Studentesse col niqab devono essere riconosciute prima di entrare in classe: una referente deve sollevare il velo. L’iniziativa in una scuola di Gorizia

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Le studentesse di fede islamica che indossano il niqab a scuola prima di entrare in classe devono essere controllate da docenti, che alzando il velo verificano che si tratta delle giovani iscritte in quell’istituto e che quindi possono raggiungere i compagni in aula per fare lezione.

Succede in un istituto scolastico superiore di Monfalcone, nel goriziano, che dunque adotta questo metodo per il riconoscimento di cinque studentesse.

La storia viene raccontata da Il Piccolo e riportata da Ansa, dove emergono anche altre iniziative, come l’abbigliamento per l’ora di educazione fisica.

Se da un lato si alza la protesta della Lega, dall’altro la dirigente scolastica ha spiegato le motivazioni che hanno spinto l’istituto ad adottare tali prassi. Prima di tutto, tali iniziative servono ad evitare di indurre “le ragazze a lasciare la scuola“, visto che “l’istituzione raggiunge il suo scopo quando l’allievo consegue i cinque anni di studio“.

Il giornale Il Piccolo ha raccolto anche la testimonianza di una delle studentesse coinvolte: “Ho iniziato a portarlo nel secondo semestre della prima – spiega – e capisco che faccia paura, perché è tutto nero“.

Per quanto riguarda l’educazione fisica, la ragazza rivela di svolgere “gli esercizi che non fanno vedere il mio corpo. Il problema è lo stage, perché l’insegnante non transige sulla mia identificazione. Oggi gli altri sono andati a fare l’attività, io sono rimasta a scuola. Se i problemi continuano non so se resterò fino alla quinta…“.

Se da un lato la studentessa rivela che i suoi genitori “non volevano che vestissi il niqab, ma è una mia scelta“, dall’altro dice di non avere alcun problema con i compagni di classe: “È questione di cultura. Che problema c’è?” e ancora, “vestirsi così è una loro scelta A noi non dà alcun fastidio”.

La proposta della Lega: abolire il velo nelle scuole

“Incredibile quanto accaduto. Il simbolo dell’oppressione della libertà della donna sdoganato nelle nostre istituzioni educative. Come se non bastasse, la dirigente scolastica dell’istituto ha dichiarato che è giusto che la scuola si adatti alle esigenze delle alunne islamiche, predisponendo che una docente verifichi ogni giorno l’identità delle studentesse. Siamo dinanzi al fallimento della missione educativa: se una scuola si adatta e di conseguenza giustifica e tollera la sottomissione della donna, allora c’è qualcosa di profondamente sbagliato sia sotto il profilo pedagogico che culturale, e certi docenti e dirigenti scolastici dovrebbero capirlo, nonostante le proprie idee ‘progressiste’ Questa non è integrazione, questa è sottomissione”. Così il deputato della Lega, Rossano Sasso, capogruppo in commissione Cultura, Scienza e Istruzione.

Proprio pochi giorni fa la Lega della Regione Lombardia ha depositato una mozione in Consiglio regionale per vietare l’uso del velo integrale, come burqa e niqab, negli edifici pubblici, compresi quelli comunali, e nelle scuole.

La mozione chiede inoltre di “rinnovare l’invito ai Comuni per assicurarne il rispetto nei propri edifici” e sollecita il Governo a valutare l’estensione del divieto a tutti gli ambienti scolastici.

Ma il Carroccio non si ferma qui: l’europarlamentare Silvia Sardone ha annunciato un’interrogazione alla Commissione europea per chiedere se intenda avanzare proposte di divieto del velo e per quale motivo venga utilizzato il velo islamico in alcune comunicazioni ufficiali.

Secondo la leghista il burqa rappresenterebbe un problema di sicurezza, mentre ha considerato l’uso del velo nelle scuole dell’infanzia e primaria “un simbolo di sottomissione che impedisce una vera integrazione”.

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