Titolo conseguito in altro paese UE, docente presenza istanza su piattaforma, Ministero non risponde: arriva condanna e commissario ad acta

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Il TAR (Sez. III Bis, n. 534 dell’11 gennaio 2024) ha dichiarato illegittimo il silenzio serbato sull’istanza presentata da una docente in via telematica sulla piattaforma dedicata del MIUR (Riconoscimento Professione Docente), accertando l’obbligo di provvedere in relazione alla medesima istanza adottando un provvedimento espresso.

L’inadempimento del Ministero

Una donna si è rivolta al TAR per il Lazio richiedendo di accertare l’inadempimento del Ministero in ordine all’istanza di riconoscimento del titolo conseguito dalla stessa in un altro paese UE. L’oggetto del giudizio è stato quindi rappresentato dalla mancata risposta all’istanza proposta dalla ricorrente e diretta al Ministero dell’Istruzione e del Merito al fine di ottenere il riconoscimento di un titolo conseguito all’estero.

Quando rileva il silenzio

Elementi necessari e sufficienti per ritenere la sussistenza di un silenzio rilevante ai fini dell’adozione dei provvedimenti in oggetto sono rappresentati dalla sussistenza di un obbligo di provvedere a fronte di un’istanza di un privato e dalla scadenza del relativo termine. Nel caso di specie, tali presupposti sono stati riconosciuti integrati considerando che:

  • il termine generale previsto dalla legge n. 241 del 1990 è risultato inutilmente decorso;
  • la ricorrente è titolare di una situazione giuridica soggettiva legittimante a ottenere un provvedimento.

Inoltre, era decorso pure il termine specifico fissato in materia dal d.lgs. n. 206/2007, dove:

  • l’art.16, c. 6, stabilisce che “Sul riconoscimento provvede l’autorità competente con proprio provvedimento, da adottarsi nel termine di tre mesi dalla presentazione della documentazione completa da parte dell’interessato”,
  • il c. 2 dello stesso articolo statuisce che “Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1 l’autorità accerta la completezza della documentazione esibita, e ne dà notizia all’interessato. Ove necessario, l’Autorità competente richiede le eventuali necessarie integrazioni”, conseguendone che il termine complessivo entro il quale l’Amministrazione deve emettere il provvedimento conclusivo del procedimento può approdare, al massimo, a quattro mesi, in caso di richiesta, contemplata dal predetto comma 2, delle eventuali necessarie integrazioni.

Nomina del Commissario ad Acta

Dagli atti del giudizio è infatti risultato che la pubblica amministrazione è rimasta inerte rispetto all’obbligo di provvedere alla richiesta formulata dalla donna ricorrente, con la conseguenza che l’amministrazione resistente ha l’obbligo di adottare il provvedimento in oggetto e che, in difetto, deve provvedere un commissario ad acta. Il Tar lo ha nominato nella persona del Direttore generale del Ministero preposto alla Direzione generale competente per la materia oggetto del contenzioso in parola, che, senza facoltà di delega e senza compenso, dovrà provvederà nel termine di 120 giorni, decorrente dalla scadenza del termine attribuito all’amministrazione.

I principi UE

Il TAR ha inoltre specificato che sia l’amministrazione che il commissario ad acta dovranno conformarsi ai principi eurounitari di ragionevolezza e proporzionalità (Corte di Giustizia UE sentenza 6 dicembre 2018, causa C-675/17; sentenza 7 maggio 1991, causa C-340/89; sentenza 13 novembre 2003, causa C-313/01), nonché a quelli enunziati dalle sentenze della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (nn. 18, 19, 20, 21 e 22 del 28-29 dicembre 2022) che hanno definito la questione.

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