Stipendi docenti differenziati, Sasso spiega: “La parità retributiva non viene meno, si tratta di trattamenti economici accessori. Non vedo nessuno scandalo” [INTERVISTA]

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Via libera del governo all’ordine del giorno sulla differenziazione degli stipendi nella pubblica amministrazione. La proposta prevede una “quota variabile” di stipendio per i dipendenti pubblici, in particolare nel settore dell’istruzione, basata sul luogo di attività.

L’obiettivo dichiarato è quello di considerare il diverso potere d’acquisto nelle varie regioni d’Italia, ma solleva preoccupazioni per possibili discriminazioni territoriali.

Il governo, rappresentato dal sottosegretario leghista al Lavoro, Claudio Durigon, ha espresso un parere favorevole sull’ordine del giorno che, lo ribadiamo, hanno un valore principalmente indicativo, l’approvazione di questo ordine del giorno segna un passo significativo per la Lega, che ha visto convalidata la sua proposta dal governo.

A Orizzonte Scuola interviene il deputato della Lega, Rossano Sasso, tra i firmatari del provvedimento: “L’idea della Lega è di legare in maniera più incisiva gli stipendi al costo della vita”. Poi ha proseguito: “Più soldi al nord, ai professori del Nord? Non è così. Noi intendiamo agganciare, dando maggiore potere alle organizzazioni sindacali nella contrattazione di secondo livello, introdurre la possibilità per gli insegnanti che lavorano fuori sede di avere qualche elemento accessorio che sia collegato al costo della vita. Ma non c’è discriminazione tra Milano e Bari. Ci può essere, ovviamente studiandola con i sindacati, con le parti sociali, qualche elemento nei confronti anche all’interno della stessa Regione; cioè faccio un esempio, l’insegnante che dal piccolo centro va nella grande città all’interno della stessa regione avrà dei costi maggiori. Noi vogliamo semplicemente collegare la retribuzione a quello che è il costo della vita.”

Sasso, poi, ha aggiunto: “Poi attenzione, lo stipendio è uguale per tutti, lo Stato paga tutti allo stesso, allo stesso modo, alla stessa maniera. Vorremmo introdurre la possibilità, ad esempio, che gli enti locali più virtuosi possano dare qualche elemento in più, tipo diminuendo l’aliquota IRPEF, l’addizionale comunale o regionale, oppure facciamo questa riflessione: una differenza salariale tra dipendenti dello stesso comparto c’è già, i docenti italiani che lavorano nella provincia autonoma di Trento prendono lo stipendio base che è uguale per tutti e poi prendono degli elementi accessori”.

Proseguendo, Sasso ha affermato: “Sarebbe anzi una bella sfida se gli enti locali riconoscessero agli insegnanti qualcosa in più. Io non ci vedo lo scandalo. È vero che se uno si trasferisce dal sud al nord mette in conto che possa andare incontro a maggiori spese di vitto e di alloggio. Ma che male c’è se uno vuole legare lo stipendio al costo della vita?”

“Si dà potere alla contrattazione collettiva, si dà qualche incentivo fiscale e non c’è una discriminazione territoriale. Poi chiaramente il valore dell’ordine del giorno è semplicemente un’indicazione. Ma questo va nella direzione che noi stiamo facendo di pensare alla retribuzione degli insegnanti. Innanzitutto abbiamo aumentato gli stipendi, abbiamo rinnovato il contratto per tutti, indifferentemente. Poi c’è il discorso dell’indennità di vacanza contrattuale. Quindi per noi l’attenzione è massima. Mi fanno ridere quelli che dicono la Lega vuole aiutare i professori del Nord perché è esattamente il contrario. Ci piace l’idea di legare la retribuzione al costo della vita, ma non con come dire degli schemi già preordinati cioè la Lombardia prende di più la Sicilia prende di meno, ma con una contrattazione collettiva decentrata quindi di secondo livello”, conclude.

Cosa prevede l’ordine del giorno

La proposta prevede una “quota variabile” di stipendio per i dipendenti pubblici, in particolare nel settore dell’istruzione, basata sul luogo di attività. L’obiettivo dichiarato è quello di considerare il diverso potere d’acquisto nelle varie regioni d’Italia, ma solleva preoccupazioni per possibili discriminazioni territoriali.

Ecco il testo integrale:

La Camera,

premesso che:

il provvedimento all’esame delega il Governo a legiferare in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva al fine di garantire ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi e contrastare fenomeni di lavoro sottopagato, lavoro nero o irregolare e/o di dumping contrattuale;

ricordato che:

la Direttiva 2022/2041 del 19 ottobre 2022, nello stabilire nuove norme che promuovono salari minimi adeguati al fine di conseguire condizioni di vita e di lavoro dignitose per i lavoratori in Europa, non ha previsto, contrariamente a quanto si vuol far credere, un obbligo di introduzione del salario minimo nei Paesi che ancora non lo prevedono, bensì impone agli Stati membri in cui la copertura della contrattazione collettiva è insufficiente di prevedere un quadro per la contrattazione collettiva e di istituire un piano d’azione per promuoverla per garantire che i salari minimi siano fissati ad un livello adeguato;

considerato che:

il disegno di legge in esame si propone l’obiettivo di incentivare la contrattazione di 2° livello, tenendo conto delle diversificate necessità derivanti dalle differenze del costo della vita su base territoriale;

ritenuto che:

il tema del costo della vita e delle retribuzioni adeguate è principalmente sentito nel settore del pubblico impiego, laddove lo stipendio unico nazionale può comportare disuguaglianze sociali su base territoriale, creando discriminazioni di reddito effettivo;

valutato che:

sarebbe auspicabile per alcuni settori, come ad esempio nel mondo della scuola, un’evoluzione della contrattazione che da una retribuzione uguale per tutti passi a garantire un pari potere d’acquisto per tutti, ipotizzando una base economica e giuridica uguale per tutti, cui aggiungere una quota variabile di reddito temporaneo correlato al luogo di attività,

impegna il Governo

a proseguire nello sforzo di garantire retribuzioni proporzionate e sufficienti, valutando l’opportunità di prevedere con apposito provvedimento un intervento sulla contrattazione del pubblico impiego nella direzione esplicitata in premessa.

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