Tecniche di educazione emotiva per docenti e alunni dai 3 ai 16 anni, in pochi anni debelleremmo le guerre: a dirlo i test scientifici. Da Viterbo, la rivoluzione. INTERVISTA a Ulisse Mariani
“Se noi riuscissimo a costruire l’empatia nelle nuove generazioni, fra pochi anni non ci sarebbero più guerre”. Questa frase, pronunciata dallo psicologo Ulisse Mariani nel corso della nostra intervista, sintetizza il senso e gli obiettivi della prima edizione del Festival Nazionale dell’Educazione Emotiva, al via da oggi a Viterbo, ma soprattutto di quello che da anni succede nelle scuole di questa città, teatro di una straordinaria sperimentazione didattico-educativa, sottoposta a test scientifici da cui emergono evidenze che devono far riflettere.
Alcune semplici pratiche scolastiche che puntano sull’educazione al riconoscimento e alla gestione delle emozioni hanno consentito in questi anni ad alunni con un’età dai 3 ai 16 anni, in città, di vedere abbassato drasticamente l’ormone dello stress, l’odiato e odioso cortisolo, misurato scientificamente con test salivari, aumentare il livello di variabili più positive che vanno dagli ormoni più amabili, quali serotonina e ossitocina, ridurre le condotte aggressive, aumentare addirittura il livello generale degli apprendimenti. I risultati sono stati capaci di suscitare l’attenzione di università italiane e straniere, come quella di Houston, che li ha pubblicati in un articolo scientifico, e anche quella dell’Unione Europea, che ha voluto esternarli ad altri cinque Paesi membri più la Turchia, che subito dopo ha nientemeno introdotto a scuola l’ora di Didattica emotiva. Il gruppo di lavoro di Viterbo è stato pure convocato in Parlamento, durante il governo Conte due, dove ha contribuito a redigere, in Commissione legislativa del Senato, un’apposita legge, poi approvata l’11 gennaio 2022, con cui è stata introdotta l’ora dell’educazione emotiva a scuola, sia pure non obbligatoria ma a livello sperimentale. Infine, gli organizzatori hanno creato la Rete nazionale delle scuole dell’empatia a cui tutte le scuole d’Italia si possono iscrivere tramite una formazione di 10 ore che deve vedere coinvolta almeno una parte del corpo docente dell’istituto interessato, condizione per ottenere il bollino blu.
A tutti questi risultati straordinari intende fare da cassa di risonanza il primo Festival Nazionale dell’Educazione Emotiva, al via come detto da oggi e fino al 27 maggio, a Viterbo. Promosso dal Comune – assessorato alla cultura e all’educazione, in collaborazione con Emotional training center e Fondazione Carivit – il Festival si svilupperà in una tre giorni in cui si alterneranno insegnanti, educatori, psicologi, pedagogisti, esperti e ricercatori conosciuti e apprezzati a livello nazionale e non solo nel mondo della cultura e dell’educazione. Tra essi anche il ricercatore Giacomo Rizzolatti, autore della scoperta dei neuroni specchio. L’elenco con i nomi dei relatori e con gli eventi è consultabile alla pagine web www.festivaleducazioneemotiva.it
L’iniziativa è nata dall’idea degli psicologi, psicoterapeuti e ricercatori Ulisse Mariani e Rosanna Schiralli, e della consigliera comunale delegata all’educazione al rapporto con le scuole Rosanna Giliberto, con il supporto dell’assessorato all’educazione guidato da Alfonso Antoniozzi, e della consigliera delegata alle nuove generazioni Francesca Pietrangeli. “Questo festival – spiega la sindaca Chiara Frontini durante la presentazione dell’evento – crea a Viterbo uno spazio nazionale e un tempo dedicato ai temi dell’educazione emotiva, divenuti così urgenti per il benessere dei giovani. Empatia, gestione delle emozioni, benessere relazionale sono i punti su cui lavorare per prevenire il disagio giovanile, partendo dalla scuola e dalla famiglia. Questo festival non è solo un progetto didattico, ma è soprattutto formazione e ricerca. Voglio infine sottolineare la centralità di questo evento nel nostro programma amministrativo, un progetto inteso come visione di sviluppo, di futuro, di nuove generazioni, di cultura delle emozioni, e, non da ultimo, come fattore di prevenzione primaria del disagio giovanile”.
