Stessa retribuzione tra docenti della Secondaria e della Primaria e Infanzia, Di Meglio (Gilda): “Governo stanzi le risorse per risolvere. Noi ci occuperemo del contratto”

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito e le organizzazioni sindacali del comparto istruzione e ricerca hanno siglato, nella serata dell’11 novembre scorso, un accordo politico sul rinnovo del Contratto scuola, cui ha fatto seguito, il 12 novembre, l’accordo sulla parte economica, firmato in ARAN.
“Se questo accordo lampo si è potuto raggiungere nell’arco di 48 ore, non è solo merito del governo, ma anche del fatto che noi sindacati siamo riusciti a mantenere unità al tavolo delle trattative, altrimenti la matassa sarebbe diventata difficile da sbrogliare”. Intervenuto durante la diretta di Orizzonte Scuola (qui il video completo), Rino Di Meglio (coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti e segretario generale della CGS – Confederazione Generale Sindacale) ripercorre le tappe che hanno portato all’accordo tra le parti sociali, il Ministero e l’ARAN. “Noi abbiamo lavorato con 4 governi diversi – precisa Di Meglio – alcuni avevano sottoscritto un tipo di accordo, il famoso contratto a 3 cifre, poi è arrivato il governo tecnico che aveva fatto un patto simile e, infine, quest’ultimo governo che non ha mai aperto un tavolo politico sul contratto: questo problema dell’acconto avremmo potuto risolverlo 6 mesi fa”.
Il valore politico delle scelte sulla scuola e sui contratti è al centro del suo intervento: “non si può scaricare la questione sui colleghi o sull’ARAN, il problema è squisitamente politico. Noi i contratti li facciamo con l’ARAN, non con il governo (come avveniva fino al 1995) e, ovviamente, li possiamo fare soltanto con le risorse che stanziano i governi con le legge di bilancio. Quindi anche il problema di fare più giustizia tra le varie categorie di insegnanti, è un problema politico e non di tavolo contrattuale. Noi possiamo risolverlo sul piano contrattuale solo se il governo stanzia le risorse per risolverlo”.
Il tema è sicuramente tra i più caldi e si inserisce nella complessità socio-economico in cui si trovano i Paesi occidentali. “Questo aumento – continua Di Meglio – è basso, non è quello che avremmo voluto. Questi soldi sono un acconto sul contratto, non sono il contratto e non sono sufficienti soprattutto rispetto all’inflazione; […] se si prevede un aumento del 4-5% e l’inflazione galoppa al 10%, resta un danno per tutte le categorie di lavoratori e il governo dovrà trovare una soluzione: o riesce a raffreddare velocemente l’inflazione o deve adeguare le retribuzioni. In questo periodo di gravissima crisi, con le bollette che stanno massacrando non solo gli imprenditori, ma anche i lavoratori e quindi anche il personale che rappresentiamo, questa boccata di ossigeno è benvenuta per tutti. Noi faremo la nostra parte e il possibile per avere risultati, ma intanto meglio questo che niente“.
Rimane ancora da definire la parte normativa del contratto (formazione, mobilità, riforma degli ordinamenti del personale ATA e degli enti di ricerca, valorizzazione dei DSGA) che, auspica Di Meglio nelle sue conclusioni, sarà fatta “il più velocemente possibile“, nonostante le difficoltà derivanti da un “contratto che contiene quattro comparti diversi al suo interno che, ovviamente, rende il lavoro più complicato, lungo e difficile. Poi, nelle prossime settimane, faremo anche il pezzo che ci manca: i 300 milioni di euro, su cui è stato sottoscritto un preciso impegno sia con il Ministro, sia con la dichiarazione congiunta al tavolo delle trattative, che ci consentirà di non chiudere il contratto in perdita rispetto agli altri settori del pubblico impiego”.