Lo studente disabile è visto dai compagni come un privilegiato

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Giulia Boffa– Lo ha affermato Andrea Canevaro, Università di Bologna, durante l’incontro con i massimi esperti in Italia in fatto di pedagogia speciale, e 30 ragazzi e ragazze tutor che seguono 60 studenti certificati nelle scuole superiori di Carpi (Modena)

Giulia Boffa– Lo ha affermato Andrea Canevaro, Università di Bologna, durante l’incontro con i massimi esperti in Italia in fatto di pedagogia speciale, e 30 ragazzi e ragazze tutor che seguono 60 studenti certificati nelle scuole superiori di Carpi (Modena)

"Tablet, portatili e ausili tecnologici possono indurre i compagni a considerare i disabili come privilegiati". Il rischio è che vengano isolati, per questo serve "un sostegno di prossimità".

Il disabile infatti può disporre di tecnologie vietate agli altri. Se ha problemi visivi o acustici può usare (quando a tutti gli altri è impedito) computer, internet, ed altri ausili tecnologicamente avanzati. Se ha problemi di Dsa o lievi ritardi mentali, oltre alle tecnologie si aggiunge pure un minor carico ed una semplificazione dei compiti a casa e delle attività didattiche.
 
Da qui può nascere la mobbizzazione, l’emarginazione da parte dei compagni, degli studenti disabili.
 
Secondo il prof. Canevaro il sostegno allo studio deve cambiare tattica e porsi in modo diverso:" Da diretto deve diventare indiretto, io parlerei di ‘sostegno di prossimità’. Non più una persona fissa che si occupa tutto il tempo del disabile, ma piuttosto che faccia da regia e coordinamento per gli interventi, e da garante per la qualità educativa. Per dirla in altre parole: il disabile non ha bisogno di una persona a lui dedicata, ma di una serie di punti di riferimento distribuiti un po’ ovunque, anche a scuola. Se i compagni di classe entrano in gioco, sono coinvolti e si sentono parte attiva nella rete di sostegno, allora si faranno le domande giuste, e si daranno anche delle risposte. Tutti assieme, e imparando a collaborare e convivere nelle diversità. Su questo non posso che citare Don Milani: "Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali". Lo stesso discorso vale per l’utilizzo da parte dei disabili di tecnologie di cui i compagni non possono disporre."
 
Il professore indica anche la strada per arrivare a questo, con l’ausilio di tutor, studenti universitari o giovani da poco maggiorenni che si propongono ai ragazzi disabili in età scolare in un rapporto amicale di accompagnamento negli studi e nelle relazioni sociali: "Serve un lavoro di sensibilizzazione a partire dalle elementari per arrivare alle scuole superiori. Immaginiamo un ragazzo ipovedente con una tavoletta per la lettura braille. Avrà necessariamente tempi più lunghi nello studio rispetto a chi non ha particolari problemi di vista. La sfida del corpo docente sarà quella di fare comprendere come a condizioni differenti corrispondano modalità operative e tempi differenti. Si può fare, ma come dicevo prima lo si fa andando in direzione del sostegno di prossimità, allargando la rete e coinvolgendo tutti. 
I tutor sono importanti, devono ricordarsi però che il loro ruolo non prevede l’appoggio incondizionato al ragazzo o alla ragazza disabile che seguono. Io dico sempre: "Appiccicarsi non serve a niente. La colla lasciatela a casa". Tra il tutor e il disabile deve esserci amicizia certo, ma anche distanza, confronto di ragioni differenti e perché no, anche del conflitto. Litigare, dobbiamo ricordarcelo, significa riconoscere gli altri."
 
La figura del tutor si sta estendendo nelle scuole di Carpi: fino a due anni fa i tutor a Carpi erano presenti solo in due scuole su quattro. Quest’anno, per la prima volta, tutte le scuole secondarie di secondo grado, liceo compreso, sono coinvolte.

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