Stabilizzazione precari. Sentenza Corte europea tra Luglio e Settembre, 130mila interessati, rischio implosione conti pubblici: parla l’avvocato De Michele
di Eleonora Fortunato – Si preparano a una sentenza storica – che da Lussemburgo potrebbe arrivare già in estate – le decine di migliaia di precari “storici” della scuola pubblica italiana, dopo le ultime osservazioni della Corte di Giustizia europea sull’abuso dei contratti a termine. Secondo la Corte Costituzionale, a essere coinvolte sarebbero 130.000 persone. Italia unico caso in Europa.
di Eleonora Fortunato – Si preparano a una sentenza storica – che da Lussemburgo potrebbe arrivare già in estate – le decine di migliaia di precari “storici” della scuola pubblica italiana, dopo le ultime osservazioni della Corte di Giustizia europea sull’abuso dei contratti a termine. Secondo la Corte Costituzionale, a essere coinvolte sarebbero 130.000 persone. Italia unico caso in Europa.
Eh sì, le speranze che già dal prossimo anno il Ministero dell’Istruzione possa procedere a una valanga di immissioni in ruolo per adempiere alle indicazioni dei giudici europei si fanno sempre più concrete, come si fa sempre più concreto anche lo scollamento di vedute non solo tra il diritto comunitario e quello italiano, ma anche tra la nostra Corte Costituzionale e il legislatore nazionale. Ne abbiamo parlato con l’Avvocato Vincenzo De Michele, che patrocina il ricorso dei precari presso la Corte europea.
Avvocato, facciamo un passo indietro: perché a Lussemburgo, nella sede della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, si parla così tanto dei precari della scuola italiani?
“L’Italia ha commesso una grave infrazione del diritto comunitario: in contrasto con la ben nota direttiva europea n.70 del 1999 sul contratto a tempo determinato e con quello che avviene in tutti gli altri Paesi dell’Unione, negli ultimi anni in vari settori del pubblico impiego come la scuola e la sanità ha permesso che venissero reiterati contratti a termine “successivi” di lunga durata senza trasformarli in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, pur essendoci una legge ad hoc (cioè il decreto legislativo 368 del 2001, in particolare l’articolo 5) nata proprio per recepire le indicazioni della normativa comunitaria.
Poi, non solo il decreto attuativo della direttiva europea è stato modificato (a fine 2007, col comma 4-bis al testo originario dell’articolo 5), ma il Governo italiano ha fatto di peggio: a maggio 2010 ha dato assicurazione a tutte le Istituzioni comunitarie (Commissione, Parlamento, Corte di Giustizia) che le stabilizzazioni avrebbero coinvolto anche i precari della scuola, per smentirsi subito dopo. La Commissione ha dovuto, così, ricredersi ed ha attivato immediatamente la procedura di infrazione n. 2124/2010 per la mancanza di misure idonee a prevenire gli abusi nella successione dei contratti dapprima nei confronti del solo personale Ata, poi dal 2012 anche nei confronti del personale docente, infine nel 2013 nei confronti di tutti i precari alle dipendenze di pubbliche amministrazioni”.
I tanti ricorsi che sono stati fatti in Italia sono passati poi sul tavolo dei giudici europei per merito, inizialmente, del Tribunale di Napoli (che si è occupato dei casi particolari di quattro docenti con le ordinanze Mascolo, Forni, Racca e Russo già riunite davanti alla Corte di Giustizia). Immediatamente dopo, il 18 luglio 2013, è intervenuta anche la Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 207/2013 “Napolitano” che, per la prima volta nel nostro ordinamento, ha voluto instaurare un dialogo diretto con la Corte di Giustizia per risolvere il gravissimo problema del precariato scolastico, trasferendo in sede europea la soluzione della tutela di docenti e collaboratori scolastici precari sollevata dai Tribunali di Roma e di Lamezia Terme. Anche la Corte Costituzionale, come il Tribunale di Napoli, segnala la totale mancanza di sanzioni effettive (stabilità lavorativa e/o risarcimento dei danni) in favore dei supplenti della scuola e, quindi, la censura allo Stato italiano da parte della Corte di Giustizia appare scontata.
I giudici italiani dovranno adeguarsi a ciò che verrà deciso a Lussemburgo?
L’Italia versa oggi in una situazione di totale inadempimento alla direttiva 1999/70 per tutto il pubblico impiego, certificato anche dalle recentissime modifiche all’art.36 del D.lgs. n.165/2001 (la norma del testo unico sul pubblico impiego è stata modificata dall’art.4 del D.L. n.101 del 31 agosto 2013, da una lato incrementando la precarietà dei lavoratori pubblici a termine, dall’altro impedendo ogni possibilità di tutela), ma le sentenze che arriveranno da Lussemburgo (è in corso di decisione anche un’ordinanza di rinvio pregiudiziale del Tribunale di Aosta che lamenta la precarizzazione quasi trentennale di un maestro della banda musicale del Comune aostano) potrebbero finalmente dare ai giudici nazionali la forza per restituire ai lavoratori della scuola ciò che spetta loro di diritto. Anche la decisione della Cassazione nella sentenza n.10127 del 2012, che aveva segnato una battuta d’arresto nel riconoscimento dei diritti dei supplenti della scuola, è stata ormai ampiamente sconfessata dalle recenti ordinanze di rinvio pregiudiziale del Tribunale di Napoli e, addirittura, della Corte Costituzionale.”.
Quali saranno gli effetti, le conseguenze immediate delle decisioni della Corte di Giustizia sui ricorsi pendenti sollevati dal tribunale del lavoro di Napoli?
