Tra Invalsi, educazione civica e inclusione, dove va la scuola italiana? Lettera

Mario Bocola – Il filologo Luciano Canfora è di parere contrario circa lo svolgimento delle prove Invalsi perché “sono una mostruosità che non premiano chi ha spirito critico” e chi ha un po’ di memoria, non fanno emergere il pensiero critico né tantomeno consentono di avere una metrica sull’andamento della scuola italiana.
Del resto i docenti ripetono e sostengono da anni che esiste un totale scollamento tra ciò che emerge dalle Invalsi e ciò che si vive nella scuola tutti i giorni. Poi ‘è la questione legata all’educazione civica, una disciplina che oggi si insegna trasversalmente che, tuttavia, ha bisogno di essere indirizzata verso un’educazione al rispetto, alla civica convivenza, non su
tematiche molto generiche.
Purtroppo la realtà scolastica e sociale è profondamente mutata e proprio le ore di educazione civica devono essere improntate soltanto ad insegnare ai ragazzi il rispetto verso l’altro, i rischi del bullismo e del cyberbullismo con l’aiuto dello psicologo.
Questi temi sono di carattere emergenziale e l’insegnamento dell’educazione civica è veramente utile. Si parla di scuola inclusiva, del fatto che gli alunni non devono rimanere indietro, che tutti devono essere aiutati etc, etc. Ma a furia di discorrere di scuola che include e che tenta di recuperare in tutti i modi l’alunno svogliato, stiamo perdendo di vista la valorizzazione delle eccellenze scolastiche, che rischiano di essere lasciati al proprio destino. La scuola, è vero, deve essere inclusiva, deve adottare percorsi didattici che favoriscano il successo formativo dell’alunno e ne completino la sua piena realizzazione.
Ma con quali strumenti se questa istituzione ha ormai le armi spuntate e sembra una nave che naviga in mari burrascosi? Molta letteratura pedagogica parla di didattica inclusiva, ma molti non conoscono a fondo la realtà della scuola e il clima che si vive oggi tra le mura scolastiche. Purtroppo dobbiamo renderci conto che il trincerarsi a tutti i costi dietro il concetto della inclusività non sta portando da nessuna parte.
Si sta costruendo una scuola che non forma più, una scuola che bada poco alle conoscenze e si riempie la bocca con la didattica delle competenze a prescindere dalle conoscenze.
E come dire: hai la competenza di zappare la terra, ma non sai perché la stai zappando. Non tutti sono portati per lo studio ma tutti devono dare il massimo per raggiungere un obiettivo. Sarebbe il caso di avviare gli alunni con difficoltà nello studio in apposite scuole professionalizzanti, in cui devono imparare un mestiere artigianale.
Un tempo esistevano le scuole di Avviamento per coloro i quali non volevano continuare gli studi e si pensa che oggi andare a rispolverare le scuole di Avviamento dove gli alunni devono applicarsi e studiare solo discipline pratiche in cui si utilizzano gli arti superiori (le mani) sarebbe una cosa sacrosanta e permetterebbe agli alunni volenterosi e capaci di studiare e seguire le lezioni con tranquillità.
L’obbligo scolastico che le leggi del sistema nazionale d’Istruzione vogliono addirittura portare al diciottesimo anno non è più praticabile, È necessario riportare l’obbligo scolastico massimo fino alla scuola primaria perché l’alunno svogliato, indisciplinato deve seguire percorsi didattici diversi che gli permettono di esprimere al meglio le sue potenzialità, senza essere costretto a stare cinque ore seduto nel banco.