“Il Festival dell’educazione emotiva è l’inizio di un percorso virtuoso che parte da Viterbo – aggiunge Rosanna Giliberto, che è pure docente di Italiano e Storia presso la locale scuola secondaria di primo grado dell’Istituto comprensivo “Carmine” – e unisce tutta la comunità proponendo momenti di riflessione e confronto sull’importanza di conoscere, riconoscere e gestire le emozioni proprie e altrui. Questo festival era nella nostra mente da sempre. E proprio da Viterbo sono sicura partirà un percorso virtuoso, forti anche di una legge emanata l’11 gennaio del 2022. Una legge che ha richiesto espressamente di sperimentare l’alfabetizzazione emotiva all’interno delle scuole e che ha visto tra gli ispiratori del testo gli psicologi e psicoterapeuti viterbesi Ulisse Mariani e Rosanna Schiralli. Non ultimo, questo festival fa seguito alla costituzione, sempre a Viterbo, della Rete delle scuole dell’empatia, presentata lo scorso febbraio. Tutto converge sulla nostra città. E proprio da Viterbo parte finalmente il primo festival nazionale dell’educazione emotiva”. Dello stesso avviso la consigliera Pietrangeli che ha ribadito quanto “educare all’empatia sia fondamentale per far riconoscere ai ragazzi le proprie emozioni e soprattutto per insegnare loro a esternarle e ridurre lo stress relazionale che, anche a causa del distanziamento sociale dovuto al Covid, risulta essere uno dei fattori alla base del disagio giovanile”. Le problematiche, secondo la consigliera, che conosce da vicino le dinamiche relazionali degli adolescenti, vivendole sul campo, “sono legate alla relazione, i ragazzi e le ragazze non sono più in grado di comprendere le emozioni che vivono e se non le riconoscono e non riescono poi a distinguere le emozioni dal sentimento non sono in grado di relazionarsi con le emozioni e i sentimenti altrui. I ragazzi sono completamente indifferenti rispetto a qualsiasi cosa succeda attorno: la violenza, un atto di bullismo, un compagno etichettato per il colore della pelle, o per un’idea o un’origine. La fragilità sarà anche frutto di due anni di restrizioni per il covid, ma è una realtà fotografata dai docenti e avviene sempre più precocemente, tanto che dal prossimo anno si vorrebbe partire dai nidi e non dalla scuola dell’infanzia, così questo vaccino che abbiamo trovato potrebbe portare a dei risultati ulteriori e più tempestivi”. E le famiglie, come rispondono? “Il cortisolo è sceso nei bambini, grazie a questo tipo di didattica, ora però dobbiamo verificare se ha un riscontro nella quotidianità della didattica e nello sviluppo di competenze di vita spendibili al di fuori della scuola. Sui genitori ancora non abbiamo avviato il percorso di formazione, vorremmo estendere la formazione a loro, come ulteriore elemento di alleanza educativa, che si aggiunga alla scuola, agli enti locali, all’Asl e al Terzo settore”.
“Questo festival è il frutto di un cammino che parte da lontano – spiega da parte sua lo psicologo Ulisse Mariani – Tutto è partito da Viterbo, non solo il festival, ma tutto il lavoro di ricerca che è stato fatto in tanti anni in ambito emotivo, psico-fisico e di prevenzione del disagio adolescenziale. Viterbo sarà il centro nazionale di un grande progetto di cultura della scienza dell’educazione emotiva”. Lo abbiamo intervistato
Dottor Ulisse Mariani, come parte questo ambizioso progetto, sul piano della psicologia?