“Il prossimo passo sarà far discutere a Lussemburgo, presso la Corte di Giustizia europea, verso gennaio-febbraio 2014 le ordinanze che riguardano i ricorsi pendenti. In quella sede sarà affrontata, come ho già detto, anche l’ordinanza “Napolitano” della Corte Costituzionale, perché si sta cercando di far trattare congiuntamente le questioni sollevate dal Tribunale di Napoli e dalla Consulta. Tutto ciò allo scopo di consentire una censura immediata del comportamento dell’avvocatura erariale, che nelle osservazioni scritte delle ordinanze del Giudice partenopeo ha minacciato azioni nei confronti del magistrato del lavoro (reo di aver sospettato che l’avvocatura dello Stato avesse detto cose non vere alla Corte di Giustizia nella causa Affatato sull’applicazione dell’articolo 5). Purtroppo questo invito del Tribunale partenopeo alla lealtà nei confronti delle Istituzioni comunitarie si è trasformato, dopo la censura della Corte Costituzionale e la procedura di infrazione n.2124/2010 della Commissione europea, in una certezza assoluta: lo Stato italiano è indifendibile, sleale non solo nei confronti dell’Europa, ma soprattutto nei confronti dei suoi “servitori” più deboli perché precari. Non penso che l’avvocatura erariale vorrà minacciare anche i Giudici Costituzionali. Almeno lo spero.”
Potrebbero essere 20mila i docenti immediatamente interessati all’assunzione e 100mila quelli che matureranno i requisiti nei prossimi anni: che scenario immagina?
“In realtà molti, molti di più: la Corte Costituzionale stima più di 130.000 persone, e lo scenario è a dir poco drammatico per le casse dello Stato. Per evitare il collasso finanziario e giudiziario, penso che il governo prima aspetterà i pronunciamenti della Corte di Giustizia, della Corte Costituzionale e del tribunale di Napoli, poi cercherà di sistemare le cose procedendo alle immissioni in ruolo di tutti coloro che hanno maturato i diritti previsti, non solo dei ricorrenti che sono costituiti nei giudizi in Europa”.
Quale sarà d’ora in poi l’atteggiamento della Corte Costituzionale di fronte a questo problema?
“La Corte ha potuto fare ben poco con un legislatore che non osservava le direttive comunitarie. Le cause sul precariato scolastico (dieci ordinanze dei tribunali di Trento, Roma, Lamezia Terme) sono state discusse tutte all’udienza pubblica del 27 marzo scorso: il Presidente Gallo ha diffidato il legislatore, sia nazionale sia regionale, ad adottare provvedimenti rispettosi della normativa europea, precisando che, visto il mancato rispetto dei moniti e delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale, la Corte d’ora in poi avrebbe rafforzato il dialogo tanto con la Corte di Giustizia di Lussemburgo quanto con la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, con l’obiettivo futuro di sanare situazioni di palese contrasto delle norme interne con la Costituzione e con la disciplina comunitaria. E così ha fatto a luglio con l’ordinanza n. 207/2013, che ha censurato la mancanza di bandi triennali per il reclutamento (legge n.124/1999): lo Stato, insomma, ha preferito creare precariato scolastico per mere finalità di risparmio di spesa – perché ai supplenti della scuola, ricordiamolo, non vengono versati i contributi, neanche quelli trattenuti in busta paga ai lavoratori e poi “restituiti” in parte sotto forma di trattamento di fine rapporto”.
Oltre alle immissioni, ci saranno anche risarcimenti per i diritti pregressi?
“Penso che i giudici opteranno per misure che tengano conto della reale situazione finanziaria del Paese: in questo momento risarcimenti aggiuntivi rispetto alle assunzioni stabili non mi paiono un’ipotesi concreta”.
Quando si pronuncerà in maniera definitiva la Corte di Giustizia? Che cosa succederà dopo questa data?
“Penso che la Corte si pronuncerà entro luglio-settembre 2014. Dopo la sanzione della Corte di Giustizia europea, le cause torneranno in Italia e i giudici potranno finalmente applicare l’articolo 5 comma 4 bis della legge 368/2001, oppure potranno prendere atto del fatto che non ci sono norme e condizioni per questa attuazione. Tendo comunque a escludere questa ipotesi, perché i risarcimenti civili sarebbero salatissimi, insostenibili per le casse dello Stato”.
Come si è potuti arrivare a questo punto?
“Come detto, già nel 2010 c’era stata da parte della parlamentare Borsellino un’interrogazione alla Commissione Europea sulla situazione anomala dei contratti reiterati, che però all’epoca sembrava riguardare soltanto il personale ATA. Allora l’Italia, nel maggio 2010, rispose di essersi adeguata alle norme comunitarie proprio con la legge 368/2001, peccato che non sia mai stata applicata, come gli organismi comunitari hanno poi prontamente potuto verificare. Così è iniziata la procedura di infrazione, che si è estesa a tutti i lavoratori del Pubblico Impiego”.
Questa situazione è un unicum in Europa?
“Sì, anche la Grecia era stata richiamata alla stabilizzazione dei lavoratori del pubblico impiego, ma nel 2004 ha provveduto a regolarizzarli. Per la verità, le stabilizzazioni sono state avviate anche nel nostro Paese – con le leggi finanziarie per il 2007 e per il 2008 – e in gran parte realizzate (in particolare negli Enti locali). Gli unici settori scoperti sono stati la scuola, la sanità e la ricerca. Si sa, l’Italia non è come la Grecia: più grande è il Paese, più grande è la capacità di abusare. Si spera che questa situazione vergognosa possa presto cessare e che per tutti possa finalmente esserci una tutela effettiva della stabilità”.