Stefania Auci: “Fare il docente di sostegno è sempre stato un trampolino per aspirare alle cattedre. Invece è un lavoro che richiede competenze elevatissime”

Dalle pagine dei suoi romanzi alle aule scolastiche, Stefania Auci osserva la realtà della scuola italiana con occhio critico e partecipe.
In un’intervista a La Repubblica, la scrittrice siciliana, che da anni insegna come docente di sostegno a Palermo, denuncia le condizioni difficili in cui si trovano a lavorare molti insegnanti e a studiare i ragazzi.
“Le scuole continuano a essere inadeguate ad affrontare il riscaldamento climatico”, afferma Auci, raccontando di aule roventi dove si ricorre a soluzioni di fortuna per ripararsi dal sole. “Fare lezione in queste condizioni non significa solo soffrire il caldo, ma anche studiare costantemente come tenere alta l’attenzione dei ragazzi, che sono stanchi di una scuola che non rispetta il loro diritto allo studio”.
Ma il caldo è solo la punta dell’iceberg. Auci punta il dito contro i “concorsi assurdi” per il reclutamento dei docenti, che allontanano i giovani dalla professione e contribuiscono ad allargare il divario generazionale tra insegnanti e studenti. “Abbiamo un processo di formazione e di specializzazione che è tra i più complessi e farraginosi d’Europa, ma siamo quelli meno pagati”, denuncia la scrittrice, che poi aggiunge: “Fare l’insegnante di sostegno è sempre stato un trampolino per aspirare alle cattedre. Invece è un lavoro che richiede competenze elevatissime”.
Un sistema scolastico che sembra aver perso di vista la sua missione principale: trasmettere la passione per la conoscenza e formare le nuove generazioni. “C’è un grande disincanto da parte dei ragazzi oggi”, osserva Auci, “mentre noi avevamo una trepidazione ingenua”.
Un appello accorato a ripensare la scuola, a partire dalle condizioni di lavoro degli insegnanti, per restituire dignità a una professione fondamentale per il futuro del Paese.