TFR, per docenti e Ata i tempi di attesa sono superiori ai due anni. La Consulta pone le basi per una revisione del sistema di liquidazione

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La Consulta, con sentenza numero 100 del 2023, ha dichiarato illegittimo il differimento nel pagamento del Trattamento di Fine Rapporto (Tfr) nella scuola, mettendo fine a tempi d’attesa che potevano superare i due anni. La decisione getta nuova luce sulla questione, sollevando l’urgenza di un intervento legislativo.

Nel dettaglio, l’atto che regolava il pagamento del Tfr, secondo l’art. 1, commi 484 della legge n. 147 del 27 dicembre 2013, faceva sì che i docenti ricevessero la somma spettante a seconda dell’importo totale da liquidare. Tuttavia, la Corte Costituzionale ha ritenuto che l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa violasse il principio costituzionale della giusta retribuzione.

Il pagamento dilazionato, che poteva essere erogato in rate annuali da 20mila euro, causava grandi disagi ai dipendenti scolastici, in particolare quelli che avevano anticipato il pensionamento. Tuttavia, con l’entrata in vigore del Decreto Legge n. 4 del 28 gennaio 2019, i dipendenti pubblici potevano richiedere un anticipo del Tfr, fino a un massimo di 45 mila euro, a specifiche banche aderenti all’accordo ABI-Ministeri.

Nonostante ciò, i tempi di liquidazione erano ancora eccessivamente lunghi. La Corte ha quindi invitato il legislatore a muovere progressivamente il differimento del pagamento, rispettando i principi di adeguatezza della retribuzione, ragionevolezza e proporzionalità.

Inoltre, dal 10 febbraio 2023, coloro che sono iscritti alla Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e che hanno diritto a una prestazione di Tfs non ancora integralmente erogata, possono richiedere all’Inps l’anticipazione per l’intero ammontare maturato.

Come segnala Italia Oggi, La sentenza della Consulta pone così le basi per una revisione del sistema di liquidazione. Gli insegnanti, che costituiscono il gruppo più numeroso di lavoratori pubblici, potrebbero vedere una rivalutazione dei propri diritti. È ora necessario che il governo trovi la strada per eliminare i meccanismi dilatori attuali, affrontando un onere complessivo previsto per il 2023 di 13,9 miliardi di euro.

A causa dell’inflazione crescente, un intervento in questo senso è necessario. Da oggi, quindi, è possibile che si scateni una nuova ondata di ricorsi, con l’obiettivo di eliminare la disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati.

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