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Studenti con disabilità, Università buco nero. Ecco il percorso universitario che personalizza e garantisce continuità con le Superiori. INTERVISTA alla Professoressa Chiusaroli

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Il percorso degli alunni con disabilità all’interno della scuola prevede un costante affiancamento di figure specializzate per una loro crescita costante, ma cosa succede dopo la fine di questo percorso, soprattutto per quegli alunni per cui non è previsto il conseguimento di un diploma? Ne abbiamo parlato con la Professoressa Diletta Chiusaroli, ricercatrice presso l’università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale, già docente di sostegno nella scuola secondaria di 2° grado e referente GLIR presso l’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio.

Professoressa Chiusaroli, presso la vostra università, insieme all’USR del Lazio, avete sviluppato un progetto per dare continuità formativa ai ragazzi con disabilità, ce lo descrive?

Il progetto mira a dare una risposta concreta agli studenti con disabilità, e alle loro famiglie, che vedono preclusa, nel loro progetto di vita, la possibilità di iscriversi ad un percorso universitario. Quindi ci riferiamo a tutte quelle persone che non hanno acquisito un diploma ma soltanto una certificazione delle competenze. Dopo tutti gli anni scolastici in qualità di docente di sostegno, dove insieme ai colleghi abbiamo cercato il più possibile di rendere questi ragazzi autonomi, aiutarli a socializzare e a stare con gli altro, purtroppo ci siamo resi conto che tutto il lavoro fatto andava mano a mano disperdendosi. In pratica incontrando i ragazzi e i loro genitori alla domanda di cosa stessero facendo, anche a distanza di qualche anno dall’uscita dalla scuola, mi veniva sempre detto che stavano a casa e che c’era una sorta di regressione dovuta alla mancanza di socializzazione alla quale erano stati abituati. In pratica tutto il lavoro fatto negli anni della scuola andava in gran parte perso.

Lei ci ha parlato della difficoltà dei ragazzi che non proseguivano gli studi, in particolare qual è stato lo scopo del progetto e come lo avete realizzato?

Sono riuscita a realizzarlo grazie ad un progetto con l’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio che mi ha permesso di essere distaccata all’interno dell’università degli studi di Cassino e del Lazio meridionale e quindi di partecipare in maniera sperimentale a questo progetto di inclusione. Il progetto si chiama CASPI, Carriera Speciale per l’Inclusione, ed è iniziato nel 2017 con tre alunni con disabilità. Attualmente, dopo sei anni, siamo arrivati ad accogliere venti studenti con diversi tipi di disabilità, dalla sindrome di Down allo spettro dell’autismo e alle disabilità intellettive e fisiche di ogni grado. Questo progetto è stato possibile grazie anche all’accoglienza che è stata manifestata dai docenti universitari, dal magnifico Rettore dell’università di Cassino e del Lazio meridionale e dagli studenti stessi che frequentano l’università che in qualità di tutor mi aiutano ad accompagnare i ragazzi in aula, a socializzare e svolgere attività ricreative e tutto questo porta, ogni giorno, ad alimentare sempre più il rapporto tra di loro. Adesso siamo arrivati al paradosso che non esistono gli studenti con disabilità che devono essere accompagnati, ma molto spesso si invertono i ruoli degli stessi, perché questi ragazzi aiutano altri studenti nella pratica educativa. Questo ha portato alla nascita spontanea in tutti i ragazzi che frequentano l’università a voler stare con loro perché di fatto genera un arricchimento continuo tra tutte le parti in campo.

Lei parlava della figura del tutor che li seguono anche nei loro studi. Come personalizzate il ciclo di studi per questi ragazzi?

I crediti universitari, i CFU, sono ridotti in quanto è ridotto il carico didattico per loro e tutto si personalizza in base al funzionamento di ognuno, del singolo studente, per il quale si fa un programma educativo personalizzato e i tutor in questo poi aiutano i ragazzi a svolgere le varie attività per poi sostenere l’esame.

Anche il vostro progetto ha dovuto affrontare il periodo legato alla pandemia, come avete continuato il percorso e con quali risultati?

Come ha detto purtroppo ci siamo trovati tutti di fronte a questa chiusura e ci siamo ritrovati a casa. Abbiamo continuato con i ragazzi a distanza collegandoci tutte le mattine da casa e questo ha permesso di continuare a mantenere il contatto, ma per molti di loro le difficoltà sono state grandi perché loro hanno bisogno soprattutto di presenza e ovviamente la presenza non può essere data attraverso uno schermo. Per fortuna abbiamo avuto poi modo riniziare, anche se per alcuni di loro è stato un po’ complicato, ma è un aspetto che ha riguardato tutti gli studenti in generale e un po’ anche noi docenti. Adesso siamo tornati piano piano a regime e le cose stanno andando decisamente bene permettendoci di continuare questa attività tutti i giorni in presenza.

Un’ultima domanda, questo progetto è attivo da sei anni, quali sono le prospettive e gli obiettivi che vi siete prefissati per il futuro?

Intanto uno degli obiettivi principali che ci siamo prefissati è quello di rendere questi ragazzi sempre più autonomi e cercare poi di collocarli in una situazione lavorativa futura, perché anche loro sono beneficiari del diritto di lavorare, ovviamente in base alla loro specificità. Un obiettivo che sono riuscita a raggiungere per alcuni di loro è stato quello di inserirli all’interno di un progetto di servizio civile dove svolgeranno questo servizio presso l’università e daranno un contributo ed un aiuto anche agli altri. Questo gli permetterà di sentirsi protagonisti del loro successo formativo.

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