“Da molti anni lavoro come psicologo sulla prevenzione del disagio e sulla promozione del benessere dei bambini. Devo però dire che il concetto di disagio è abusato. Sul tema vengono spesso spacciati tanti piccoli progetti che però sono privi di evidenza scientifica. Per questo noi da anni abbiamo piano piano costruito un format di nuova generazione che abbiamo chiamato didattica delle emozioni. Si tratta di una serie di tecniche che possono essere praticate dai docenti con alunni dai 3 ai 16 anni, dopo una formazione di 10 ore. Sono tecniche, strategie e giochi che si possono utilizzare durante l’attività scolastica. Di questa pratica abbiamo misurato gli effetti nelle scuole su un target di alunni, in tutto circa tremila, con degli appositi test alla fine e all’inizio della sperimentazione”.
Che cosa è emerso? Come sono i risultati?
“Sono risultati straordinari. Tanto che siamo stati convocati dall’Unione Europea che ha voluto esternare la sperimentazione a 5 Paesi membri, più la Turchia, e anche lì abbiamo avuto risultati buoni nel tempo. Tanto che nel 2018 il govenrno turco e quello ungherese hanno introdotto l’ora di educazione emotiva nelle loro scuole. Successivamente, al tempo del governo Conte due, ci hanno chiamati in Commissione al Senato per redigere una legge illuminata, poi approvata l’11 gennaio 2022, con cui è stata introdotta l’ora dell’educazione emotiva a scuola, sia pure non obbligatoria ma a livello sperimentale. Questa novità ha incuriosito varie università, che ci hanno contattati. Ci ha contattati il San Raffaele, l’Università dell’Aquila, la Federico II di Napoli, il Centro internazionale di biotecnologia avanzata, sempre di Napoli. Lo scopo è stato quello di fare un passo avanti nella ricerca, e cioè, visti i risultati, di verificare che cosa succede nel cervello degli alunni”.
Che cosa succede nel cervello degli alunni grazie alla didattica delle emozioni?
“Un gruppo di alunni della scuola di Viterbo prima, durante e dopo la sperimentazione è stato sottoposto alla misurazione di alcuni enzimi, tramite test salivare, con gruppo di controllo, e si è visto che negli alunni che erano stati sottoposti alla didattica delle emozioni s’èera verificato un calo del cortisolo e di altre sostanze dello stress”.
Questo che cosa vuol dire?
“Vuol dire che con bassi libelli di cortisolo il cervello dei bambini si sviluppa meglio, aumentano le competenze empatiche, condividono di più, si abbassano drasticamente le loro condotte aggressive compreso il bullismo, aumenta il loro profitto e addirittura il loro sistema immunitario diventa più efficiente. Si tenga conto che nel campo della scienza della formazione è il primo dato biologico che viene evidenziato in relazione a una modalità educativa, che in questo caso è la didattica delle emuozioni”.
Quali ricadute ha avuto la pubblicazione di questa ricerca?
“La notizia di questi risultati ha fatto subito il giro del mondo tanto che l’università di Houston ci ha contattati per la pubblicazione di un articolo scientifico sui risultati di questo studio. Il Cnr di Pisa e varie università vogliono fare un ulteriore studio, sempre con il prelievo salivare, per verificare se ci sono delle modificazioni epigenetiche, cioè se si sono modificate alcune espressioni genetiche. Tutto questo si basa sull’ipotesi che per promuovere benessere occorre insegnare ai bambini e ai giovani a indentificare, gestire e modulare le proprie emozioni”.
E tutto questo in genere non si fa?
“Praticamente non si fa mai, a causa del poco tempo dedicato dalle famiglie ai loro bambini e all’uso massivo della tecnologia. Manca un’educazione emotiva, si fa fatica a dare un nome alle emozioni, a farci i conti. Ad affrontarle. E se nessuno insegna ad affrontare la frustrazione a un ragazzino, quando quest’ultimo va in una discoteca e la ragazzina che gli piace se ne va con un suo amico finisce per avvertire un vuoto tale che se uno gli offre la pasticchetta o quattro o 4 drink e sente poi che grazie a questi espedienti sta meglio, si attacca alle droghe”.
