stabilità economica e sulle possibilità di crescita professionale, dimostrando che proseguire negli studi non solo aumenta le probabilità di occupazione, ma migliora anche la qualità del lavoro accessibile.
Le disparità territoriali: Nord e Sud a confronto
Oltre al titolo di studio, la variabile geografica gioca un ruolo fondamentale. In Italia, il divario tra Nord e Sud resta ancora molto marcato:
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nel Nord Italia, i laureati tra i 25 e i 34 anni hanno un tasso di occupazione superiore all’80%.
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nel Mezzogiorno, invece, il tasso si ferma al 58%, nonostante i miglioramenti registrati negli ultimi anni.
Le città con i più alti livelli di occupazione coincidono spesso con quelle con la maggiore incidenza di diplomati e laureati. Al contrario, i capoluoghi con più alta percentuale di residenti con solo la licenza media sono anche quelli con i tassi di occupazione più bassi.
Questi dati confermano come l’istruzione sia un potente motore di sviluppo territoriale: investire nell’educazione delle nuove generazioni significa rafforzare il tessuto economico e sociale di intere aree del Paese, riducendo divari storici che penalizzano il Sud.