Svolgere attività professionale senza la dovuta autorizzazione del dirigente espone a risarcimenti danni. Sentenza

Anche per il personale della scuola, come per tutti i dipendenti pubblici, si applica la normativa in materia di incompatibilità vigente per i dipendenti pubblici. Plurime sono le sentenze della Corte dei Conti che hanno riguardato il personale scolastico e si concludono quasi sempre con condanne risarcitorie importanti, pertanto è bene prestare attenzione alla normativa vigente per evitare di incorrere in situazioni che possono comportare significativi esborsi risarcitori per danno erariale e non solo.
Il fatto
Con atto di citazione la Procura ha citato in giudizio un docente per sentirlo condannare al pagamento di una somma importante per aver svolto attività extraistituzionali in violazione dell’art. 53, comma 7, del D.lgs. n. 165/2001. In particolare, il docente in questione sarebbe stato al contempo titolare di una partita I.V.A. e, negli anni contestati, avrebbe ottenuto complessivamente centinaia di incarichi professionali privati senza la necessaria autorizzazione dell’Istituto scolastico, conseguita solamente alcuni anni dopo. Secondo la Procura, il convenuto avrebbe violato il dovere di esclusività del rapporto di lavoro insito nell’art. 98 Cost. e negli artt. 60-65 del D.P.R. n. 3/1957.-Il danno sarebbe pari agli emolumenti percepiti per le prestazioni non autorizzate e svolte a favore di terzi privati, detratti gli incarichi di docenza, liberalizzati dall’art. 53, comma 6, lettere c) ed f-bis), al lordo delle ritenute di imposta. Si pronuncia con la SENT. 91_2021 la Corte dei Conti per la Liguria.
La norma
Nel merito, ricorda il Collegio che la disciplina degli incarichi extraistituzionali posta dal D.lgs. n. 165/2001 contempera l’imparzialità e il buon andamento della Pubblica Amministrazione con l’interesse dei dipendenti pubblici a svolgere ulteriori incarichi, consentendo, altresì, alla collettività di avvalersi delle professionalità elevate, arruolate nel Pubblico impiego. Da un lato, dunque, l’art. 98 della Costituzione dispone che “i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione. In tale prospettiva, l’art. 53, comma 7, del D.lgs. n. 165/2001 preclude espressamente lo svolgimento di incarichi non autorizzati e l’art. 60 del D.P.R. n. 3/1957 dispone che, salvo casi particolari, l’impiegato pubblico “non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro”.
Si può svolgere attività professionale solo previa autorizzazione
D’altro lato, tuttavia, osservano i giudici, lo stesso art. 53 del D.lgs. n. 165/2001 prevede la possibilità di richiedere l’autorizzazione, disciplinando al comma 10 le modalità e i tempi di rilascio da parte dell’ente di appartenenza. Quest’ultimo, al fine di salvaguardare l’esclusività del rapporto di lavoro e i predetti interessi costituzionali all’imparzialità e al buon andamento, deve verificare la compatibilità degli incarichi con gli impegni nei confronti dell’Amministrazione, unitamente all’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. A tal fine, la richiesta di autorizzazione da parte del dipendente è un onere essenziale, per consentire all’Amministrazione di svolgere le valutazioni di propria competenza (cfr. Corte dei conti, Sez. II Giur. Centr. d’Ap., 11 ottobre 2018, n. 587). Nondimeno, l’art. 53, comma 6, del D.lgs. n. 165/2001, esonera i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50% del tempo pieno.
In caso di prestazione svolta senza autorizzazione scatta il risarcimento danno
In caso di inosservanza del divieto, fatte salve le sanzioni e la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, dal percettore nel conto dell’entrata del bilancio dell’Amministrazione di appartenenza (art. 53, comma 7, D.lgs. n. 165/2001). Ai sensi del successivo comma 7-bis, l’omissione del versamento del compenso percepito costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione di questa Corte. Il Legislatore perviene, pertanto, a una quantificazione del danno ex lege, ancorandolo al mancato versamento delle somme previste (cfr. Corte dei conti, SS.RR., 31 luglio 2019, n. 26/2019/QM/PROC). Con la sentenza 12 ottobre 2020, n. 24/2020/QM, le Sezioni Riunite di questa Corte hanno, altresì, chiarito che il danno deve essere quantificato al lordo del prelievo fiscale effettuato sulle somme corrisposte, in quanto le imposte vengono riversate a un plesso organizzativo diverso e il mancato versamento della totalità delle somme all’ente di appartenenza del convenuto costituisce un danno all’equilibrio patrimoniale e finanziario dell’ente.
Anche ai dipendenti della scuola si applicano le limitazioni ex lege
Nel caso in esame, precisano i giudici, il professore è dipendente di una scuola pubblica e in tale veste ricade pienamente nelle limitazioni poste dagli art. 60 e ss. del D.P.R. n. 3/1957 e dall’art. 53 del D.lgs. 165/20
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