Un tempo era diverso?
“Prima c’erano più regole. In due o tre decenni siamo passati da un’educazione autoritaria a una permissiva. E invece servirebbe un’educazione autorevole fatta di vicinanza e comprensione ma anche di regole, poiché, non avendo regole, i ragazzini perdono il senso dell’emaptia”.
Da dove nasce l’urgenza di questo vostro studio?
“Vede, se noi riuscissimo a costruire l’empatia nelle nuove generazioni, fra pochi anni non ci sarebbero più guerre. La nostra società è concentrata sul produrre, sul consumare, sul correre, sulla tecnologia. Anche la scuola diventa sempre più permissiva, si cresce con tante competenze ma i ragazzi non riescono a connettersi. Vediamo bambini che stanno tutto il giorno sulle tecnologie e hanno dei danni a volte irreversibili. Lei pensi che attraverso la tecnologia il bambino pensa di avere il mondo in mano con un dito, di ottenere il massimo con il minimo sforzo. Ma i neuroni si sviluppano di più facendo un disegno, dove al grande sforzo segue spesso un piccolo risultato. La vita, parafrasando Arbore, non dev’essere tutta un click.”
Avete inoltre creato una rete di scuole per divulgare questa vostra scoperta
“Abbiamo pensato di divulgare questa grande scoperta che abbiamo fatto qui a Viterbo nel più breve tempo possibile e l’amministrazione comunale ci è venuta incontro non solo finanziariamente ma soprattutto autandoci a costruire una rete nazionale di scuole dell’empatia che stiamo allargando in tutta Italia. Prima hanno aderito tutti gli istituti di Viterbo e cercheremo in tutta Italia e successivamente in tutta Europa con alcuni progetti che stiamo sviluppando”.
Cosa devono fare le scuole che volessero entrare nella rete delle scuole dell’empatia?
“Per entrare a far parte di questa rete occorre che un buon numero di docenti della scuola, diciamo un 25 per cento, siano formati sul metodo della didattica delle emozioni. In questo modo le scuole riceveranno il bollino blu della scuole dell’empatia e faranno parte di questa rete”.
In che cosa consiste, nel concreto, la formazione sulla didattica delle emozioni?
“E’ una formazione di una decina di ore. C’è una parte teorica e una parte pratica. Quest’ultima prevede che ogni tanto, durante lo svolgimento delle lezioni, alcune pratiche siano svolte in maniera particolare. Ad esempio durante l’appello, invece di rispondere presente,i bambini sono chiamati a indicare un numero da 1 a 10 per valutare ed esporre il grado di benessere avvertito in quel momento: in questo modo saranno spinti a pensarsi, a identificare un numero e a sentire gli altri. E questa è una cosa molto facile e dà dei risultati perché sentono soprattutto che gli adulti sono interessati a loro. Oppure giochiamo al cartellino delle emozioni, con i cartelli, diversamente colorati, pensati per sorriso, gioia, rabbia, paura, felicità, noia”.
Li ha visti all’opera questi alunni, durante queste pratiche?
“Le garantisco che entrati in queste classi sembra di entrare in un altro pianeta. Si aiutano da soli, gestiscono i conflitti in autonomia e per il docente appare più facile gestire la classe. Scende l’ormone dello stress, cede il posto a dopamina, serotonina, ossitocina. E se non c’è il cortisolo, arrivano gli altri ormoni. Il festival sarà la cassa di risonanza di tutto questo. Pensoi che tra i relatori ci sarà Giacomo Rizzolatti, il ricercatore conosciuto per aver scoperto i neuroni specchio”
Oltre a Giacomo Rizzolatti ci saranno tanti relatori prestigiosi. Come hanno reagito ai risultati dei vostri test?
“Guardi, ci telefonano da ovunque. Vorremmo che Viterbo diventasse un polo culturale e scientifico per quanto riguarda l’educazione. L’amministrazione è molto appassiona a questo, tanto che finanzierà la formazione degli insegnanti”.