Stop al cellulare in classe, genitori preoccupati: “Non ci siamo, la scuola sarà vista come il campo delle restrizioni, mentre in famiglia sarà tutto concesso”

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Il ministro Valditara l’ha detto chiaro e tondo: dal prossimo anno scolastico, niente più cellulari in classe, neanche per scopi didattici. Una decisione che ha fatto alzare più di un sopracciglio, soprattutto tra i genitori. E non parliamo solo di quelli che vorrebbero vedere i propri figli sempre connessi.

A L’Eco di Bergamo, Carlo Stracquadaneo, che di mestiere fa il presidente del Comitato genitori de “I Mille” e si occupa anche di “Patti digitali” a Bergamo, non ci sta. “Ma come?”, sembra dire, “Adesso arriva il ministero e ci dice come educare i nostri figli?”. E non ha tutti i torti. Pensateci: da una parte la scuola che diventa una sorta di “zona franca” tecnologica, dall’altra casa, dove magari il cellulare diventa il premio dopo una giornata di astinenza forzata. Non proprio l’ideale per un’educazione coerente, no?

E non è solo questione di principio. Stracquadaneo fa notare che quegli smartphone tanto demonizzati possono essere una manna dal cielo per chi ha disturbi cognitivi. Immaginate un ragazzino che fatica a comunicare e trova nel suo telefono l’alleato perfetto per farsi capire. Dovremmo davvero privarlo di questo strumento?

Marco Signanini, un altro genitore in prima linea nell’Ic Mazzi, rincara la dose. “Calma e gesso”, sembra suggerire. Perché non cercare una via di mezzo invece di imporre divieti dall’alto? E poi, pensate a tutte quelle volte in cui lo smartphone potrebbe tornare utile durante una gita scolastica o un’attività fuori dall’aula. Dovremmo davvero rinunciarci del tutto?

Il punto è che questa decisione, per quanto possa sembrare sensata a prima vista, rischia di creare più problemi di quanti ne risolva. Da un lato, c’è il timore che la scuola si sostituisca ai genitori in decisioni che dovrebbero essere, beh, genitoriali. Dall’altro, c’è la preoccupazione che si crei un muro tra il mondo della scuola e quello fuori, come se la tecnologia fosse il nemico da cui proteggersi tra i banchi.

E non dimentichiamoci che, per quanto le scuole possano essere attrezzate, spesso gli strumenti a disposizione non bastano. In un mondo ideale, ogni classe avrebbe tablet e computer per tutti. Ma sappiamo bene che la realtà è ben diversa.

Insomma, mentre il ministro Valditara è convinto che i cellulari non facciano rima con “buona didattica”, i genitori chiedono di non buttare il bambino con l’acqua sporca. Forse, suggeriscono, la soluzione non è bandire completamente la tecnologia, ma imparare a usarla in modo intelligente, anche a scuola.

La sfida, ora, è trovare un equilibrio. Come possiamo sfruttare il potenziale degli smartphone senza che diventino una distrazione? Come possiamo educare i nostri ragazzi a un uso consapevole della tecnologia se la bandiamo completamente dalle aule? Domande a cui, per ora, non c’è una risposta univoca. Ma una cosa è certa: il dibattito è appena iniziato, e promette di essere acceso quanto una notifica su WhatsApp in piena lezione di matematica

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