Sostegno, specializzati all’estero: “Abbiamo studiato con serietà e rigore. Il Ministero ci inserisca a pettine nelle GPS”. INTERVISTA

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Sono abilitati all’estero, come la normativa prevede, ma non hanno ancora il titolo riconosciuto in Italia. Colpa delle lentezze burocratiche che mettono in difficoltà diverse categorie di insegnanti. Il Comitato Libero ed indipendente “UNA VOCE PER IL TFA ESTERO”, si è fatto sentire in questi giorni per rivendicare il proprio diritto alla permanenza nelle GPS sostegno di prima fascia. E che se ancora non sono stati riconosciuti i loro titoli non dipende certo da loro.

D’altronde, la giurisprudenza più volte è intervenuta in questo ultimo periodo, con TAR e Consiglio di Stato che, in coro, hanno invitato il Ministero ad affrettare il riconoscimento dei titoli.

Nell’ultima bozza di ordinanza sull’aggiornamento delle GPS che il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha fornito ai sindacati, è presente un punto che sta facendo discutere.

Infatti, il dicastero di Viale Trastevere non avrebbe accolto il parere negativo del CSPI e ribadisce dunque l’inserimento a pettine degli abilitati /specializzandi all’estero che presentino domanda di riconoscimento del titolo entro la data di presentazione della domanda GPS. Viene dunque riconosciuta la possibilità di supplenza con clausola risolutiva all’esito della procedura.

Ad Orizzonte Scuola interviene Evelina Pasquetti, del Comitato Libero ed indipendente “UNA VOCE PER IL TFA ESTERO”.

Perchè siete andati all’estero per ottenere il titolo di specializzazione?

La maggior parte di noi ha deciso di andare a conseguire il titolo all’estero già diversi anni fa, poiché in passato l’accesso al TFA italiano non era tanto semplice come lo è adesso, soprattutto i posti messi a bando erano molti di meno, in particolare nelle università del Nord. Inoltre, per molti è stata vista come un’ occasione per fare un’ esperienza di studio e formazione all’ estero, esattamente come molti studenti scelgono di fare un progetto Erasmus all’università.  Siamo andati all’estero perché in Italia molte volte le cose non funzionano. Il sistema di ingresso a numero chiuso delle università italiane non funziona e non consente l’accesso a chi veramente con passione vuole svolgere il ruolo di docente di sostegno. L’estero non è una scelta di comodo, ma non ha il nostro numero chiuso in ingresso, quindi è sufficiente dimostrare di avere i prerequisiti per accedere al corso di specializzazione sul sostegno. E non da ultimo, ci era stato garantito dalle agenzie intermediarie che il titolo estero sarebbe stato facilmente riconosciuto al termine del percorso.

E com’è andata?

La certezza del riconoscimento è stata purtroppo ampiamente disattesa. Alcuni di noi attendono da 4/5 anni almeno. La legislazione italiana obbliga il Ministero a dare riscontro rispetto alla richiesta di riconoscimento del titolo estero entro e non oltre 4 mesi. Perché ad oggi il Ministero ha diverse migliaia di richieste non ancora evase?

Questo che ricadute ha nel sistema scolastico?

Ogni anno ci sono migliaia di docenti di sostegno supplenti individuati da graduatorie incrociate, i quali si trovano spesso a gestire dei ragazzi con disabilità senza averne le competenze. A fronte di decine di migliaia di docenti di sostegno individuati ogni anno, a fronte dell’esaurimento puntuale e rapido delle graduatorie di I fascia degli specializzati italiani, a fronte delle numerose e continue richieste di docenti di sostegno ulteriori, perché ci si oppone al titolo europeo? È forse meglio assegnare ai ragazzi dei docenti non formati?


Perchè molti criticano il vostro titolo, secondo voi?

Perché c’è molta disinformazione a riguardo, i colleghi italiani pensano che noi abbiamo “acquistato” il titolo all’estero senza alcuna formazione, non è così. Non è stata una scorciatoia, abbiamo seguito i corsi, sostenuto esami con serietà e rigore, abbiamo svolto il tirocinio e scritto una tesi finale, il tutto con valutazioni reali e severe. Purtroppo in Italia la maggior parte dei sindacati, invece di tutelare l’intera categoria, fomenta un clima di odio e disprezzo nei nostri confronti. Ma noi abbiamo semplicemente esercitato il diritto di formarci nella comunità europea esattamente come si fa per i dottorati all’estero o per le lauree acquisite in altri paesi europei, perché nei loro confronti non c’è lo stesso accanimento?

Eppure la giurisprudenza è più volte intervenuta invitando il Ministero a concludere la procedura di riconoscimento dei titoli

Esattamente, vi sono, infatti, innumerevoli sentenze, ordinanze, decreti che intimano al Ministero dell’Istruzione e del Merito a procedere al riconoscimento del corso di specializzazione in educazione ai bisogni specifici e al sostegno didattico conseguiti all’estero. Non da ultimo, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze del 28 e 29 dicembre 2022, si è pronunciata sulla riconoscibilità nel nostro ordinamento dei titoli di abilitazione e specializzazione relativi al “sostegno” conseguiti in altri paesi dell’Unione Europea.

In sintesi, cosa chiedete al Ministero?

Che i nostri titoli vengano riconosciuti dopo anni di attesa e dopo anni che nostro malgrado abbiamo dovuto ricorrere alle sentenze giuridiche per vedere un nostro diritto tutelato. Quindi in vista delle riaperture delle GPS ci aspettiamo che l’inserimento in graduatoria sia secondo il nostro punteggio nella posizione che ci spetta per diritto e per merito. E soprattutto, il Ministero si adoperi al più presto per riconoscere il nostro titolo, andando ad esaminare i titoli esteri, seguendo le indicazioni della Plenaria. Il Ministero invece fino ad oggi ha pensato bene di scatenare la “guerra tra poveri”, tra TFA estero ed italiano. Basterebbe rispettare le leggi e le sentenze per togliere ogni dubbio e ristabilire l’ordine.

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