Studente primaria in educazione parentale bocciato, il Consiglio di Stato conferma decisione dei docenti
Il Consiglio di Stato ha confermato la bocciatura decisa dai docenti di una scuola statale che avevano esaminato le competenze di uno studente di quinta elementare in educazione parentale.
La vicenda
Nel mese di agosto genitori di uno studente di quinta elementare in educazione parentale avevano impugnato la decisione della scuola che aveva esaminato il livello delle competenze raggiunte, sostenendo che gli alunni della scuola primaria “dovrebbero accedere alla classe successiva anche in presenza di livelli di apprendimento parziali, essendo la bocciatura un’evenienza del tutto eccezionale, in ragione della sua valenza punitiva e del trauma psicologico”.
Il Tar della Liguria ha invece stabilito che alla scuola parentale non è applicabile la normativa secondo la quale gli alunni della scuola primaria sono ammessi alla classe successiva e alla prima classe di scuola secondaria di primo grado “anche in presenza di livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione”.
I giudici amministrativi hanno sottolineato che nel corso dell’anno scolastico, l’istituzione pubblica o paritaria è tenuta ad attuare strategie mirate al recupero delle lacune dell’alunno, “il che è possibile perché gli insegnanti interagiscono quotidianamente con lo studente”. Per il Tar, invece, questo non vale per l’istruzione parentale in cui “le scelte organizzative e didattiche sono rimesse all’esclusiva cura dei genitori o precettori privati”.
Il Consiglio di Stato conferma bocciatura
Il CdS ha confermato la sentenza del Tar Lazio emettendo una ordinanza che respinge la richiesta di sospensiva della bocciatura presentata dai genitori dell’alunno contro la non ammissione alla prima media decretata da un istituto scolastico di Lavagna (Genova).
“L’amministrazione scolastica, in ragione della particolare formazione parentale dell’alunno, non dispone di elementi ulteriori, al di là delle risultanze delle prove d’esame, per poter valutare il livello di apprendimento dell’alunno”, spiega il Cds nell’ordinanza che dà ragione al Ministero dell’Istruzione. L’alunno aveva conseguito i giudizi di “Intermedio” nella prova scritta di Italiano, “In via di prima acquisizione” in Matematica e alla prova orale.
“Essendo la formazione del minore effettuata nella forma della istruzione parentale, non è stato possibile all’istituzione scolastica adottare nel corso dell’anno scolastico specifiche strategie per il miglioramento dei livelli di apprendimento nelle discipline nelle quali il minore ha evidenziato, in sede di valutazione della idoneità alla classe successiva, significative carenze (la Matematica e le discipline oggetto della prova orale) – sottolinea il Cds, come riporta l’ANSA -. Il giudizio di non ammissione del minore alla prima classe della scuola secondaria di primo grado deve quindi ritenersi sufficientemente motivato”.