Sospeso dal Dirigente per due giorni, ma la sanzione disciplinare reca motivazioni generiche. Va annullata sebbene i documenti dimostrino le colpe del sanzionato?

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Parte ricorrente, nel caso un DSGA, al quale si contestavano alcune condotte ritenute illecite, ha impugnato la sanzione pari alla sospensione di due giorni lamentandone l’illegittimità per incompetenza dell’organo che l’ha irrogata, in quanto, ai sensi del disposto di cui all’art. 55 bis, comma 9 quater, D.lgs. n.165/2001, contestando la genericità della contestazione di addebito che, per come formulata, non ha consentito al ricorrente di individuare i fatti commessi e le regole disciplinari violate, rendendo impossibile esercitare il diritto di difesa e rilevando la nullità dell’oggetto posto che i fatti a lui ascritti non si sarebbero mai verificati; incoerenza e contraddittorietà della motivazione in relazione a quanto dedotto dal ricorrente nel corso del procedimento disciplinare.

Sulla competenza del procedimento disciplinare

Preliminarmente, sostiene il Tribunale, che giova precisare che “… la competenza ad iniziare, svolgere e concludere il procedimento disciplinare deve essere determinata in ragione della sanzione disciplinare come stabilita in astratto, in relazione alla fattispecie legale, normativa o contrattuale, che viene in rilievo …” (Cass. L., Ord. n. 28111/2019). Nel caso in esame la condotta posta in essere dal ricorrente veniva dal MIM ricondotta alla fattispecie di cui all’art. 25, comma 3, lett. b) e comma 4, lett. b) del CCNL scuola (triennio 2019-2021), il quale prevede la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a un massimo di 10 giorni.

Ne consegue che, nella vicenda oggetto del presente giudizio, la procedura disciplinare sarebbe dovuta essere istruita e conclusa dal D.S atteso che l’art. 55 bis, comma 9-quater, D. lgs. 165/2001 attribuisce al Dirigente Scolastico della struttura in possesso di qualifica dirigenziale la competenza per le infrazioni per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni .

Sulla violazione dei termini

Il Tribunale di Roma nella sua Sentenza n. 10130/2024 del 14-10-2024 rileva che il disposto del sopra menzionato art. 55 bis, il cui comma 9-ter stabilisce quanto segue “La violazione dei termini e delle disposizioni sul procedimento disciplinare previste dagli articoli da 55 a 55-quater, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità degli atti e della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente, e le modalità di esercizio dell’azione disciplinare, anche in ragione della natura degli accertamenti svolti nel caso concreto, risultino comunque compatibili con il principio di tempestività. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 55 quater, commi 3-bis e 3-ter, sono da considerarsi perentori il termine per la contestazione dell’addebito e il termine per la conclusione del procedimento.” Orbene, nel caso in esame, osserva il Giudice del lavoro, non può ritenersi che la violazione della disposizione di cui al citato comma 9-quater sia stata lesiva del diritto di difesa del ricorrente. Invero, il rischio che la violazione delle norme in materia di competenza possa compromettere il diritto di difesa del dipendente, si ravvisa, solitamente, nel caso inverso a quello in oggetto. Sul punto, infatti, la giurisprudenza ritiene che “l’irrogazione da parte del dirigente scolastico di una misura disciplinare rispetto ad un procedimento che rientra, sulla base della competenza fissata sulla base del massimo edittale previsto per la violazione contestata, nella potestà dell’ufficio per i procedimenti disciplinari, comportando minori garanzie di terzietà, determina l’invalidità della sanzione stessa” (Cass. L., Ord. del 2019).

Sulla genericità della contestazione

Preso atto delle censure mosse dal ricorrente con riguardo alla genericità dei fatti addebitatigli, nel merito osserva, infatti, che la contestazione disciplinare deve contenere tutte le indicazioni necessarie ed essenziali affinché il lavoratore possa individuare, agevolmente, i fatti che gli vengono contestati dal datore di lavoro, in quanto lo scopo della contestazione dell’addebito è quello di consentire al lavoratore a cui viene ascritta un’azione e/o omissione, di potersi difendere tempestivamente ed adeguatamente. A tal fine, infatti, la contestazione, oltre ad essere sufficientemente specifica, deve contenere l’inequivoca intenzione del datore di lavoro di considerare gli addebiti come illecito disciplinare, sicché, anche in assenza dell’esatta indicazione delle norme che si assumono violate, deve comunque essere consentita l’individuazione del comportamento nel quale il datore di lavoro ravvisa l’addebito disciplinare sanzionabile, e rispetto al quale il lavoratore incolpato deve essere messo in condizione di esporre le ragioni a sua difesa, prima che la sanzione venga erogata (v. Cass. 17337/2012). E, ancora, secondo la giurisprudenza di legittimità “… In tema di sanzioni disciplinari a carico di lavoratori subordinati, la contestazione dell’addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore incolpato l’immediata difesa e deve, conseguentemente, rivestire il carattere della specificità, senza l’osservanza di schemi prestabiliti e rigidi, purché siano fornite al lavoratore le indicazioni necessarie per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati (cfr. Cass. 09/10/2015 20319, 15/05/2014 n.10662, 17/11/2010 n. 23223).” (Cass. L., Sent. 29240/2017).

Dall’esame dei principi espressi nelle pronunce sopra richiamate, si evince per il Giudice, nel caso in commento, che uno degli elementi indefettibili che deve caratterizzare la contestazione dell’addebito disciplinare è quello della specificità, da intendere quale chiara descrizione del fatto, materialmente inteso, posto in essere dall’incolpato ed oggetto dell’istruttoria disciplinare, potendosi invece prescindere dall’esatta identificazione della norma violata.

La contestazione dell’addebito per cui è causa non sembra rispettare il predetto canone e per dette ragioni ha accolto il ricorso del DSGA, precisando soprattutto che l’eventuale genericità dell’incolpazione non può essere superata facendo leva sul fatto che l’accesso agli atti avrebbe consentito al dipendente di conoscere tutti i dati necessari a circostanziare l’addebito disciplinare.” (Cass. Sez. L., Sentenza n. 23771 del 01/10/2018).

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