Stipendio, Anief: Governo non finanzia aumenti “veri”

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comunicato Anief –  Dal disegno di legge di stabilità, appena licenziato dalla Camera, chi lavora per lo Stato non ha avuto un buon trattamento: il riferimento percentuale medio relativo agli aumenti è dell’1,2% per il 2019, di un ulteriore 0.35% per il 2020 e di un altro 0,30% per il 2021.

In termini monetari, questo corrisponde a 1.100 milioni complessivi di euro per il prossimo anno; a 1.425 milioni di euro per il 2020 a 1.775 milioni di euro a partire dal 2021. Trattandosi di fondi utili ad adeguare le baste paga di oltre tre milioni di dipendenti, si tratta di finanziamenti insufficienti, molto lontani sia dal futuro aumento del costo della vita previsionale nel prossimo biennio sia dai 12-14 punti di inflazione certificata negli ultimi dieci anni rispetto ai compensi mensili.

Infatti, quei soldi non serviranno a finanziare aumenti veri. Ma solo a mettere un po’ di “toppe”. Come quella di coprire l’elemento perequativo, introdotto con il CCNL 2016-18, al fine di garantire a tutti i dipendenti della pubblica amministrazione un aumento stipendiale pari a 85 euro: l’intervento in legge di bilancio – scrive Orizzonte Scuola – assicura il mantenimento dell’aumento ottenuto (viceversa si sarebbero persi intorno a 20 euro circa).

Un’altra parte del budget in arrivo dalla Legge di Stabilità, più consistente, deriva dai benefici ottenuti con la stipula del Contratto medesimo (ai sensi dell’articolo 47-bis del D.lgs. 165/01). Si tratta della cosiddetta indennità di vacanza contrattuale, calcolata non sull’intera retribuzione ma sulle sole voci stipendiali, quantificate in media per il settore statale in 25.184 euro l’anno: applicando le summenzionate percentuali a questa somma, si arriva ad un aumento di 8 euro a partire dal 1° aprile 2019, che può arrivare a 13 – 14 da luglio 2019 (sempre che nel frattempo non si giunga alla firma di un nuovo contratto).

Sempre se, nel frattempo, non si firmi il contratto. Ma a queste condizioni, è praticamente impossibile che ciò accada, perché con la piccola parte di finanziamenti che rimarranno, dopo avere coperto l’elemento perequativo e applicato l’Indennità di vacanza contrattuale, non si potrà procedere a dei veri aumenti. Quelli “determinati dal prossimo Ccnl 2019/2021”, al massimo, infatti, “potranno raggiungere circa 40 euro”, sempre ovviamente al termine dello stesso triennio. L’aumento complessivo sarà, dunque, di appena 500 euro lordi annui: significa meno della metà dello scorso rinnovo contrattuale, pari ad 85 euro medi lordi, frutto degli aumenti ‘miseri’ accordati.

“Se si considera che negli ultimi tre anni i lavoratori statali hanno percepito solo il 5% complessivo di incrementi, accordati dai sindacati rappresentativi con l’Aran – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal -, l’attuale 1,9% complessivo di aumento finanziato dal governo lascia di fatto gli stipendi dei dipendenti pubblici una spanna sotto ai dipendenti del comparto privato. L’unica soluzione rimane il salario minimo di cittadinanza richiesto da Anief con un emendamento specifico al testo dell’esame del Senato, tramite il quale si chiede di “allineare il salario minimo al tasso annuo di inflazione reale, certificato dall’Istat. Nel frattempo, con il mantenimento di queste condizioni, il ricorso in tribunale è d’obbligo”, conclude Pacifico.

L’impugnazione presso i giudici è mirata all’’ottenimento dell’indennità di vacanza contrattuale nel periodo 2015-2018, in modo da far recuperare a docenti e Ata almeno il 50% del tasso IPCA non aggiornato dal settembre di tre anni fa. Si punta anche al recupero di migliaia di euro per i mancati arretrati, vista l’irrisorietà di quelli corrisposti dal mese di aprile 2018. Tutti i lavoratori della PA interessati al ricorso contro gli aumenti stipendiali miserevoli possono ancora chiedere il modello di diffida al seguente indirizzo di posta elettronica: [email protected]

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