Stipendio, 1.500 euro in più a 19mila docenti che insegnano in sedi disagiate e per la continuità didattica

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E’ in arrivo il decreto del Ministero dell’istruzione con i criteri per l’attribuzione delle risorse per la valorizzazione del personale docente. Il provvedimento attua quanto previsto nell’ambito del PNRR, in particolare nella riforma del reclutamento e della formazione dei docenti.

Le condizioni per un aumento di stipendio sono:

  • la continuità didattica: si terrà conto del numero anni di permanenza nella medesima scuola che stia in una provincia diversa da quella della propria abitazione;
  • la sede di lavoro: si valorizzerà il personale che insegna da più anni in istituti di territori che presentano condizioni socio-economiche più disagiate, maggiore dispersione o il rischio di spopolamento.

Come spiega a Orizzonte Scuola Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “in 400 mila restano esclusi“, oltre al fatto che si tratta di una “cifra irrisoria“. Il sindacalista fa i calcoli: “1500 euro lordi per 19 mila docenti distribuiti in 5700 istituti scolastici che insegnano in sedi disagiate e coloro che hanno i requisiti per la continuità didattica“. Le cifre vengono calcolate su un totale di 28,5 milioni di euro, “diviso poi al 50% tra le due categorie“.

Chiediamo da tempo una vera indennità di sede pe chi lavora lontano da casa – sottolinea Pacifico -. La continuità didattica si ottiene con la stabilizzazione degli organici“. Secondo Anief, “l’indennità per essere effettiva dei disagi subiti dai dipendenti dovrebbe prevedere almeno uno stipendio annuo in più, proprio al fine di fare fronte alle spese e ai costi del lavoro che il personale scolastico deve sostenere quando lavora lontano dalla propria residenza. E poi a beneficiarne deve essere tutto il personale, docenti e ATA, a prescindere dagli anni di permanenza in quelle sedi, in linea con quanto avviene nel privato, dove l’indennità di trasferta è esentasse e ammonta a 46,48 euro giornaliere“.

Un provvedimento criticato dai sindacati e già bocciato dal CSPI ad agosto, quando nel parere aveva definito il testo “poco efficace e foriero di contraddizioni e problematiche per il personale e per la scuola. Il rischio è quello di introdurre misure inefficaci rispetto ad un obiettivo di gran rilievo come quello di garantire e valorizzare la continuità dell’insegnamento”.

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