Studentessa bocciata, troppe assenze perché a disagio. Genitori fanno ricorso: possono i docenti essere considerati responsabili? Ecco cosa hanno detto i giudici
Il caso in commento riguarda una questione problematica affrontata dalla giustizia amministrativa. Una studentessa durante la frequenza della prima media, manifestava diverse problematicità, dopo un primo anno scolastico difficile, la minore opponeva un vero e proprio rifiuto a frequentare la scuola, palesando problematiche di disagio. Raggiungendo pertanto un numero di quasi di 700 ore di assenza e veniva bocciata.
Il fatto
La scuola – a dire dei ricorrenti – non predisponeva gli strumenti dispensativi e compensativi necessari, né attuava a supporto le misure utili a sostenerne il percorso scolastico, secondo quanto stabilito dalle normative vigenti in materia di DSA e alunni con bisogni educativi speciali (ex legge n. 170/2010 e D.M. 27.12.2012). Dopo l’adozione del piano didattico personalizzato (P.D.P.) in data 06.11.2023, i genitori sollecitavano la scuola a integrarlo, implementandolo con l’utilizzo della calcolatrice e chiedevano colloqui con i docenti, ai quali rappresentavano il quadro clinico della minore. Nel primo quadrimestre la minore lamentava senso di inadeguatezza rispetto alle prove orali e alle prove di area matematica, nonché angoscia per la somministrazione dei compiti in classe e assenza di empatia dei docenti. A seguito dello scrutinio, i genitori della ricorrente chiedevano un confronto con il dirigente scolastico che li riceveva. Dopo il giudizio di non ammissione, il quadro psichico della minore precipitava.
La scuola non può sostituirsi alle famiglie per le troppe assenze dello studente
Il TAR della Puglia a sezioni unite nella sentenza N. 00964/2024 rileva: All’esito dell’anno scolastico, il Consiglio di classe, con verbale di scrutinio finale si è espresso per la non ammissione all’anno scolastico successivo della ricorrente alunna, con la seguente motivazione: “assenze con deroga ma impossibilità di valutazione. Dai riscontri sul conteggio del numero delle assenze è risultato che: per la seguente alunna -OMISSIS-pur rientrando le assenze nei casi derogabili previsti dal Collegio dei docenti, il Consiglio di classe, a causa delle predette assenze per complessive ore 696 così come stabilito dall’art. 5, comma 3, del d.lgs. 62/2017, non è in possesso degli elementi sufficienti per procedere alla valutazione e pertanto la predetta alunna non viene ammessa alle operazioni di scrutinio finale. Si precisa, inoltre, che non è stato possibile mettere in atto alcuna strategia prevista dal PDP stilato e firmato in data (…) perché l’alunna, nonostante le continue rassicurazioni da parte di tutto il CDC, non si è presentata a scuola e anche quando i docenti -OMISSIS- e -OMISSIS-si sono recati a casa della ragazza per persuaderla a frequentare, in realtà l’alunna ha rifiutato anche di interagire con gli stessi docenti. La famiglia è stata opportunamente informata con colloqui frequenti circa l’andamento della ragazza e gli interventi individualizzati programmati, ogni volta disattesi per le assenze della figlia. Frequenti sono state le richieste di colloqui in presenza da parte della famiglia nel tentativo di supportare nel modo più opportuno la ragazza, a cui i docenti non si sono mai sottratti anche in orario non di ricevimento”.
Nel rigettare il ricorso, il TAR afferma: “Le assenze cumulate dalla ricorrente per complessive ore 696 hanno reso del tutto impossibile la valutazione dell’alunna, sicché conseguentemente hanno reso impraticabile l’opzione della promozione dell’alunna alla classe successiva, nonché ogni possibile forma di recupero scolastico. Di tali assenze non può ritenersi responsabile la scuola, essendone semmai responsabili i genitori, il cui compito è di fare in modo e sincerarsi che la figlia, ogni giorno, raggiunga la classe scolastica per riceverne l’istruzione e la formazione che il servizio pubblico scolastico offre a tutti. Qualora le assenze fossero dovute ai segnalati problemi di salute della minore, di esse non potrebbero farsi carico neppure i genitori, laddove non sia stato possibile per loro indurre la figlia a frequentare le lezioni, senza causarle ulteriore disagio. Si tratta, dunque, di una situazione di forza maggiore, rispetto alla quale il rimedio non sarebbe certo l’ammissione dell’alunna alla classe successiva della scuola, bensì – tutt’al più – la predisposizione e l’attuazione di idoneo piano terapeutico. Pertanto, far sì che l’alunna ripeta l’anno scolastico e reintegri i crediti formativi carenti non è un’opzione ma una necessità non ovviabile. Le prolungate e reiterate assenze dalla scuola non possono essere ricondotte all’asserita inadeguatezza del piano didattico personalizzato, la cui applicazione, non verificata in concreto, potrebbe dipendere esclusivamente dalla frequentazione della classe”.